Arezzo - Cortona - Sansepolcro

La musica si fa preghiera alle Celle di Cortona

C’è musica e musica. Ce ne è di bella e di brutta. C’è quella che va per la maggiore, seguendo le mode momento, e quella che viene relegata in ultima fila quasi per negarle un diritto di cittadinanza nell’universo culturale contemporaneo. E’ questo il destino attuale della musica sacra, che dovrebbe risuonare solo nelle sacrestie o nelle assemblee liturgiche? Se si legittimano i gusti di oggi, verrebbe da rispondere di sì: la musica bella, esaltante sarebbe solo quella assordante e fracassona delle discoteche, un insieme frastornante di rumori, contornato da sciabolate di luci psichedeliche che, col favore di abbondanti libagioni, finiscono per inebetire soprattutto i giovani, limitando ogni percezione di bellezza e di arte. Ci sono delle eccezioni, d’accordo. Ma rare. E ben più rara è la capacità di accogliere e apprezzare la vera arte, la bellezza sostanziale, che fa della musica, come di ogni altra attività umana, una consapevole partecipazione e un gioioso godimento del vero e del bello.Se questa è la penosa situazione di grande parte delle persone, specialmente giovani, che si atteggiano a cultori di un’arte che non sanno, ben diverse sono state invece la suggestione e l’elevazione spirituale di quanti hanno partecipato alla quinta delle nove serate in programma nel terzo Festival di Musica Sacra, diretto da monsignor Marco Frisina, che si svolge in queste settimane a Cortona. Sabato 15 luglio, il concerto «Magnificat anima mea», con il soprano Paola Cecchi e il chitarrista Michele Santoro, ha richiamato, nella suggestiva e accattivante cornice dell’Eremo delle Celle, un pubblico che nella musica ricerca, oltre l’effetto estetico, anche un valore religioso e, quindi, formativo.E a che cosa hanno mirato i brani presentati, se non a cantare la fede, a dare un fondamento alla speranza, a proclamare l’amore verso Dio e verso il prossimo? Non acquiescenza, dunque, alle mode del momento nella forma e nel contenuto, non contaminazione da una mentalità edonistica e permissiva, ma aderenza al messaggio evangelico, proclamazione di valori perenni pur espresse nella semplicità e sobrietà di un luogo francescano. Non è stato uno spettacolo da stadio: la musica che si è fatta meditazione, messaggio e preghiera attraverso l’accompagnamento discreto e suadente della chitarra di Michele Santoro e il canto sonoro e trascinatore di Paola Cecchi. I testi e le musiche di Marco Frisina hanno fatto il resto. Tutto questo, nelle intenzioni degli organizzatori (il Comune di Cortona e la diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro) per una rivalutazione di quella musica sacra che non deve restare la cenerentola dell’universo estetico ed artistico, ma chiede assurgere di nuovo, dopo le incerte esperienze degli ultimi decenni, a quella ricchezza tematica in cui vennero costruite, fin dal secolo XVI, le grandiose architetture polifoniche.C’è, del resto, un’immensa ricchezza di temi e di esperienze vissute, dalla liturgia all’ascetica, che danno un contenuto solido alla musica sacra: incantevole l’esecuzione di «Fiamma d’amor viva» e di «Jesus my life», parole rispettivamente di Sab Giovanni della Croce e di Madre Teresa su musica di Marco Frisina; esaltanti i brani delle colonne sonore, sempre di Marco Frisina, tratte dai film «Abramo» e «Giuseppe di Nazareth»; commoventi il «Pianto di una Madre» e «Cuore di Cristo», senza parlare poi di «Vergine Madre» di Dante Alighieri e di una tenue ninna nanna in dialetto napoletano («Figlio mio»), canto di amore e di dolore di Maria per il Figlio Gesù che la lascia per iniziare la sua missione evangelizzatrice. Non poteva mancare un solenne «Magnificat», tema della serata, e, fuori programma, un francescano «Cantico delle creature» che ha fatto da pendant al «Gloria», uno dei pezzi iniziali, tratto dal celebre «Laudario cortonese» del secolo tredicesimo.A conclusione padre Daniele Bertaccini ha sottolineato il valore di «un itinerario spirituale che si esprime attraverso il linguaggio universale della musica» ed ha espresso il suo ringraziamento ai «menestrelli che cantano per onorare il Signore». Benito Chiarabolli