Fiesole

LA MORTE DEL CARDINALE ANTONIO INNOCENTI

«La forma perfetta dell’esistenza cristiana è uno stare con Gesù, un essere in Lui a tal punto che questa comunione supera la soglia di separazione tra la vita terrena e l’aldilà, così che la morte stessa del corpo non è più una perdita ma “un guadagno”». Lo ha detto mercoledì scorso il Papa, nell’omelia per la messa esequiale per il card. Antonio Innocenti – originario della diocesi di Fiesole – presieduta dal card. Angelo Sodano, decano del Collegio cardinalizio. Il card. Innocenti è morto a Roma il 6 settembre scorso. Aveva )3 anni. Era nato a Poppi il 23 agosto 1915 ed era stato ordinato sacerdote il 17 luglio 1938. Ripercorrendo la vita del porporato scomparso il Santo Padre ha ricordato tra l’altro la sua opera pastorale nella diocesi di Fiesole durante il «drammatico periodo» della seconda guerra montiale, in cui «si distinse per abnegazione e generosità nell’aiutare la gente e salvare quanti erano destinati alla deportazione». In quel periodo don Antonio era a Tosi con la sua famiglia. Per il suo aiuto alla popolazione, ha aggiunto Benedetto XVI «fu anche arrestato e condannato alla fucilazione, ma quando già si trovava dinanzi al plotone d’esecuzione l’ordine fu revocato». Sempre in questo periodo aveva fatto da segretario al vescovo Giovanni Giorgis. Nel 1968 era stato ordinato vescovo e nominato nunzio apostolico in Paraguay. Nel 1985 era stato creato cardinale da Giovanni Paolo II. Il cardinale Innocenti è stato poi prefetto della Congregazione per il clero, presidente della Pontificia commissione per la conservazione del patrimonio artistico e storico della Chiesa e presidente della Pontificia commissione «Ecclesia Dei». «Come per Gesù – ha proseguito Benedetto XVI – così per quanti sono chiamati a seguirlo più da vicino, la vita intera diventa un combattimento spirituale, che si sostiene e si vince corrispondendo generosamente e gioiosamente alla grazia di Dio e alla sua indefettibile fedeltà». Una «mèta», questa, che per il Papa «sta sempre in qualche modo dinanzi a noi, ma che tutta via possiamo già anticipare in questa vita, specialmente grazie al sacramento dell’Eucaristia», che deve diventare «forma piena della nostra esistenza».