DI MARCO LAPIAlto Adige o Valle d’Aosta? Per gli appassionati di montagna che sono soliti trascorrere le ferie in qualche vallata alpina, d’inverno a sciare e d’estate a camminare, le località più gettonate si collocano solitamente in queste due aree geografiche. E i toscani non sono da meno, anzi: capita spesso, percorrendo qualche sentiero alpino o sostando in un rifugio, sentire altri esprimersi nel nostro stesso, inconfondibile accento.Già, siamo proprio dei «buoni clienti» di pensioni e alberghi situati ai piedi delle vette: non a caso altre regioni montane, oltre a quelle citate, sono scese anche quest’anno in Toscana a presentare i propri «pacchetti», fatti delle classiche escursioni in quota ma anche d’altre mille proposte. Sono venuti anche dal piccolo land austriaco del Vorarlberg, incuneato tra il Tirolo e la Svizzera, a parlare di vacanze «a misura di famiglia» e di formaggi da degustare, mentre i trentini, per meglio competere con la vicina provincia di Bolzano, hanno proposto tra l’altro visite alle malghe e addirittura concerti di violoncello in alta quota o la scoperta della «cattedrale di alberi» che sta lentamente crescendo presso Malga Costa in Val di Sella.Ma la montagna non è solo vacanza, non è il «parco di divertimenti» dove cittadini intossicati corrono a ritemprare gambe e polmoni. La montagna è natura ma anche cultura, una cultura intessuta della vita spesso durissima che soprattutto in passato è stata vissuta dalle sue popolazioni, almeno qui in occidente, e che ancora oggi caratterizza le aree d’alta quota dei tanti paesi del «sud del mondo». È anche per questo che il 2002 è stato proclamato «Anno internazionale delle montagne» dall’assemblea generale delle Nazioni Unite, con l’obiettivo prioritario di «promuovere la conservazione e lo sviluppo sostenibile delle regioni di montagna, assicurando così il benessere delle comunità montane e delle popolazioni delle pianure».Una ragione di più, dunque, per andare in montagna quest’anno e, per gli «habitué», per andarci con uno sguardo diverso, più attento e profondo. Perché i monti hanno tanto da insegnarci anche quando non hanno la maestosità dei 4000 metri o l’eleganza delle pareti dolomitiche. Nella loro severità, che non lascia spazio a distrazioni o improvvisazioni, sanno essere accoglienti essi stessi come del resto sempre accogliente è la gente che li abita. E sanno insegnare, offrendo un’ideale palestra non solo per il corpo ma anche per lo spirito. Una «palestra educativa» ben nota in particolare al mondo cattolico, luogo naturale di campi scuola e vacanze comuni, ambiente dove è più facile aiutarsi a crescere insieme nella fede e nell’amicizia, come ben sa chiunque ha partecipato a un’esperienza del genere.In montagna si impara innanzitutto a seguire. Ordinatamente, passo dopo passo, con una cadenza che aiuta a superare la fatica e a rendere più agevole e sicuro il cammino. Si segue chi guida, chi sa dove condurci, chi meglio di noi conosce la meta e la via, ma si segue anche la persona che immediatamente ci precede. Quelli che portano zaini più pesanti vanno avanti, all’inizio della fila, in modo che il passo degli altri si adegui al loro. Se serve, se qualcuno sembra non farcela, ci si aiuta portando «i pesi gli uni degli altri» oppure dando una mano – o meglio, in senso letterale, «la» mano – a chi ci segue.In montagna s’impara il silenzio. Perché è in silenzio, solitamente, che si procede, per non sprecare inutilmente fiato ma anche per «vivere» il cammino nel modo migliore, nella meditazione, quasi come un pellegrinaggio perché in fondo ogni escursione è un pellegrinaggio verso la meta. Una meta di volta in volta diversa, ma solo in apparenza: perché qualunque cima si raggiunga, piccola o grande, è un santuario della gloria di Dio che si manifesta nel creato.C’è un ricordo della mia prima vacanza comunitaria in Trentino che non mi ha più abbandonato. Abituato all’Appennino, scoprivo, pieno di curiosità, le Alpi per la prima volta. Così durante un lungo cammino, trovandomi vicino a Giorgio un giovane di Rovereto che ci faceva da guida gli chiesi quale fosse la nostra meta. «Il Paradiso», mi rispose senza aggiungere altro. Rimasi stupito ma cominciai a capire. Capii che il nostro andare per i monti era, in fondo, il paradigma della vita e della vita cristiana in particolare. Sarebbe bello che, in quest’anno che le è dedicato, la montagna venisse riscoperta anche in questo senso.Toscana, un patrimoniodi cime da salvaguardareMontagne di Toscana. Sono tante e per tutti i gusti. Certo, non raggiungono le quote delle Alpi ma talvolta ne hanno l’aspetto e anche il nome. Come le Apuane, le nostre piccole Dolomiti con vista sul mare, cime di nemmeno duemila metri che sanno soddisfare anche i rocciatori più esigenti. Chi ama passeggiate più tranquille, invece, non ha che l’imbarazzo della scelta: chilometri e chilometri di crinale appenninico cui fanno capo centinaia di sentieri. Proprio lungo questa dorsale, ormai quasi vent’anni fa, Gianfranco Bracci e Alfonso Bietolini idearono la Grande Escursione Appenninica (Gea), uno dei primi «Grandi itinerari» per la gioia degli appassionati di trekking, 400 chilometri suddivisi in 25 tappe dal valico umbro-marchigiano di Bocca Trabaria a quello ligure-tosco-emiliano del Passo dei Due Santi. Poco dopo, tra Apuane e Appennino si sviluppò il Garfagnana Trekking e ancora oggi questi due percorsi sono i più interessanti tra i tanti che in seguito sono stati realizzati nelle altre zone montane o collinari della regione. La Gea, inoltre, è entrata a far parte del «Sentiero Italia» (che attraversa tutta la penisola) e dell’itinerario europeo E1.Assai interessanti sono anche i contrafforti secondari come il sistema Calvana-Monte Morello-Monte Giovi – che non arrivano neppure a mille metri e sono un po’ le montagne di pratesi e fiorentini – e il maestoso Pratomagno, dominato dalla grande croce in ferro che si staglia a quasi 1600 metri di quota. Ancora più alto è l’Amiata, isolato signore della Toscana Meridionale coronato di boschi e anch’esso sormontato da un’enorme simbolo della Redenzione. E si potrebbe proseguire con le tante dorsali minori, dal Monte Serra al Montalbano, dall’Alpe di Catenaia all’Alta di Sant’Egidio, dalle Cornate al Monte Capanne, la più alta cima dell’Arcipelago Nonostante questa sua massiccia presenza, la montagna, in Toscana, è come altrove un ambiente da salvaguardare e valorizzare. I parchi non mancano, ma spesso il loro effettivo decollo si scontra con mille problemi. Il Parco regionale delle Alpi Apuane, costituito nel 1985, sta ancora attendendo il varo del proprio definitivo «piano regolatore». Anni di tensioni e incomprensioni tra i difensori di un’economia fondata unicamente sull’escavazione del marmo, non poco devastante a livello ambientale, e i propugnatori di uno sviluppo sostenibile che sembra avere tutte le carte in regola per offrire interessanti alternative occupazionali. Un nodo che pian piano, anche se con fatica, potrebbe sciogliersi con soddisfazione di tutti. Dall’altra parte del Serchio, il neonato Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano è teatro di un altro braccio di ferro, quello tra il ministro dell’Ambiente Matteoli e i governatori delle Regioni Emilia Romagna e Toscana, neppure consultati per la nomina del presidente. Più tranquilla, invece, la situazione dell’altro Parco Nazionale montano, quello delle Foreste Casentinesi, che vanta tra l’altro una perla unica dal punto di vista naturalistico, la Riserva naturale integrale di Sassofratino.Ma in montagna non c’è da difendere solo la natura. C’è una grande cultura che non può e non deve venir meno, fondata sulla povertà e sulla durezza della vita ma per questo ancora più significativa. La cultura degli alpeggi e delle «marginette», piccole edicole votive dove il viandante poteva trovare conforto e ripararsi dalle intemperie. La cultura della castagna il pane dei montanari e delle vie di lizza apuane, le vertiginose rampe di trasporto dei blocchi di marmo, oggi sostituite dai camion. E insieme a questa c’è la stessa presenza umana da salvaguardare, falcidiata da anni e anni di emigrazione verso il piano e le città. Condizioni migliori e incentivi economici potrebbero favorire non solo un freno allo spopolamento, ma anche un lento e graduale ritorno. Ecco allora l’importanza di iniziative come la proposta di legge nazionale dedicata ai piccoli comuni e, per la Toscana, l’analogo progetto presentato dal gruppo regionale della Margherita e destinato specificamente ai municipi montani con meno di tremila abitanti. Il Consiglio è notizia di questi giorni – la esaminerà a partire da settembre. Se tutto andrà bene, sarà un buon modo per finire in bellezza l’anno internazionale della montagna.