Vita Chiesa

La metamorfosi della santità

La santità oggi non è più, per il cristiano, qualcosa da ammirare, ma da cercare». L’arcivescovo di Monreale Cataldo Naro, presidente della commissione Cei per la cultura e le comunicazioni sociali, parla di una vera e propria «metamorfosi» della santità avvenuta nel corso del Novecento: «Si è passati – spiega – dall’ammirazione e dalla devozione per alcune le virtù eroiche di alcune figure eccezionali, a una santità rivolta a tutti. I santi di oggi non sono statuine da mettere sull’altare, ma esempi di vocazioni riuscite».

Monsignor Naro è intervenuto, mercoledì scorso, all’inaugurazione dell’anno accademico della Facoltà Teologica per l’Italia Centrale. Una prolusione che ha ripercorso i passaggi attraverso cui, nel corso del Novecento, è avvenuto questo cambiamento di orizzonte riguardo alla santità: un cambiamento che trova riscontri nei documenti della Chiesa, negli scritti dei teologi, negli interventi di alcuni grandi pensatori cattolici come don Divo Barsotti o il cardinale Carlo Maria Martini. Fino ad arrivare al magistero di Giovanni Paolo II, che parla di santità come «misura alta della vita cristiana ordinaria».Un modo nuovo di guardare alla santità, sottolinea monsignor Naro, che comporta anche un nuovo modo di vivere il cristianesimo: «Un cristianesimo popolare, che vede la santità come qualcosa di accessibile a tutti».

L’arcivescovo di Monreale ricorda anche alcune figure che ben rappresentano questa «nuova santità»: «Pensando a Firenze – afferma – vengono in mente il cardinale Elia Dalla Costa, don Giulio Facibeni, Giorgio La Pira; oppure, Giuseppe Lazzati a Milano. Tutte figure che sono state ammirate e stimate dai loro contemporanei, che si sono distinte per il loro vissuto esemplare: la loro santità non li ha portati ad allontanarsi dal mondo ma a vivere in mezzo agli uomini del loro tempo e ad essere, con il loro esempio, suscitatori di altre santità».

Prima della prolusione, ci sono stati il saluto dell’arcivescovo di Firenze, cardinale Ennio Antonelli, che è anche Gran Cancelliere della Facoltà Teologica, e la relazione del Preside don Andrea Bellandi. Don Bellandi ha ricordato i fatti di maggior rilievo nell’anno trascorso: la nuova aula multimediale; l’arricchimento della Biblioteca che entro l’estate sarà ulteriormente ampliata; il Master in «Teologia ed architettura di chiese», giunto alla seconda edizione (la prima si concluderà mercoledì prossimo, con la consegna dei diplomi). Un’iniziativa altrettanto felice è stato il progetto di dialogo culturale-interreligioso con l’Università buddista giapponese del Koyasan. Infine, un ciclo di 10 lezioni sulla «Storia dell’arte cristiana», ideato in collaborazione col Centro Associazioni Culturali Fiorentine e che prenderà il via nel prossimo febbraio. «Nei prossimi anni – ha aggiunto don Bellandi – la Facoltà Teologica dell’Italia Centrale dovrà diventare sempre di più un punto di riferimento culturale irrinunciabile per l’esperienza ecclesiale della nostra regione» in tale prospettiva, ha spiegato, va letta «la decisione unanime dalla Conferenza Episcopale Toscana di contribuire annualmente alla copertura del bilancio, compito che finora ricadeva esclusivamente sulle spalle del Gran Cancelliere della Facoltà, ovvero l’Arcivescovo di Firenze. La Facoltà non è espressione soltanto della Chiesa fiorentina, ma – quantomeno – delle Chiese toscane tutte».

Riguardo agli studenti, si conferma il trend positivo delle iscrizioni, ormai consolidato sopra le 300 unità (senza considerare gli iscritti al collegato Istituto Superiore di Scienze Religiose), così come la significativa presenza di studenti stranieri: segno che la Facoltà risulta assai stimata anche all’estero. Inoltre, anche la presenza di laici (uomini e donne) risulta costante, e si prevede nei prossimi anni un ulteriore afflusso, dovuto alla nuova strutturazione dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose, che porterà al rilascio di una Laurea breve e di una Laurea specialistica in Scienze Religiose.Riccardo Bigi