Firenze

La lettera del card. Betori ai fedeli: “Questi tempi difficili devono cambiare i nostri occhi e il nostro cuore”

“La pandemia che sta sconvolgendo il nostro Paese e il mondo – scrive Betori – è entrata all’improvviso con i suoi effetti anche nelle nostre vite e ci ha costretto a mettere da parte comportamenti consolidati e a dare forma nuova alle nostre giornate. Tutto è stato travolto, dalle cose più banali, come non poter fare una passeggiata o andare a mangiare una pizza con gli amici, fino a quelle più sostanziali, come non poter più abbracciare i nostri cari, visitare gli anziani o dare un aiuto di persona a un povero. Ne è stata toccata anche la vita spirituale di noi cristiani, privata delle celebrazioni dell’assemblea del popolo di Dio con i suoi pastori. Questi hanno continuato a celebrare in questi giorni, ma senza la presenza viva dei fedeli attorno a loro, sebbene la fede ci dica che ogni Messa è celebrazione della Chiesa e ha un valore universale, sempre e comunque”.

“Il legame tra noi – prosegue la lettera – non è stato compromesso dalla lontananza che ci è stata imposta e che ho cercato di supplire con riflessioni sulla parola di Dio e con preghiere di affidamento al Signore e alla sua e nostra Madre, trasmesse con i moderni mezzi di comunicazione. Soprattutto la mia vicinanza vi è assicurata dai miei e vostri preti. che continuano ad essere presenti alle comunità, anch’essi con modalità nuove. Ma, ormai verso la Pasqua, sento che devo dirvi una parola specifica, anzi un po’ di parole, che ho provveduto a dividere per argomento, così che si possano leggere anche in momenti diversi”.

La rinuncia a partecipare ai sacramenti, ricorda l’arcivescovo, “è un atto di carità: non lo dimentichiamo! È esprimere nella vita quella carità che è il cuore e il frutto dei sacramenti”. “Sappiamo  – spiega Betori – che questo sacrificio lo stiamo facendo per responsabilità sociale, anzi come un atto di carità verso i nostri fratelli più fragili, che verrebbero travolti dall’ulteriore diffusione del virus, come pure verso coloro che se ne prendono cura, nella sanità e nel volontariato, a cui non possiamo chiedere di caricarsi di ulteriore fatica in un impegno giornaliero già molto gravoso”.

Betori propone quindi un itinerario spirituale per vivere la Settimana Santa, che si apre con la Domenica delle Palme: “Non potendo compiere i gesti esteriori della partecipazione ai riti, non manchi questa partecipazione della mente e del cuore, per tenerci uniti a quanto il Padre ha fatto per noi nel suo Figlio e a vivere la comunione tra noi in un legame spirituale che la separazione fisica non deve distruggere, ma piuttosto rafforzare, in vista di quando potremo e dovremo dare più profondo significato, più viva partecipazione e più concreta proiezione nella vita alle celebrazioni assembleari che riprenderemo non appena ce ne verrà data la possibilità”.

Quindi l’esortazione ai preti, “a celebrare in questi giorni con la stessa dedizione con cui avrebbero celebrato con il loro popolo, che se non potranno avere nelle loro chiese avrà senz’altro spazio nel loro cuore, sapendo che esso è misticamente presente nel mistero celebrato in quanto atto ecclesiale e mai privato”. Ai diaconi, e a quanti svolgono servizio all’altare, “a svolgere il loro servizio con dedizione, perché il rito mantenga la sua dignità”. E l’esortazione ai fedeli, “a unirsi spiritualmente alle celebrazioni, avvalendosi anche della possibilità di seguire quelle del Santo Padre, trasmesse dalle reti televisive, in particolare Tv2000, e poi quelle che, collocate appositamente in orari diversi, presiederò nella nostra Cattedrale, visibili nei siti della diocesi, di Toscana Oggi e di Radio Toscana. Agli stessi fedeli, in particolare alle famiglie, segnalo che la diocesi sta diffondendo sussidi per la preghiera in casa, legati a contenuti e gesti delle celebrazioni liturgiche, che vengono trasmessi ai parroci. Pregare in casa in questi giorni ci aiuterà a riscoprire la preghiera in famiglia, che non mancava mai un tempo nelle famiglie cristiane”.

La lettera prosegue con un pensiero ai tanti morti di questi giorni “a cui non abbiamo potuto assicurare i gesti usuali della liturgia cristiana, ma che nessuno deve pensare che siano lontani dalla preghiera della Chiesa, oggi nella preghiera silenziosa e quando ce ne verrà data la possibilità nelle forme proprie della preghiera della comunità”. Ai malati, ai medici e agli infermieri, al personale sanitario, al volontariato, a chi amministra le città ed è chiamato a decisioni pesanti.

Infine, uno sguardo al futuro: questi tempi difficili devono “cambiare i nostri occhi e il nostro cuore e, a cominciare da oggi per continuare dopo, a vivere con negli occhi lo stupore e nel cuore la gratitudine. Ma la consapevolezza di vivere nel dono deva anche far maturare la responsabilità di farci dono agli altri”. La lettera termina con una poesia di Thomas S. Eliot e con le parole che Mario Luzi fa pronunciare alla cattedrale di Santa Maria del Fiore.