Lettere in redazione
La «green economy» e gli impianti a biomasse
Vorrei fare alcuni commenti a riguardo dell’articolo «La via Toscana alla green economy» apparso su Toscana Oggi del 16 maggio scorso. Condivido in pieno quanto affermato dall’articolista a proposito della grande opportunità economica rappresentata dallo sviluppo di iniziative volte alla produzione di energia dalle fonti rinnovabili, non capisco però come si possa affermare che in Toscana si sta facendo uno speciale sforzo verso questo obiettivo.
Il programma del nuovo governatore Rossi in effetti prevede forti investimenti diretti in particolare alla cogenerazione da biomasse ed alla termovalorizzazione dei rifiuti. Partendo dalla certezza che bruciando qualsiasi cosa si producono fumi e quindi si inquina l’aria, (non a caso questi impianti sono soggetti a particolari procedure ed autorizzazioni) come facciamo a definire questi interventi nell’ambito della green economy e delle energie rinnovabili? A proposito della cogenerazione di biomasse, i nostri amministratori parlano di filiera corta e vorrebbero dare ad intendere che impianti enormi, come ad esempio quello previsto a Livorno, siano destinati a bruciare il legno dei nostri boschi. In effetti l’impianto è attrezzato per bruciare olio di palma e in Toscana non ho mai visto palmeti. I nostri boschi, a meno di raderli al suolo, non potrebbero mai essere sufficienti ad alimentare in continuo un numero così elevato di impianti, alcuni dei quali di grosse dimensioni. La termovalorizzazione, come del resto è stato sancito dall’Ue che ne ha vietato le sovvenzioni statali, non può essere considerata una fonte di energia rinnovabile e tanto meno facente parte della «green Economy». Incenerire i rifiuti per produrre energia rappresenta un autentico spreco di risorse e di soldi dei cittadini, per non parlare dell’impatto sull’ambiente e delle conseguenze sulla nostra salute, ormai internazionalmente accertate.
I rifiuti una volta opportunamente differenziati, possono essere recuperati per il riciclo od il riuso, risparmiando 20 volte più energia di quella che può essere prodotta bruciandoli. Il recupero ed il riciclo di materie prime e seconde dai rifiuti è un’attività economica che realmente aumenta la sostenibilità e permette di ridurre il consumo di risorse del nostro pianeta.
Bruciando i rifiuti si mandano in fumo materie prime e si inquina l’ambiente, quindi significa fare l’opposto di quello che ci esorta a fare anche il Santo Padre, cioè di aver cura e rispetto del nostro pianeta per il bene nostro e di chi verrà dopo di noi. Purtroppo i nostri Amministratori fanno finta di non sapere queste cose, evidentemente hanno obiettivi da perseguire diversi dalla «green economy».
L’espressione «green economy» (economia verde) è entrata nel dibattito politico grazie a Barak Obama che, a pochi giorni dalla sua elezione, in un discorso del novembre 2008, intervenendo ad una conferenza sul clima organizzata a Los Angeles da Arnold Schwarzenegger, spiegò: «La mia presidenza segnerà un nuovo capitolo nella leadership americana sui cambiamenti climatici che rafforzerà la nostra sicurezza e creerà milioni di nuovi posti di lavoro.(…) Investiremo nell’energia solare, nell’eolico, nella prossima generazione dei biocarburanti, cercheremo di sviluppare tecnologie per avere carbone pulito e di sfruttare l’energia nucleare lavorando per renderla più sicura».
A questo concetto di «green economy» si è rifatto nel maggio scorso anche il presidente della Toscana, Enrico Rossi, intervenendo ad un incontro all’Istituto Geografico militare di Firenze e al quale faceva riferimento il nostro articolo del 16 maggio. «Tenendo presenti i parametri comunitari di riduzione di CO2», disse Rossi in quell’occasione, investiremo in energia pulita e candidideremo «la nostra regione a occupare una posizione pilota in campo nazionale».
La biomassa forestale è data dall’insieme dei prodotti ottenuti dal taglio dei boschi, attività necessaria per la loro corretta manutenzione. In una regione che ha il primato italiano per la superficie boschiva, può dunque essere una fonte importante di energia «pulita», anche se complessivamente l’apporto sarà sempre modesto. Sui termovalorizzatori il discorso è complesso. Credo però che nessuno sostenga che è bene bruciare rifiuti per produrre energia, ma che, al contrario, se si è costretti a bruciare una quota di rifiuti non differenziati e recuperabili, almeno si utilizzino per produrre energia.
Trovo invece molto pertinenti i dubbi sull’impianto di biomasse da 52 Mhw, in costruzione a Livorno da «Porto energia srl». In effetti, per le sue dimensioni e per la collocazione, è difficile pensare che possa bruciare cippato o scarti dei boschi vicini e già adesso si ipotizza di alimentarlo ad olio di colza rumeno o bulgaro e in mancanza di questo anche con olio di palma. Mi sembra perciò difficile considerarla «energia pulita» e a «filiera corta».