Toscana

La festa per l’unità d’Italia

Occasione persa per renderla una festa «popolare»di Marco Deriu

Il 17 marzo 2011, ormai vicinissimo, è una scadenza di cui si è parlato molto per le polemiche che la data ha suscitato (anche all’interno del Governo) tra chi voleva che fosse una festa vera, con scuole e uffici chiusi, e chi invece non riteneva la ricorrenza tanto importante da essere celebrata come festa nazionale. Hanno vinto i primi e i secondi si sono dovuti adeguare. Ma quanti saprebbero rispondere se venisse chiesto loro cosa è successo il 17 marzo 1861, esattamente 150 anni fa? Pochi, temiamo, soprattutto fra i più giovani. Eppure si tratta della data che segna la nascita ufficiale del Regno d’Italia, con la proclamazione di re Vittorio Emanuele II.

In quel momento il Regno d’Italia era una sorta di espansione geografico-politica del Regno di Sardegna, ma da lì in poi il cammino di progressivo affrancamento dal centralismo piemontese e di allargamento dell’Italia fino agli attuali confini non ha conosciuto soste, pur fra gli alti e bassi della Storia. Non sono mancati enormi problemi da affrontare, come le complesse procedure per uniformare l’assetto legislativo, la mancanza di risorse finanziarie, la creazione di una moneta unica per l’intera penisola, la gestione delle terre, la povertà diffusa, l’analfabetismo e la mancanza di infrastrutture. Ma il progresso è stato costante.

Non è questo il luogo per tracciare un bilancio dell’eredità politica o sociale lasciata da questo processo storico, ma certamente il momento per le celebrazioni di un anniversario che non può essere in alcun modo sottovalutato. Tutti (o quasi) d’accordo sull’importanza di questa festa, ma sui media – moderne grancasse di qualunque evento importante – a pochi giorni dall’appuntamento gli spazi dedicati alla data del 17 marzo e a ciò che essa significa sono ancora scarsi.

Qualche quotidiano ha proposto sporadiche pagine monografiche sui momenti salienti della spedizione dei Mille o sulle svolte storiche dell’epoca risorgimentale, alcuni periodici hanno prodotto sintetici inserti ad hoc, la tv di Stato ha «targato» con il logo del 150° una serie di trasmissioni speciali, la bandiera tricolore è comparsa qua e là ma la sensazione complessiva è che, in fondo, questo anniversario non desti nella popolazione italiana più di tanto interesse. Una veloce ricognizione sugli argomenti prevalenti in queste settimane negli spazi delle cronache nostrane, meno importanti ma più coinvolgenti dal punto di vista emotivo e spettacolare, conferma questa indicazione.

A livello locale non mancano le iniziative e le proposte, soprattutto nelle città che sono state più direttamente coinvolte nel cammino verso l’unificazione. Per questo, paradossalmente, sono le testate giornalistiche e televisive locali a dedicare i maggiori spazi ai 150 anni dell’Unità. Ci si potrebbe aspettare il contrario, con le testate a diffusione nazionale impegnate a ribadire i principi fondamentali di questa Unità, a maggior ragione in un periodo come quello attuale in cui l’attenzione si concentra troppo spesso sulle differenze e sulle contrapposizioni, non soltanto di campanile.

Finora il tributo più alto, mediaticamente parlando, alla celebrazione del 150° è stato il monologo-show di Roberto Benigni al Festival di Sanremo. Non si può pretendere che l’attore toscano o chi per lui siano impegnati quotidianamente in simili performance, ma qualche spazio in più si potrebbe recuperare, soprattutto nella ripresa dei valori fondamentali del Risorgimento.Come ricorda il sito ufficiale dedicato alla ricorrenza – www.italiaunita150.it – questi valori si riassumono intorno ad alcune parole che meritano la maiuscola iniziale: Libertà, Patria, Nazione, Democrazia, Gioventù. Sono termini tanto semplici quanto densi di significato, in una fase storica in cui proprio la massificante azione dei media e la loro tendenza a spettacolarizzare tutto, insieme a una distorta retorica politica e sociale, hanno finito per svuotarle ampiamente di significato o per trasformarle in slogan a fini propagandistici e commerciali. L’intervista: Giuseppe Dalla Torre: Sono i cattolici ad aver «fatto» gli italianidi Giovanna Pasqualin Traversa

Il 17 marzo si celebra il 150° dell’Unità d’Italia. Per l’occasione il presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, presiederà una Messa nella basilica di santa Maria degli Angeli a Roma. «Non devono stupire il sostegno e la sottolineatura della Chiesa a questo significativo anniversario», ha commentato Giuseppe Dalla Torre, giurista e rettore della Lumsa. Lo abbiamo intervistato.

Il Risorgimento è nato in ambito principalmente anticlericale, eppure oggi sono proprio i cattolici i maggiori sostenitori del 150° dello Stato unitario. Perché?

«Non esiste solo un Risorgimento “scomunicato”. Indubbiamente c’è stato un serio conflitto tra Stato e Chiesa, ma insistervi eccessivamente – come spesso ha fatto la storiografia – conduce ad una lettura parziale che non fa cogliere a pieno la profondità e complessità dei processi che hanno portato all’Unità, e fa dimenticare quel moto risorgimentale “cattolico” che conta esponenti come Pellico, Manzoni, Rosmini e Gioberti. I cattolici hanno offerto un contributo fondamentale a “fare gli italiani”, ossia la base dell’unità politica. Senza questa identità comune l’unità politica non avrebbe retto».

Dopo il Forum del progetto culturale dedicato all’Unità, la Messa del card. Bagnasco il 17 marzo. Come se lo spiega?

«La Chiesa italiana auspica che questa commemorazione non abbia funzione meramente evocativa o celebrativa, ma sia un richiamo per il presente e il futuro. Di fronte ad una società che rischia di vedere attenuati il senso di identità e appartenenza, mi sembra che la preoccupazione della Cei sia quella di far riscoprire nelle radici comuni le ragioni dello stare insieme oggi e domani per rinsaldarle. Il discorso investe due aspetti. Nell’attuale contesto italiano multietnico e multiculturale occorre un’identità nazionale ben forte. Ma vi sono anche implicazioni interne. I fenomeni dei localismi, di per sé non negativi, debbono essere orientati verso profili di autentica solidarietà per rafforzare l’unità nazionale scongiurando il rischio di disgregazioni».

Quale, secondo lei, il ruolo dei cattolici nel Risorgimento, soprattutto a livello di territorio accanto alla gente comune?

«Il conflitto verificatosi a livello istituzionale – non a livello di società – tra Stato e Chiesa ha portato tra l’altro al non expedit. Con l’astensione dei cattolici dalla vita politica il loro impegno e le loro energie si sono convogliate nel sociale: istituzioni educative, caritative, assistenziali. Negli anni dello Stato liberale i cattolici hanno lavorato intensamente in questo ambito, in maniera capillare e con un fortissimo radicamento sul territorio, immettendo un capitale di esperienza, idee e pensiero che nel secondo dopoguerra ha concorso in modo rilevante alla creazione di una società nuova e diversa, sostanzialmente ispirata ai grandi valori della solidarietà, della socialità e della sussidiarietà».

Qualche esempio, al di là degli episodi più noti legati alle istituzioni religiose o al nascente associazionismo cattolico?

«Un evento marginale ma significativo: nel 1865 venne introdotto il matrimonio civile obbligatorio. Di lì partì l’impegno sociale dei parroci di informazione e sollecitudine nei confronti delle masse rurali incolte, per le quali il matrimonio era solo quello celebrato in chiesa, per convincerle a recarsi anche in Comune, pena il non riconoscimento degli effetti civili. Un impegno particolarmente prezioso in caso di guerra, quando i mariti solo “canonici” avrebbero lasciato vedove non riconosciute come tali. E ancora, il prezioso ruolo dei cappellani militari. Durante la prima guerra mondiale in cui centinaia di migliaia di poveri contadini analfabeti hanno conosciuto la tremenda vita di trincea, l’unico a tenere per loro i contatti con la famiglia, a scrivere e leggere loro le lettere, ad ottenere e trasmettere informazioni tentando di mantenere una dimensione di umanità in quel contesto disumano, era il cappellano militare. Ancora una volta l’espressione dell’impegno della Chiesa, attraverso i suoi uomini, per l’animazione umana oltre che religiosa della società civile».

Quale il contributo dei cattolici nel vuoto politico-istituzionale del 1943?

«La Chiesa è stata la “levatrice saggia” della transizione dal regime precedente al nuovo Stato. I cattolici sono riusciti a favorire un passaggio che ha visto convergere le diverse posizioni politiche e culturali e ha costituito la premessa per l’assunzione, da parte loro, della guida del Paese nel secondo dopoguerra. Illuminanti le parole di Guido Gonella, al primo convegno Dc del 1945, sulla volontà di ‘costruire il nuovo Stato’ con il concorso di tutte le forze politiche. Uno stile che rivela lo spessore di responsabilità dei cattolici nei confronti del Paese». In che modo la ricorrenza del 17 marzo interpella oggi il mondo cattolico?

«Chiamandolo ad una duplice responsabilità. Anzitutto di tipo sostanziale: la religione non demonizza la politica, ma prevede un impegno concreto. Per il credente, quindi, essere un buon cittadino e offrire il proprio contributo alla crescita della società civile è un dovere “religioso”. Il secondo compito attiene alla pedagogia: mi sembra che le agenzie educative – scuola, parrocchia, associazione e oratorio – dovrebbero imprimere nuovo vigore alla formazione delle nuove generazioni all’amore di patria, al senso di cittadinanza e allo spendersi per il bene comune».

Eventi in ToscanaFirenze, monumenti illuminati e musei apertiNotte tricolore» il 16 marzo con i palazzi delle istituzioni fiorentine, Ponte Vecchio, Duomo, Santa Croce, Loggia dei Lanzi e l’Arco di piazza della Repubblica illuminati con i colori bianco rosso e verde. In programma anche l’apertura serale dei musei, concerti, la lettura della Divina Commedia in piazza Santa Croce, il balletto di MaggioDanza in piazza Signoria e a mezzanotte l’esposizione della bandiera italiana sul tetto del Nuovo Teatro del Maggio accompagnata da fuochi d’artificio tricolori. Il 17 marzo, invece, si aprirà con l’alzabandiera solenne sull’Arengario di Palazzo Vecchio, alla presenza di tutte le 58 delegazioni consolari a Firenze, con le bandiere dei rispettivi paesi portate dai cadetti della Scuola Militare Aeronautica e l’esecuzione di brani storici risorgimentali da parte della banda del corpo militare della Croce Rossa Italiana. Informazioni e programmi sul sito www.intoscana.it Migliaia di studenti a teatro per cantare «Aida»L’«Aida» di Giuseppe Verdi sceneggiata, interpretata e cantata dagli studenti delle elementari e medie fiorentine. Sono circa 600 gli alunni che l’11, il 12, e il 15 marzo rappresenteranno sul palco del teatro comunale di Firenze «La fiaba di Aida», riduzione dell’opera verdiana, ma insieme a loro, dalla platea, canteranno in coro, altri mille studenti. Lo show, che farà da anteprima al Festival del Maggio musicale, inaugurato proprio dall’«Aida» per la regia di Ferzan Ozpetek e la direzione musicale di Zubin Mehta (prima il 28 aprile), è stato «preparato», nell’ambito di un apposito programma del Comune, con un tour de force di docenti ed esperti negli istituti scolastici cittadini durato circa sei mesi; 97 le classi, distribuite su 24 scuole, che hanno preso parte al progetto, curato, nella parte formativa, scenica e artistica dalla regista Manu Lalli. «Notte italiana» al Teatro della Pergola di FirenzeArtisti, mostre e appuntamenti che richiamano, ognuno a modo proprio, un momento del Risorgimento, si svolgeranno al Teatro della Pergola di Firenze, dal pomeriggio del 16 marzo alla sera del 17. Si tratta della «Notte Italiana», progetto ideato da Maurizio Scaparro per il 150° dell’Unità d’Italia. Tra gli eventi in calendario per il 16, la mostra fotografica «I Garibaldini di Visconti», una performance di Patrizia Mazzoni su un «Collodi inedito», lo spettacolo omaggio alla Sicilia di Mimmo Cuticchio «O a Palermo o all’inferno», la prima assoluta del concerto «Spassiunata-mente» con Peppe Servillo, i Solis String Quartet e Anna Bonaiuto. Il 17 marzo, sempre alla Pergola, ci sarà un omaggio al Gattopardo e a Visconti con l’incontro dal titolo «Il Gattopardo, tra cinema, teatro e letteratura». Nel ricco calendario del progetto «Il teatro italiano nel mondo» spicca anche il convegno «La lingua italiana e il Teatro delle diversità» che il 15 e il 16 marzo vedrà riuniti all’Accademia della Crusca studiosi, critici, drammaturghi e personalità della cultura italiana, anche per approfondire il ruolo attivo svolto dal teatro nella formazione di una lingua intesa come patrimonio comune dell’Italia unità. Arezzo, tricolore da record con Pesaro e PerugiaUna bandiera tricolore lunga 1.861 metri dispiegata nelle storiche strade di confine battute da Garibaldi fra Marche, Umbria e Toscana, a Bocca Trabaria. È l’iniziativa lanciata dai presidenti delle Province di Pesaro Urbino, Perugia e Arezzo per celebrare i 150 dell’Unità d’Italia. Sarà il tricolore più grande d’Italia e sarà sorretto da centinaia di ragazzi delle scuole al confine tra Borgopace, San Giustino e San Sepolcro. Là dove si toccano Marche, Umbria e Toscana, luoghi che nel 1849 furono lo scenario della famosa «ritirata» di Garibaldi e dei suoi uomini, momento di strategica importanza nella vicenda dell’unità nazionale. Livorno, vescovo celebra Messa dell’UnitàUna messa per i 150 anni dell’Unità d’Italia. La celebrerà il vescovo di Livorno monsignor Simone Giusti il 16 marzo, nella chiesa di Santa Caterina da Siena, patrona d’Italia e d’Europa, che si trova nel caratteristico quartiere cittadino della Venezia, e sarà l’inizio dei festeggiamenti per l’Italia unita in programma il giorno successivo nella città toscana. «È un’occasione – spiega monsignor Giusti – per pregare per chi ha perso la vita per l’Unità d’Italia, per ringraziare il Signore per i 65 anni di pace che stiamo vivendo e per pregare per chi oggi rischia la vita per mantenere la pace come i nostri soldati in missione in Afghanistan». All’appuntamento sono invitati tutti i sacerdoti di Livorno che concelebreranno durante il rito eucaristico. A quell’ora non verranno celebrate altre messe nelle chiese della città. Esposto in Garfagnana il primo tricolore toscanoSono passati 180 anni dal 6 marzo del 1831, da quella che gli storici hanno definito come la prima rivolta del tricolore: a Pieve Fosciana, piccolo comune della Garfagnana, la popolazione si ribella a Francesco IV, sostituendo l’aquila di pietra, simbolo della dinastia modenese, proprio con una bandiera tricolore, che fa così la sua comparsa per la prima volta in Toscana. La stessa bandiera, che dopo una serie di passaggi di eredità, è stata ritrovata solo qualche mese fa è tornata ad essere esposta domenica 6 marzo (a Pieve Fosciana al cinema Olimpia), nel corso de «La valle del Tricolore», una manifestazione rievocativa organizzata dagli enti locali della Garfagnana, dalle Comunità montane e dalla Provincia di Lucca. Il proprietario del tricolore recuperato era Iacopo Pierotti, uno dei capi della sommossa, che pagò con l’esilio la sua provocazione contro i modenesi. Dopo il matrimonio della figlia con il sindaco di Castelnuovo Garfagnana Giulio Pesetti, il tricolore passò a quella famiglia che l’ha ritrovato nei mesi scorsi. Pisa, riqualificazione Domus e monumento a Mazzini Tra le iniziative nazionali per i 150 anni dell’Unità, due interessano Pisa: il progetto di riqualificazione e riallestimento della Domus Mazziniana ed il restauro del monumento a Giuseppe Mazzini. L’opera, in marmo di Carrara, realizzata nel 1883 dallo scultore Orazio Andreoni, fu ideata per essere collocata nei pressi della casa dove Mazzini era morto; venne posta invece, non senza polemiche (l’opera non piacque) al centro della Piazza della Fontina, l’attuale Piazza Mazzini. Il lavoro di restauro è eseguito dalla ditta Arterestauro di Cascina e dovrebbe concludersi prima del 17 marzo, andando ad aggiungersi ai tanti eventi in programma a Pisa proprio il 16 e 17 marzo e che ruoteranno attorno alla «Notte bianca, rossa e Verdi», organizzata dal Teatro Verdi in collaborazione con l’amministrazione comunale. Prato, festa al Metastasio, mostre, teatro e visiteTante le iniziative organizzate dal Comune di Prato. Oltre al sondaggio on line per ricordare e far conoscere i protagonisti della storia pratese degli ultimi 150 anni, il programma prevede cinque mostre, spettacoli, proiezioni di film, visite guidate ed incontri quasi sempre a ingresso libero. Mercoledì 16 marzo alle 21, festa al Metastasio (ingresso libero), con «Il Generale è in città », per la regia di Roberto Becheri. Dopo lo spettacolo la banda Benelli sfilerà per le strade del centro, accompagnando i pratesi in piazza del Comune imbandierata a festa: uno spettacolo di luci e suoni, insieme alla fanfara dei bersaglieri, attenderà lo scoccare della mezzanotte e il brindisi offerto alla città per il «compleanno» dell’Italia. Il 19 marzo è in programma una caccia al tesoro. C’è poi la rassegna teatrale, a ingresso libero, «I mille volti dell’Italia Unita»: protagoniste dall’11 marzo al 10 aprile le giovani compagnie del territorio che si esibiranno sul palco del Teatro Magnolfi.  Tutto il programma è consultabile sul sito www.150.comune.prato.it. Livorno, 3 giorni di festa e una «Notte tricolore»Oltre trenta iniziative in tre giorni: dall’alzabandiera alla mostra dei mille libri di Garibaldi, passando per la notte tricolore. Così Livorno, dal 15 al 17 marzo, festeggia i 150 anni dell’Unità d’Italia. “Non solo una celebrazione – spiega  l’assessore alle culture Mario Tredici – ma una festa perché questa collettività ha dimostrato di crederci: ci sono tante iniziative di associazioni, scuole, comitati, teatri, librerie che si sono mosse in forma privata e con grande entusiasmo”. A Livorno, dove Garibaldi soggiornò più volte, il voto per l’adesione al Regno arrivò al 99 per cento e da qui partirono molti dei Mille. L’inizio delle celebrazioni avverrà il 15 marzo con l’alzabandiera del tricolore a Porta San Marco e la conclusione é in programma la sera del 17 con un concerto al teatro Goldoni. Dal 16 marzo al 15 maggio sarà inaugurata la mostra della biblioteca di Giuseppe Garibaldi custodita a Livorno: sono «I Mille libri di Garibaldi» donati alla Biblioteca Labronica dalla figlia del patriota, Clelia, che formano la raccolta più importante in Italia insieme a quella di Caprera. Nella «Notte tricolore» (16-17 marzo) il centro della città sarà chiuso e, con i monumenti illuminati, sarà attraversato dal corteo in costume garibaldino che darà il via alla serata di eventi culturali, gastronomici e folkloristici che finirà con i fuochi pirotecnici. Il 17 marzo, alle 10, la cerimonia ufficiale alla Terrazza Mascagni con il lancio dei parà della Folgore.