Livorno

La fede cristiana è ancora quella del primo millennio?

All’indomani dell’incontro storico tra papa Francesco e Bartolomeo I, abbiamo chiesto al direttore del Centro di Documentazione del Movimento ecumenico  italiano (Ce.Do.MEI) e dell’ufficio per l’ecumenismo e dialogo interreligioso, quale sarà il futuro del dialogo con le altre chiese; a tal proposito abbiamo anche parlato del prossimo convegno ecumenicoche si terrà nel mese di Aprile in diocesi.

Quale sarà il tema del convegno di quest’anno organizzato dal Ce.Do.MEI?In occasione dell’Anno della Fede, il presidente del CeDoMEI, il nostro Vescovo Mons. Simone Giusti, pensando bene che non sarebbe potuta mancare una lettura approfondita di questa virtù per la vita della nostra chiesa diocesana in ambito ecumenico, ha voluto stimolarci suggerendoci il tema: “La fede cristiana è ancora quella del primo millennio?”La scelta del nostro tema intende, valorizzare e riscoprire a fondo le radici stesse della Chiesa, non ancora divisa, per poter essere pienamente consapevoli della nostra comune provenienza. Affinché si possa oggi giungere a un’unica e comune testimonianza evangelica fra i cristiani delle diverse denominazioni residenti a Livorno, abbiamo urgente bisogno di rileggere insieme la storia della chiesa del primo millennio. La fede, infatti, sin da allora non è cambiata: noi tutti siam partiti dalla stessa casa madre della fede, il cenacolo del giovedì santo.Rifletteremo insieme sulla Sacra Scrittura e sugli scritti dei Padri del primo millennio, sul pensiero teologico della chiesa non divisa, punto di riferimento imprescindibile per un sano e proficuo dialogo ecumenico. Un autentico ecumenismo è già inscritto nella preghiera cristiana: la strada del ritorno alle origini, quando professavamo comunemente “una sola fede, un solo Signore, un solo battesimo”». A differenza degli anni scorsi, quest’anno la due giorni di riflessione sarà incentrata sul dialogo ecumenico, una nuova formula, come mai?«La nuova forma dovrà servire semplicemente per suscitare in noi il desiderio di un intenso dialogo reciproco, una vera e propria riflessione condivisa sulla fede. È in primo luogo il Divino Maestro, Cristo Gesù, che siede sulla cattedra dell’insegnamento, così come sapientemente è dipinto nell’iconografia dell’oriente cristiano. Noi, pertanto, con grande umiltà e attenzione, presteremo anzitutto ascolto alla Sacra Scrittura e all’insegnamento dei Padri della Chiesa, cosicché il nostro discutere con parole umane possa attingere e procedere dall’ascolto profondo della voce dello Spirito nella Chiesa del primo millennio. Sarebbe auspicabile poter riflettere sul nostro essere cristiani in questo contesto culturale, ovvero quello della nostra città, e imparare così a rileggere l’identità cristiana che contraddistingue le nostre chiese, la vera identità comune consolidatasi nel primo millennio. Quest’unica fede ci accomuna e ci spinge a una forte e unica testimonianza dell’appartenenza a Cristo Gesù». La presenza del patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I alla Messa d’inizio pontificato di Papa Francesco che significato ha per il dialogo?«È stato un gesto straordinario, a mio parere, un segno evidente per tutti noi che il cammino ecumenico sta avanzando con forza. Dallo scisma del 1054, infatti, per la prima volta nella storia, un patriarca ortodosso è voluto essere presente alla Messa d’inizio pontificato (e anche prima d’oggi, mai un patriarca di Constantinopoli l’aveva fatto), a sottolineare la profonda stima e comunione con il successore di Pietro. E, ancora per la prima volta, abbiamo potuto sentire un vescovo di Roma chiamare “mio fratello Andrea” il patriarca ecumenico di Constantinopoli, richiamando così la discendenza delle due Chiese dagli apostoli Pietro e Andrea, due fratelli dai quali sgorgano due Chiese sorelle.Il patriarca ecumenico di Costantinopoli, inoltre, ha desiderato invitare papa Francesco a compiere insieme il viaggio in Terra Santa nel prossimo anno, per ricordare i cinquanta anni dall’abbraccio fra il patriarca Athenagoras e Paolo VI, pionieri del dialogo cattolico-ortodosso. Nell’incontro privato fra Bartolomeo e Francesco sono poi emerse numerose unità d’intenti, fra le quali: l’impegno per un profondo dialogo teologico; il lavoro comune in difesa del creato; la visita al Fanar per novembre prossimo, naturalmente nel rispetto dei canali diplomatici necessari.In precedenza, durante l’incontro del pontefice con tutti i rappresentanti cristiani e religiosi, Bartolomeo I era stato l’unica autorità a rivolgere un’allocuzione a papa Francesco. Con le sue parole il patriarca aveva posto particolare attenzione al bisogno di rendere credibile la “testimonianza cristiana” per mezzo dell’“l’unità delle Chiese”, affinché si possa affrontare saggiamente la crisi economica mondiale e le “tendenze mondane” che sempre più riducono la vita umana al solo orizzonte terreno». L’ecumenismo è una materia spesso ritenuta prettamente per teologi e studiosi; in realtà, in un mondo sempre più globalizzato, potrebbe essere il motore per molte iniziative ed interessi comuni. Com’è possibile riuscire a coinvolgere le persone in questo dialogo?«Coinvolgere le persone nel dialogo ecumenico significa anzitutto far luce sul significato profondo di questa espressione. È, infatti, connaturale alla fede cristiana l’essere dialogica ed ecumenica; queste caratteristiche sono inscritte in essa e l’ecumenismo non figura, pertanto, come una materia opzionale della scienza teologica, oppure un allegato alla storia del cristianesimo, bensì abbraccia tutti i settori della teologia e rappresenta la linfa vitale delle nostre relazioni cristiane. Spero che il forte richiamo di Papa Francesco circa l’importanza dell’ecumenismo in queste prime settimane di pontificato, possa risvegliare a distanza di cinquanta anni dal Concilio Vaticano II un autentico spirito ecumenico. Forse oggi, dopo cinquant’anni da tale grande evento, siamo ancora troppo abituati all’ecumenismo dei simposi e delle conferenze e molto meno passi concreti, invece, son stati compiuti nelle tante realtà locali per una profonda e vera unità. Il Papa, credo, vorrà far emergere con rinnovato vigore quanto di buono è stato seminato in questi anni per mezzo dello Spirito Santo nel dialogo ecumenici, o meglio, nei dialoghi ecumenici in tutto il mondo, e insegnarci come poter far fruttare tale dialogo nelle ordinarie e concrete esigenze della vita quotidiana di tutti i cristiani, chiamati a continuo e amorevole incontro fra le Chiese.Papa Francesco, durante il suo primo intervento sull’ecumenismo ha espresso con chiarezza: “Più saremo fedeli alla volontà di Cristo, nei pensieri, nelle parole e nelle opere, più cammineremo realmente e sostanzialmente verso l’unità. Vi chiedo di portare fra i cristiani un servizio di speranza, nel mondo segnato da divisioni, da contrasti, da rivalità”. Sia chiaro, infatti, ancora una volta ai cristiani che, in un mondo “lacerato dalle discordie” la nostra testimonianza non potrà essere credibile allorquando si presenterà come una testimonianza fra chiese divise, ma dovrà invece riconoscersi nella comune invocazione a Cristo Cristo: dall’espressione “ut unum sint” nasce una testimonianza davvero credibile».