Arezzo - Cortona - Sansepolcro

La famiglia, vera scuola di preghiera.

Gesù ha imparato in famiglia che pregare significa amare. «Nella famiglia di Nazareth si fa la volontà di Dio e si prega con queste parole “Ascolta Israele: Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutte le tue forze”». E’ con la famiglia che ha partecipato alle grandi feste del popolo. «A dodici anni, va a Gerusalemme per la festa di Pasqua». La famiglia è, quindi, la prima «scuola di preghiera». Le parole e i gesti che gli adulti possono offrire ai bambini per pregare debbono essere sempre a servizio della loro spontaneità, come mezzi espressivi che sviluppano i sentimenti infantili, senza mortificarli. E’ bene che siano preghiere semplici. I bambini infatti non sono in grado di capire tutto e di concentrare per un tempo prolungato la loro attenzione. Si rischierebbe di far sentire loro le preghiere come un fatto meccanico e noioso.Educare i figli alla preghieraI ritmi della vita, purtroppo, non facilitano questo compito dei genitori. La mancanza di tempo è il ritornello più frequente. C’è poi il comprensibile disagio di coloro che non sanno cosa dire. Oggi purtroppo, molti genitori, per orari e impegni di lavoro, non hanno tempo libero per i figli. Sono allora i nonni o gli zii che insegnano ai piccoli le prime parole per pregare. In questo i parenti o anche i vicini vanno apprezzati per la loro esperienza. Tutti in famiglia contribuiscono alla educazione della fede dei più piccoli. Spesso condotti per mano dai nonni o dagli zii, i bambini possono scoprire nella chiesa parrocchiale un mondo più vasto della loro casa: persone di tutte le età si incontrano, parlano, pregano, vivono momenti di festa. Il battesimoLa radice della preghiera cristiana è il battesimo. E’ il segno dell’amore del Padre e della sua chiamata a vivere come discepoli di Gesù. Ogni bambino e ogni bambina sono chiamati ad essere ciò che nessun’altra persona sarà. I primi diretti collaboratori di Dio Padre nella crescita umana e cristiana dei figli sono i genitori. La vita di figli di Dio si alimenta attraverso la preghiera. Possiamo pregare con le parole, con il canto, con il silenzio, con i gesti e, sempre, con il cuore.L’originalita’L’originalità della preghiera in famiglia: E’ legata all’esperienza. Nella vita quotidiana esistono delle situazioni e degli avvenimenti che creano le condizioni per pregare. Le parole, quanto mai semplici e spontanee, dette quando se ne offre l’occasione, fanno un tutt’uno con la vita quotidiana. I genitori, i nonni possono fare questo discorso più e meglio di ogni altro, nel momento più propizio e nel modo più opportuno. Nel momento più propizio, perché a volte i bambini sentono interesse per Gesù che nasce, anche se non è Natale; sentono l’interesse per Gesù che risorge, anche se non è Pasqua. L’educazione alla preghiera è legata a gesti, immagini, oggetti che occasionalmente toccano e vedono: il crocifisso, il presepe, la candela, l’ostia, una immagine sacra. In tutte le famiglie si vivono alcuni gesti in modo ripetitivo, giorno dopo giorno, anno dopo anno. Questi momenti «rituali» possono divenire occasioni di preghiera. Il risveglio. Coricarsi la sera. Mangiare insieme. Ci sono poi altre occasioni come gli onomastici, i compleanni, i viaggi. E anche i momenti difficili ci fanno dialogare con Dio.Nasce dal cuoreSono molti gli aspetti della vita che suscitano nei bambini sentimenti molto intensi. Lo stupore per tutto ciò che è bello e nuovo. L’attesa per un regalo. La gioia per un gioco. La felicità per la visita della nonna, dello zio, per il perdono ricevuto.La sofferenza per la malattia. La paura, la solitudine, il sentirsi dire «no». La famiglia può offrire parole e gesti che permettano ai figli di dire a Dio ciò che provano. Si richiede molta semplicità. Nei bambini la semplicità è spontanea; per i genitori è segno di intelligenza e di amore.don Francesco Sensini