Vita Chiesa

La Dottrina sociale in un Compendio

Alla radice dell’“indifferenza etica e religiosa” c’è “la separazione tra etica e politica e la convinzione che le questioni etiche non possano aspirare a uno statuto pubblico, non possano costituire l’oggetto di un dibattito razionale e politico in quanto sarebbero espressioni di scelte individuali, addirittura private”. Lo ha detto il card. RENATO RAFFAELE MARTINO, presidente del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, presentando il 25 ottobre il “Compendio della dottrina sociale della Chiesa”: un volume di 505 pagine (diviso in tre parti, più l’introduzione e la conclusione, e 12 capitoli), di cui 319 di testo e le rimanenti formate da un dettagliato “corpus” di indici, dei riferimenti e analitico.

Né un “Bignami”, né un “catechismo”, ha precisato il cardinale illustrando alla stampa il testo, “senza precedenti nella storia della Chiesa”, in cui “non c’è niente che non sia stato detto dai Papi” sul magistero sociale di quest’ultima. Il Compendio – elaborato dal citato dicastero pontificio e frutto di oltre cinque anni di lavoro – è ora disponibile nelle edizioni in inglese e in italiano, ma presto arriveranno nelle librerie le versioni in lingua spagnola, francese e portoghese; in via di pubblicazione anche quella tedesca.

Il Compendio è articolato in tre parti: la prima (4 capitoli) tratta dei “presupposti fondamentali della dottrina sociale” (il disegno di amore di Dio per l’uomo e la società, la missione della Chiesa e la natura della dottrina sociale, la persona umana e i suoi diritti, i principi e i valori della dottrina sociale), la seconda parte (7 capitoli) tratta “i contenuti e i temi classici della dottrina sociale” (la famiglia, il lavoro umano, la vita economica, la comunità politica, la comunità internazionale, l’ambiente e la pace); la terza parte (1 capitolo) contiene “una serie di i ndicazioni per l’utilizzo della dottrina sociale nella prassi pastorale della Chiesa e nella vita dei cristiani, soprattutto dei fedeli laici”. NO ALLA “SEPARAZIONE” TRA ETICA E POLITICA, SÌ A “COLLABORAZIONE INTERRELIGIOSA” E IMPEGNO DEI LAICI. “La separazione tra etica e politica tende a riguardare anche i rapporti tra politica e religione, relegata ad affare privato”, è la denuncia di Martino, secondo cui “la collaborazione interreligiosa sarà uno dei percorsi di valore strategico per il bene dell’umanità, decisivo nel futuro della dottrina sociale”. È il tema della pace e dei diritti umani, in particolare, quello su cui “le grandi religioni dell’umanità devono collaborare tra loro per eliminare le cause sociali e culturali del terrorismo”, come raccomanda il Papa, e “il terreno dei diritti umani, della pace, della giustizia sociale ed economica, dello sviluppo, nel prossimo futuro, sarà sempre più al centro del dialogo interreligioso”. Altro tema centrale del Compendio, ha detto il cardinale, quello delle “responsabilità sociali” che i laici devono assumersi nella società, attraverso la “testimonianza personale” e una “nuova progettualità per un autentico umanesimo che coinvolga le strutture sociali”, a partire dalla “prima sfida” da raccogliere: la sfida “culturale”. PENA DI MORTE, “GUERRA PREVENTIVA” E ABORTO TRA LE VOCI. In una società come la nostra, “è ormai inutile applicare la pena di morte”, visto che “abbiamo tutti i mezzi a disposizione per difenderci dai criminali senza farvi ricorso”. Il card. Martino ha risposto in questi termini alla domanda di un giornalista, in merito ad una sorta presunta “reticenza” del Compendio a condannare tale pratica.

Mons. GIAMPAOLO CREPALDI, segretario del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, ha confermato che il Compendio “ripropone il magistero consolidato” in materia e costituisce “un incoraggiamento verso l’abolizione della pena di morte”. “La Chiesa vede come un segno di speranza la sempre più diffusa avversione dell’opinione pubblica alla pena di morte – si legge, infatti, al n. 495 del Compendio – in considerazione delle possibilità di cui dispone una moderna società di reprimere efficacemente il crimine in modi che, mentre rendono inoffensivo colui che l’ha commesso, non gli tolgono definitivamente la possibilità di redimersi”.

Riguardo alla questione della “guerra preventiva”, Martino – rispondendo ad una domanda di un giornalista – ha precisato che, anche se non si condanna esplicitamente, “si capisce che non è una bella cosa”, e che ogni “legittimazione morale e giuridica non convince”. Nel Compendio, al n. 501, si fa notare che “un’azione bellica preventiva, lanciata senza prove evidenti che un’aggressione stia per essere sferrata, non può non sollevare gravi interrogativi sotto il profilo modale e giuridico”, e subito dopo si aggiunge: “Solo una decisione dei competenti organismi, sulla base di rigorosi accertamenti e di fondate motivazioni, può dare legittimazione internazionale all’uso della forza armata, identificando determinate situazioni come una minaccia alla pace e autorizzando un’ingerenza nella sfera del dominio riservato di uno Stato”.

Un’altra voce che ha suscitato la curiosità dei giornalisti americani è quella sull’aborto, definito nel paragrafo 233 “un abominevole delitto”. Alla domanda se sia “lecito” per un cattolico votare un candidato che lo favorisca, il direttore della sala stampa vaticana, JOAQUIN NAVARRO VALLS ha risposto rimandando all’ampia parte dell’Indice dedicata alla voce “politica” e ha ricordato “l’indirizzo generale della Santa Sede, che non interviene mai in una questione elettorale o politica, anche perché è competenza delle gerarchie locali illuminare, se lo si ritiene, con elementi etici i fedeli, in modo tale che ogni coscienza possa elaborare un giudizio moralmente valido”.a cura di M.Michela Nicolais

Lo speciale sulla 44ª Settimana sociale a Bologna