Pisa

LA DIOCESI RIPARTE DAL BATTESIMO Presentati gli orientamenti pastorali al convegno diocesano. L’intervento del vescovo Bruno Forte.

Al convegno diocesano tenutosi sabato scorso in Cattedrale l’arcivescovo Alessandro Plotti non c’era, perché ancora convalescente dopo l’operazione chirurgica cui è ricorso al policlinico Gemelli a Roma. Ma i relatori l’hanno citato almeno venti volte. In primis il teologo Bruno Forte, arcivescovo di Chieti e Vasto, che ha dedicato il suo intervento al vescovo, all’eucarestia e alla bellezza che salva.«Sant’Agostino era dominato dal fascino della bellezza classica – ha commentato Bruno Forte – san Tommaso d’Aquino pensava che la bellezza fosse una sorta di concentrazione dell’infinito causata da una trasgressione. Ma qual’è la trasgressione più grande? La crocifissione. Ecco, la bellezza per il cristiano si compie nello scandalo del Dio crocifisso».E il vescovo? «Il vescovo vive in una sorta di cattedrale dello Spirito, in cui la perfetta armonia si incarna nell’eucaristia, nel momento in cui Dio, estrema bellezza, diventa uomo. È proprio nell’abbandono totale, nel mostrarsi povero e miserabile, che offre a noi la salvezza». Il pensiero corre a Giovanni Paolo II: «Ha lanciato molti messaggi ai fedeli – ha osservato il teologo – il più forte è stato quello della sua fragilità di uomo immerso in Dio e crocifisso nella carne».«Uniti al vescovo per una Chiesa missionaria» era il tema affidato al convegno diocesano. Un’occasione per riflettere su molti aspetti: sul ruolo della parrocchia nella società, su quello dei laici nella Chiesa, sulla necessità di trovare nuovi luoghi e nuovi modi per comunicare agli altri le ragioni della nostra fede. Tutti temi affrontati dagli orientamenti pastorali per il 2006/2007 presentati in Cattedrale dal vicario generale Antonio Cecconi.Per chi suonano oggi le campane dei nostri campanili? La domenica – aveva detto ai giornalisti monsignor Cecconi presentando il convegno diocesano – si reca nelle chiese della nostra diocesi tra il 10 ed il 20 per cento dei battezzati. Nell’immaginario collettivo la parrocchia è un’agenzia per l’educazione religiosa dei bambini, che attendono di ricevere la prima comunione e la cresima per poi tornare, se torneranno, al momento del matrimonio. Al parroco ci si rivolge per i motivi più diversi: una richiesta di aiuto materiale, un consiglio di fronte ad un problema, un bisogno di consolazione di fronte ad un lutto. L’opinione del papa e dei vescovi è richiesta su tanti argomenti di attualità, talvolta più per curiosità che per desiderio di verità e chiarezza. Ma nella società odierna che i sociologi definiscono post-cristiana (o neo-pagana, questione di gusti) – osserva il nostro – non c’è solo la nostalgia delle tradizioni religiose (o il «revival del sacro») né il ricorso alle sale della parrocchia considerata un’utile agenzia sociale. Dire oggi parrocchia significa anche fare riferimento a comunità di adulti e giovani che, con i loro parroci, mettono energie, tempo, creatività e passione per costruire comunità cristiane attente alle sfide del nostro tempo, capaci di accoglienza e di dialogo, impegnate nella «nuova evangelizzazione». Un termine, questo, tanto caro a Giovanni Paolo II, che lo indicò come urgenza per la chiesa in questo tempo in cui bisogna tornare a parlare di Gesù Cristo e del suo messaggio, perché la gente lo riscopra amico, fratello e salvatore. «In tante parrocchie – osserva ancora il vicario generale – ci sono persone, giovani e adulti che ogni settimana si trovano per leggere la Bibbia, che studiano teologia e tecniche di animazione per accompagnare il cammino di fede dei bambini e degli adolescenti, coppie di sposi che preparano i fidanzati al matrimonio e i genitori al battesimo dei figli. E ci sono anche adulti e giovani che, dopo anni di lontananza dalla chiesa e di indifferenza religiosa, tornano a porsi domande sul senso della vita, sul fine ultimo dell’esistenza, sulla fede e sulla morale cristiana… e chiedono che qualcuno parli loro di Dio». O bambini e adolescenti che chiedono il battesimo: i loro genitori avevano scelto di non battezzarli appena nati, perché sarebbero stati loro a scegliere da grandi; oppure stranieri, persone di altre religioni, che vogliono conoscere la fede cristiana. O giovani e adulti che chiedono di prepararsi alla cresima che non hanno ricevuto da ragazzi. Se questo è il quadro «la Chiesa, di fronte a tante domande che riguardano aspetti essenziali della fede, sente il bisogno di riorganizzarsi e stabilire delle priorità; non basta amministrare i sacramenti a chi li chiede, bisogna proporre un’accoglienza consapevole delle verità della fede, per evitare una pratica religiosa ridotta ad una sorta di involucro vuoto di vera sostanza».