Fiesole

La Diocesi in Turchia sulle orme di San Paolo

DI MARCO CAPPELLINel cuore del pellegrinaggio diocesano in Turchia sta certamente l’incontro con il Patriarca di Costantinopoli, Sua Santità Bartolomeo I. Si è trattato di una esperienza di una intensità e commozione inaspettate. L’incontro fortemente desiderato dal nostro Vescovo, era stato in dubbio, per i numerosi impegni del Patriarca, poi la conferma. All’interno del recinto del patriarcato la Cattedrale ci attende con la sua preziosa iconostasi. Oltre al nostro gruppo sono presenti i fratelli della Diocesi di  Fano Fossombrone con il loro Vescovo.Al suo arrivo il Patriarca saluta amabilmente i due presuli. È il Vescovo Luciano a salutarlo: «Santità, questo incontro è un momento importante del nostro pellegrinaggio; le esprimiamo i sentimenti di devozione per la sua persona ed il suo ministero apostolico. Le chiediamo la sua benedizione».La risposta di Bartolomeo I è un cordiale benvenuto, in perfetto italiano, avendo egli studiato per tre anni a Roma. Il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli ci apre le porte ed i cuori. L’ anno paolino vissuto ha portato molti pellegrini che sono stati accolti con gioia. Con il Papa a Roma ha aperto l’anno paolino. Tanti santi a padri della Chiesa indivisa sono originari di questa terra, la Chiesa di Occidente e di Oriente ha radici profonde qui. I santi di questi luoghi pregano per l’ unità. A piccoli passi ci muoviamo verso la piena unità. Come diceva il cardinale Willebrands l’unità si fa con i piccoli passi. Secondo il detto italiano: chi va piano va sano e va lontano.In questa chiesa hanno pregato Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI. Per la festa di Sant’Andrea, fondatore della Chiesa di Costantinopoli, una delegazione cattolica partecipa ad Istanbul alle celebrazioni; allo stesso modo una delegazione ortodossa partecipa alle celebrazioni a Roma per San Pietro e Paolo il 29 Giugno. A riprova significativa di questo spirito nella Basilica che ci accoglie sono solennemente esposte le reliquie dei Santi  Gregorio Teologo e Giovanni Crisostomo, restituite da Papa Giovanni Paolo II ai fratelli di Costantinopoli.Nel 2008 vi sono stati ben tre incontri con Benedetto XVI. È un nostro dovere lavorare e pregare per realizzare la preghiera di Gesù: «che siano una cosa sola». Per compiere passi sostanziali verso l’unità, dal 1980 lavora una commissione teologica mista internazionale, strumento nelle mani di Dio per la riunificazione. Di fronte anche alla grandezza dei problemi sociali vi è un impegno comune alla ricerca delle soluzioni, per il bene comune dell’umanità. Poi il saluto finale con un’espressione italiana: tante belle cose!Dopo le vive parole del Patriarca, lo scambio dei doni. La nostra Diocesi offre libri su Fiesole ed una medaglia del giubileo, il Patriarca una croce pettorale. Poi il Patriarca dona personalmente a tutti i pellegrini un opuscolo sulle reliquie restituite. È un crescendo di empatia, vi è un comune sentire che l’unità è possibile, è doverosa, è già presente, che il Signore è più grande delle nostre divisioni, che l’amore è più forte.Usciamo sul sagrato ed è un entusiasmo di saluti, di gioia, di fotografie alle quali il Patriarca non si sottrae, quasi a prolungare l’incontro, a dire con i gesti e l’affabilità che stiamo facendo qualcosa d’importante, che siamo importanti gli uni per gli altri, che siamo davvero fratelli.Partiamo con la certezza che l’azione degli uomini di buona volontà può portare frutti copiosi di unità e riconciliazione. IL DIARIO DI VIAGGIO18 Agosto 2009, MartedìL’arrivo ad Istanbul è un’esperienza che non lascia indifferenti, specialmente se si è seduti al finestrino dell’aereo: una sterminata distesa di case, che si distende a perdita d’occhio su e giù per le colline fino a tuffarsi nella luccicante distesa del Mar di Marmara. Tante case, quante necessitano per ospitare 16 milioni (ufficiali, 22 probabili) di cittadini.È subito impatto con una realtà dalle dimensioni per noi inusitate, un mondo diverso, che ci accoglie con un paesaggio costellato da innumerevoli minareti, che da ogni parte, particolarmente nel centro storico, si alzano esili ma sicuri verso il cielo. Si percepisce la sensazione di immergersi in un universo in molto simile al nostro (Istanbul, perlomeno nel centro, pare una città europea) ma profondamente diverso nei riferimenti religiosi, nelle interpretazioni della storia, nelle esperienze culturali.L’impressione della visita alla moschea blu conforta questa sensazione. Il luogo sacro ci appare in tutta la sua bellezza, frequentato non solo da turisti, ma anche da fedeli in preghiera; un gruppetto di ragazzi imparano a pregare; guardandoli si vive la sensazione di un mondo parallelo, conosciuto, ma che vive in forme sostanzialmente diverse.La visita dell’antica Basilica di Santa Sofia, risalente a Giustiniano, è un’ esperienza forte, non solo dal punto di vista artistico (S. Sofia è il modello architettonico a cui si sono ispirate tutte le moschee presenti in Turchia). E’ un immersione profonda nella storia, un tuffo in 1500 anni di arte e di guerra, di miserie e di grandezze; il suo destino attuale, quello di museo, nella neutralità diplomatica della scelta, lascia l’amarezza di una ferita profonda. La mente ripercorre a ritroso la storia e si immagina, nella cornice maestosa di quello che è rimasto, lo splendore originario, la bellezza dei mosaici, la luminosità straordinaria che pareva generarsi dall’ interno stesso della Basilica e che faceva gridare a Giustiniano: “Salomone, ti ho superato”! La mente pensa alle sante assemblee che vi si svolgevano, alle migliaia di fedeli che vi pregavano, ai fiumi di Grazia che vi si sprigionavano, poi vede l’attualità e una domanda sorge, spontanea nella mente, quella posta da Gesù: “ Ma il Figlio dell’ uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” Usciamo con la sensazione che questa domanda sarà un leitmotiv del nostro pellegrinaggio. 19 Agosto 2009, MercoledìCi ritroviamo tutti insieme, i 195 pellegrini organizzati in cinque gruppi, nella Basilica cattedrale di Santo Spirito, dove sono attivi i Padri Salesiani, per celebrare la S. Messa. Questa chiesa, che fu quella del Nunzio Apostolico Giuseppe Roncalli, si apre su un cortile interno, nascosto dall’anonimato di grandi palazzi sovrastanti. Preghiamo per l’unità dei Cristiani. E’ anche momento di preparazione per l’incontro successivo con il Patriarca di Costantinopoli.Il nostro Vescovo ci invita a riflettere sul valore essenziale dell’unità dei cristiani per la salvezza del mondo e sui capisaldi dell’ecumenismo: l’ecumenismo della preghiera, della carità reciproca, quello pratico dell’aiuto concreto ai bisogni degli uomini. L’unità è un valore essenziale ad ogni livello, dobbiamo vincere ogni divisione, in noi stessi, nelle nostre famiglie,nelle nostre comunità.La mattina ci vede poi turisti nei luoghi storici e caratteristici di Istanbul.Nel primo pomeriggio è fissato l’incontro con il Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I. E’ un momento che ci sorprende per la sua intensità e bellezza. Bartolomeo I ci accoglie con affetto, salutandoci in un perfetto italiano. Ci parla delle numerose occasioni di incontro, scaturite anche dall’anno paolino, dei passi, piccoli, ma significativi che costantemente fanno avanzare il desiderio e lo sforzo per l’unità. L’incontro  si conclude in un crescendo di caloroso affetto, la sensazione è che l’unità è davvero possibile, quando i protagonisti sono uomini di buona volontà.A sera, navigando nel Bosforo, nei mille colori della luce soffusa del tramonto, i contorni   dei palazzi storici si fanno fiabeschi, sogno e realtà al tempo stesso, fantasia e concreta parte anche della nostra storia. 20 Agosto 2009, Giovedì Nella chiesa di Sant’ Antonio da Padova, celebriamo la S. Messa meditando sulla Chiesa. Abbiamo come modello da seguire la prima comunità, così come ci è rappresentata in Atti  2, 42. Le quattro perseveranze, nell’ascolto della Parola, nella frazione del pane, nella preghiera, nell’ unione fraterna, sono per noi esame di coscienza, modello di vita e meta da raggiungere.Dopo la visita alla Chiesa di San Salvatore in Kore, oggi museo, con gli stupendi mosaici che ci immergono nel passato bizantino, riprendiamo il viaggio lasciando Istanbul. 21 Agosto, Venerdì Giungiamo ad Efeso. In quel che resta della Basilica di San Giovanni Apostolo ed Evangelista, un tempo splendida, troviamo ancora  la ricchezza dei segni che da lontano ci parlano della prima Chiesa che in questa terra ha preso le origini. La tomba di San Giovanni ci è testimonianza, conforto e invito.Il momento più  intenso è senza dubbio la visita alla casa della Madonna. Entrando nella casa di Maria si percepisce con immediatezza la fertile intimità, la semplice immensità, il limpido mistero percepiti alla grotta di Nazareth o alla Santa casa di Loreto: ovunque Maria ha vissuto ha impresso il respiro dell’eternità al gesto quotidiano. Così nel celebrare la S. Messa accanto alla sua casa, nello straordinario fascino e nella silvestre bellezza del  luogo (preservato in modo straordinariamente inaspettato da un recente disastroso incendio) ci sentiamo pienamente partecipi del mistero della grandezza nel nascondimento ed il semplice canto popolare a Maria si fa inno d’angeli, al quale si unisce il frinire delle cicale,  inconscia ma significativa partecipazione della natura alla lode alla Theotokos. Le parole del Vescovo esprimono questo sentire comune. Come Giovanni anche noi vogliamo prendere con noi Maria, perché ci insegni a portare Gesù ad ogni uomo. Ciascuno di noi è chiamato ad essere “madre” di Cristo, ad accogliere e dare alla luce Gesù; non solo concepirlo, ma anche partorirlo, portarlo al mondo, con la slancio missionario che vide qui Paolo e Giovanni.Visitando le rovine maestose della Efeso romana, nell’enorme teatro, ci tornano alla mente i fatti raccontati in Atti 19, la rivolta degli argentieri contro i cristiani, i rischi corsi da Gaio e Aristarco, compagni di viaggio di Paolo, la loro testimonianza davanti ad una folla inferocita, la successiva partenza di Paolo da Efeso. Qui la Parola di Dio, facendo forza sulla immediatezza del  luogo e sulla storia, si fa presenza più viva, palpabile, cronaca della Chiesa nascente, pungolo per il nostro stanco presente.Riprendiamo il viaggio; ci attende un incontro con la bizzarria della natura, le candide colline di Pamukkale, enormi depositi di bianco calcare che si formano continuamente per l’azione delle acque termali. Uno spettacolo affascinante, ancora un modo di stupirci da parte dell’infinita fantasia del Creatore. 22 Agosto, Sabato Ci attende un lungo trasferimento. Andiamo ad Antiochia di Pisidia, una delle mete principali del primo viaggio missionario di Paolo. Ancora una immersione nella storia. Camminando sul lungo selciato della strada romana non può non tornare alla mente il lungo intervento di Paolo nella sinagoga (At. 13), il successo della sua predicazione, l’attesa trepidante del sabato successivo, il formarsi della prima comunità, la persecuzione da parte dei Giudei, la partenza verso Iconio, scuotendo la polvere dai piedi. Su e giù per quella strada a grandi lastre Paolo aveva fatto piena esperienza della fatica e della gioia dell’evangelizzazione, della potenza dell’azione dello Spirito e degli ostacoli posti dalla durezza del cuore degli uomini. Anche noi ripartiamo da Antiochia per dirigerci ad Iconio. 23 Agosto, Domenica Iconio, oggi Konya, è una città di oltre un milione di abitanti. Quando Paolo vi predicò “un gran numero di Giudei e di Greci divennero credenti”. Di quel gran numero oggi vi  sono cinque cattolici, 4 famiglie di caldei, qualche protestante, nessun ortodosso. E due sorelle della Fraternità di Gesù risorto di Trento, Serena ed Isabella: sono loro che tengono aperta e viva la chiesa dedicata a S. Paolo. La val di Non in  trentino fu evangelizzata da tre monaci provenienti dalla Cappadocia. Oggi loro manifestano la riconoscenza per la fede trasmessa testimoniandola “contra spem”. La loro testimonianza tocca i nostri cuori: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”; cerchiamo di vivere questa parola per rendere presente Cristo anche qui. Non possiamo fare evangelizzazione diretta, accogliamo i pellegrini e i musulmani che vogliono vedere come è fatta una chiesa; curiamo la preghiera; ricordateci nella preghiera e pregate per tutta la Turchia, perché possa realizzarsi il disegno di Dio anche su questo popolo. Usciamo nel silenzio commosso. Torna alla mente un’osservazione di Guareschi: quando c’è un’alluvione il contadino pensa ad una sola cosa: salvare il seme. Forza piccole, miti sorelle, il Signore è con voi. Tornasse oggi, qui, Gesù, troverebbe ancora, nonostante tutto, la fede.Nel viaggio verso la Cappadocia, due soste interessanti: il santuario del “santo” musulmano Mevlana: mistico, poeta e filosofo, insegnò la grande lode a Dio con la danza ed il canto, fondando il movimento dei dervisci danzanti. Poi la visita ad un caravanserraglio, sorprendente struttura a servizio dei viandanti sulle grandi vie di comunicazione fra Oriente ed Occidente.Finalmente siamo in Cappadocia, terra dove la natura ha sfogato in modo straordinario la sua incredibile fantasia. Agendo sul tufo vulcanico, con la forza dell’erosione, ha creato un paesaggio dal fascino unico, fiabesco, sorprendente nella varietà delle forme a cui ha dato origine; un mondo di funghi giganteschi, di camini delle fate, di coni, di chiare colate di spumini, di stratificazioni dalle mille sfumature, cangianti al mutare del sole. All’ opera della natura ha dato il suo contributo anche l’uomo, scavando in quel tufo friabile migliaia di vani, di case, di città sotterranee, di monasteri, di chiese. Per un millennio quei rifugi furono centro spirituale di importanza straordinaria: S. Basilio, S. Gregorio Nazianzeno, S. Gregorio di Nissa, i santi Padri della Chiesa. Qui natura e storia sui legano in modi straordinari. Nella chiesa rupestre di Goreme, una bellissima chiesa scavata nel tufo, a tre navate, che ci ospita ampiamente, celebriamo la S. Messa. La riflessione che ci offrono le letture verte sul Pane di vita: è un linguaggio duro, per la nostra fede. Il corpo e il sangue eucaristici sono un fallimento dei nostri sensi, ci obbligano ad un atto di fede nella Parola del Signore. Parole che scandalizzano, che provocano l’abbandono di molti discepoli. L’eucarestia è questione di vita o di morte per i Cristiani.  Parole dure anche per la nostra vita: dobbiamo vivere le esigenze dell’Eucarestia, per non mangiare e bere la nostra condanna. Linguaggio duro, ma anche stupendo: è sapere che il Signore è sempre con noi, che noi siamo corpo di Cristo, tempio di Dio, nonostante i nostri limiti, sentire la bellezza di essere un cuor solo ed un’anima sola. Il fascino di questi luoghi è per noi un monito: qui un tempo viveva una chiesa fiorentissima, oggi scomparsa; anche a noi può succedere lo stesso. I santi di questi luoghi intercedano perché cresca la nostra fede. 24 Agosto, Lunedì Nella stessa chiesa rupestre celebriamo di buon mattino la S. Messa nella festa di S. Bartolomeo. La figura dell’ apostolo e martire ci stimola a riflettere sul nostro dovere di essere, come Gesù,  luce del mondo. Gesù è la luce che vince le tenebre del peccato e del dolore. Per essere luce nella storia ha bisogno di noi. Gli apostoli sono stati i primi, poi le prime comunità fra cui primeggiano i cristiani di queste terre. Oggi siamo noi chiamati a dare questa testimonianza. Siamo piccole luci, ma come nella veglia pasquale, accendendosi l’un l’altro possiamo illuminare la notte del mondo.Il giorno prosegue con la visita alle stupende valli, ai magnifici scherzi della natura, e alle eccellenze artigianali della popolazione locale, eccelsi costruttori di tappeti splendidi nelle forme e nei materiali. 25 Agosto, Martedì Riprendiamo il nostro viaggio, verso Tarso.  Nella città che diede i natali all’ apostolo delle genti, proviamo ancora la triste esperienza dell’annientamento delle comunità cristiane. Nella chiesa dedicata a Paolo, oggi museo, celebriamo, su concessione della pubblica autorità, pagando il biglietto, la S. Messa. Ci accolgono tre suore, Maria, Agnese, Maria, delle Figlie della Chiesa, italiane, da 15 anni a Tarso, a vivere in pienezza il loro carisma, qua, in questa terra che ha visto le origini della Chiesa. Ci parlano della loro missione, quella di una presenza, di una piccola luce come quella accesa presso il tabernacolo. Piccola luce ma che indica la presenza di Cristo. Senza la loro presenza questa piccola luce si spengerebbe. Ci sono loro, c’è Gesù nel tabernacolo nella loro casa. Si sentono seme che muore nel buio umido della terra. Qui, dove non ci sono altri cristiani, la domanda ci risuona ancora: “ma il Figlio dell’uomo quando verrà…..”. Nell’omelia il Vescovo ci indica una direzione precisa: l’esempio di Paolo. Come noi anche lui non ha conosciuto Gesù da vivo, anche per noi è possibile conoscerlo con la stessa intensità di Paolo, così da considerare tute le cose “come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo” (Fil.  3,8).  L’amore di Paolo per Cristo e per la Chiesa deve essere il nostro modello, perché come per lui fatiche, cammino, persecuzioni, niente possa  separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore. 26 Agosto, MercoledìSiamo ad Antiochia di Siria, l’ultima meta. Qui, in quella che era la terza città per importanza dell’ impero romano, per la prima volta siamo stati chiamati cristiani. Qui si formò la prima comunità, dopo Gerusalemme, per la predicazione di santi laici, qui fu primo vescovo Pietro, seguito dal santo martire Ignazio, qui nacque S. Luca, da qui partì Paolo, con Barnaba per i suoi viaggi apostolici.Visitiamo la grotta di San Pietro: secondo una consolidata tradizione questo fu il luogo di incontro dei primi cristiani, la prima chiesa, la prima cattedrale, la prima “San Pietro”. Una grotta, ampliata e forgiata a chiesa in epoca crociata. Le radici della storia della Chiesa affondano in questa grotta. Veramente la Turchia è la Terra Santa della Chiesa! Ci rechiamo presso il convento dei Cappuccini per la nostra Messa finale. Ci accoglie Padre Domenico e ci parla della vita della comunità cattolica (70 persone), piccola ma viva, impegnata  nel cammino ecumenico, in stretta collaborazione con i fratelli ortodossi; impegnati nella catechesi, nell’attenzione ai poveri attraverso una caritas attiva (anche noi visitiamo i banchini prontamente allestiti per noi), nella preghiera. Ci pare di sentire le la descrizione della prima comunità (At. 2, 42) ed il cuore si apre. Anch’essi godono della simpatia e dell’attenzione della popolazione e delle autorità.Il Vescovo ci invita alla “ruminatio” delle esperienze vissute in questi giorni, ad un’attenta meditazione sui tanti momenti di grazia che ci sono stati donati. Anche noi dobbiamo rispondere alla domanda di Gesù a Pietro: “Mi ami…?” con le stesse parole di Pietro. Anche a noi è affidato il compito di evangelizzare, come fecero  quei laici che portarono ad Antiochia la sconvolgente novità del Vangelo. Preghiamo perché non ci manchi il fervore apostolico, anche in Toscana urge una nuova evangelizzazione. Facciamo di questa eucarestia un rendimento di grazie per questi giorni.Mentre risuonano le litanie dei santi della terra di Turchia ripercorriamo con la mente ed il cuore il nostro pellegrinaggio.Mentre l’aereo si stacca dal suolo, ci immaginiamo per un istante simili a Paolo che parte per i suoi viaggi apostolici. Il quesito di Gesù ci torna alla mente: “Ma il Figlio dell’ uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” Possiamo forse dare ora una risposta: tra l’angoscia di fronte ad un mondo senza segni cristiani ed il desiderio di evangelizzarlo sta la differenza fra noi e San Paolo. Più saremo simili a lui più il seme del Salvatore troverà terra fertile.