Arezzo - Cortona - Sansepolcro

La diocesi di Arezzo fra dopoguerra e Concilio. Dallo scontro col comunismo alla «mentalità edonostica»

«Non è l’aver abbandonato certe forme religiose e tradizioni ad aver causato la perdita della fede: è lo stesso popolo che non ha avuto più il tempo di partecipare. Nella nostra diocesi non sono state fatte brutte cesure con le tradizioni». «Il mutamento socio culturale che ha condotto a capovolgimenti di mentalità e cultura ha portato alla secolarizzazione senza però far morire in fretta una tradizione religiosa millenaria». Sono queste le conclusioni a cui giunge don Fabrizio Vantini nella sua ricerca con la quale ha conseguito il dottorato in Storia della Chiesa presso la facoltà di storia e beni culturali della Pontificia Università Gregoriana a Roma. La Diocesi di Arezzo in transizione: dal vescovo Emanuele Mignone (1920 – 1961) al Vescovo Telesforo Giovanni Cioli (1961 – 1983) è il primo studio sistematico sulla Chiesa aretina dal secondo dopoguerra fino all’affievolirsi della dirompente vitalità che il Concilio Vaticano II generò in tutta la comunità ecclesiale. Percorrendo la storia italiana, della Toscana e di Arezzo dal 1945 all’avvento dell’«edonismo reganiano», in Vantini si è formata la convinzione che la Chiesa abbia perso influenza più per il degrado morale e per il consumismo che non per ideologie avverse come il comunismo.Prima di calarsi nella realtà del territorio, Vantini ha cercato di analizzare la società italiana di quel periodo. Per il sacerdote ne emerge una Chiesa, quella di Pio XII, che «voleva conquistare», imperniata sull’organizzazione, l’attivismo, il culto del numero e, per contrappeso, l’assenza di spirito contemplativo, di riflessione critica, di sensibilità storica. Alla Chiesa di papa Pacelli sopraggiunse quella di Giovanni XXIII che «non cambiò nulla, ma che rivoluzionò la situazione da un punto di vista psicologico» aprendo la strada al Vaticano II. Un passaggio quello del Concilio che non fu per niente facile. Paolo VI non mancò di richiamare i vescovi «ad una partecipazione né cavillosa, né polemica, né incerta, ma franca, nobile e vantaggiosa». Un passaggio epocale che secondo Vantini condusse la Chiesa verso la via «dell’incontro». Pur con la rigorosa attenzione allo «scontro con il comunismo» nei primi anni dell’Italia democratica, Vantini – da uomo di oggi – non riesce ad attribuire a quel periodo la drammaticità raccontata dai testimoni del tempo. Secondo gli studiosi, conclude Vantini, la Chiesa prima del Concilio scelse metodi discutibili di lotta politica. «In poche parole troppa attenzione al comunismo perdendo di vista il capitalismo e la secolarizzazione silenziosa». È una lettura personale serena ma discutibile, anche solo pensando a quanto ammoniva lo stesso vescovo Mignone «sulla moralità, sui costumi libertini, sulla nascente frenesia del divertimento» o su quanto ricordava lo stesso La Pira a proposito di Pio XII: «È il discorso delle stagioni. Lui fu il Papa dell’inverno che però preludeva alla primavera».Di grande interesse sono i capitoli che Vantini dedica ad Arezzo, attraverso lo studio di interessanti e inedite fonti. Prima fra tutte l’archivio parrocchiale di Laterina. Il parroco Ottavio Tinti, che diverrà vicario generale della diocesi nel 1960, vi aveva conservato il materiale di propaganda politica degli anni intorno al 1948 (praticamente irreperibile altrove): volantini, circolari, verbali di adunanze, manifesti. Attraverso di esso l’autore ci conduce nel clima politico dell’epoca, ci fa capire la capillare organizzazione dei comitati civici e il ruolo dei parroci. Più avanti don Vantini illustra il diffondersi dell’Azione cattolica, la nascita delle Acli, la grande mobilitazione di popolo per la Peregrinatio Marie, il sorgere dei cinema parrocchiali in ogni angolo della diocesi. Dalle pagine della ricerca emerge una Chiesa locale attivissima con molti sacerdoti, religiosi e religiose, guidata con grande saggezza e misura da Mignone. A lui succede il vescovo Cioli. Un pastore che parte perplesso per il Concilio e ritorna trasformato. Fu il vescovo delle nuove chiese e delle nuove parrocchie. Gestì con entusiasmo e con realismo il dopo Concilio, un periodo che preluse ai difficili anni del dissenso nella Chiesa e nella società. Cercò di attuare i dettati del Concilio con passione ma anche con concretezza. Diceva ad esempio: «Istituiamo il Consiglio pastorale. Ma esso ha senso se fra noi c’è una volontà di reciproco aiuto e di effettiva collaborazione».Possiamo dire che Vantini è il primo che studia con criterio e ordine gli anni post conciliari: nelle parrocchie, nel seminario, nel clero, nel laicato cattolico aretino. Non mancano singolari curiosità come quando il vescovo Mignone si rivolse a Fanfani, deputato all’Assemblea costituente, per il riconoscimento statale dell’Opera per le Vocazioni Ecclesiastiche e Fanfani rispose con lettera intesta «Camera dei Fasci e dei Combattimenti» coperta dal timbro di Assemblea costituente: allora anche per i deputati vi era carenza di carta.Don Vantini è attualmente parroco a Soci e insegna Storia della Chiesa all’Istituto superiore di scienze religiose «Beato Gregorio X» di Arezzo. Nato a Chitignano nel 1977, è stato ordinato sacerdote il 3 luglio 2004. Questa sua dissertazione di dottorato ha ottenuto il massimo dei voti e il diritto alla pubblicazione. Naturale quindi il plauso e la soddisfazione dell’arcivescovo Riccardo Fontana, che lo ha incoraggiato con convinzione nella ricerca e che ha voluto partecipare di persona alla discussione di dottorato. Con questo lavoro il giovane docente e parroco si inserisce a pieno titolo nella ricca tradizione di preti aretini, che con i loro studi e le loro pubblicazioni hanno dato un contributo elevato alla conoscenza della storia e alle tradizioni del territorio aretino. di Alessandro Gambassi Cioli, il vescovo del Vaticano IITelesforo Giovanni Cioli è stato il vescovo che ha portato il Concilio Vaticano II nel territorio aretino. Nato il 21 aprile 1907 a Gualdo Tadino, è ordinato sacerdote dell’Ordine di Nostra Signora del Monte Carmelo il 15 marzo 1930. Il 5 settembre 1956 viene nominato vescovo coadiutore di Arezzo. Il 23 dicembre 1961 succede alla guida della Chiesa aretina a Emanuele Mignone. Dal 7 ottobre 1975 sarà anche vescovo di Sansepolcro e dal 15 febbraio 1978 di Cortona. Si ritira l’11 aprile 1983. Muore il 15 gennaio 2002.