Nel Messaggio, dopo aver indicato i limiti di una comunicazione orientata prevalentemente alle «cattive notizie», Francesco fa esplicito riferimento alla «buona notizia che è Gesù stesso». Naturalmente non si nasconde il dolore e la sofferenza, ma chiede di «scorgere e illuminare la buona notizia presente nella realtà di ogni storia e nel volto di ogni persona». E per far questo invita a individuare «tanti ‘canali’ viventi, attraverso le persone che si lasciano condurre dalla Buona notizia in mezzo al dramma della storia, e sono come fari nel buio di questo mondo, che illuminano la rotta e aprono sentieri nuovi di fiducia e di speranza».Ecco il vasto programma che il Papa indica ai protagonisti delle comunicazioni sociali che vogliano farsi seminatori di speranza e di fiducia in questo tempo. Un’autentica impresa, considerata la quantità di male che esonda dalle pagine dei quotidiani, dai teleschermi e dalle radio. Per non parlare dei social network, luoghi sempre più frequentati per esercitare il male (in varie forme) e ridicolizzare il bene (comunque si manifesti). Dunque proviamo, con uno sforzo di fantasia, a individuare alcuni indizi della buona notizia, nella quale intravedere le tracce del disegno di Dio sull’uomo di oggi. E anche a prescindere dalla vita stessa della Chiesa, perché la buona notizia per statuto non può essere autoreferenziale, moraleggiante e tranquillizzante. I santi, a cui pure il Papa fa esplicito riferimento come «Vangelo ristampato», «uomini e donne diventati icone in mezzo al dramma della storia», non lo sono stati. Al massimo lo sono diventati, grazie all’improvvida intermediazione di altri. Uno per tutti, San Francesco, vi pare autoreferenziale, moraleggiante e tranquillizzante?Ecco il primo indizio: la buona notizia semina speranza e fiducia, ma non ambisce all’autoreferenzialità e alla tranquillità dello scorrere dei giorni. E tanto meno vuol essere moraleggiante.Secondo: la buona notizia si annida nel quotidiano volgersi delle ore e dei giorni e perciò stesso non si può curare di governare il tempo, quanto sperare di trovare spazio nel cuore e nelle menti.Terzo: la buona notizia è impastata della vita degli uomini e delle donne e perciò non può essere ridotta a un’astrazione e tanto meno all’effetto di un’idea, o peggio, di un’ideologia.Quarto: la buona notizia si manifesta apertamente nel racconto dell’uomo o della donna colti nel loro tempo e nel loro spazio. Una sorta di immanenza che è propria della tradizione cristiana. È il “qui e ora” dei cristiani, proprio sulla scia di quel Gesù che non si sottrasse al «suo» qui e ora.Quinto: la buona notizia è quella in cui la trascendenza sa anche nascondersi e velarsi. Non richiede la professione di fede, ma si fa vita buona e manifesta una direzione giusta che non tradisce l’uomo nella sua umanità.Sesto: la buona notizia fa i conti con la povertà di ciascuno e non si nasconde la difficoltà di non tradire l’umanità. Sa rendere conto dello sforzo dell’uomo di essere fedele a se stesso e alle proprie radici e perciò stesso si rende fedele a Dio.Settimo: la buona notizia rispetta la nostra antropologia, anzi cerca di decifrarla nelle forme nuove che la vita porge, senza assecondare l’illusione dei desideri, ma senza ergersi a giudice impietoso.Ottavo: la buona notizia è disinteressata. Non persegue l’obiettivo della gratificazione o del proselitismo. Ha il sapore e la forza delle cose buone, perciò è fragrante e adatta a tutti. Di ogni colore, genere, razza e religione.Nono: la buona notizia non si impone con la forza. Né della spada né della ragione, a volte ancor più tagliente della lama. Entra nelle vite degli altri in punta di piedi.Decimo: la buona notizia è il frutto dei nostri occhiali nuovi che hanno sperimentato la speranza e la fiducia anche nelle situazioni più difficili, dunque è pronta a raccontare «cuori capaci di commuoversi, volti capaci di non abbattersi, mani pronte a costruire».