Opinioni & Commenti
La deriva della stampa a rimorchio della politica
Questo giornale vanta, per più motivi, una lunga amicizia con Dino Boffo, il direttore di Avvenire (a cui va la nostra incondizionata solidarietà) in questi giorni al centro di una vicenda che lo sta letteralmente distruggendo, anche agli occhi di troppi cattolici pronti a dare credito alla spazzatura delle lettere anonime. Strano Paese il nostro dove non è l’accusatore a dover mostrare le prove, ma è l’accusato a doverle fornire preventivamente a propria discolpa. Ma è uno strano Paese anche per il ruolo snaturato della stampa (conseguenza dello snaturamento della politica), non più strumento di comunicazione ma arma contro qualcuno (e qui non si fanno distinzioni tra certa stampa di destra e altra di sinistra, in questo senso alcuni giornali sono uno lo specchio dell’altro). Un tempo le aperture delle prime pagine dei quotidiani, i cosiddetti titoli a 9 colonne, si riservavano allo sbarco dell’uomo sulla luna. Adesso, per settimane intere servono a dar conto di fango e squallore, come se il mondo in questi giorni (ma non solo in questi) si fosse fermato di fronte alle meschinità nostrane. In questo senso condividiamo e facciamo nostro il commento alla vicenda diffuso dall’Agenzia Sir e dalla Federazione italiana dei settimanali cattolici, pubblicato qui di seguito.
Dopo l’attacco de il Giornale nei confronti del direttore di Avvenire, un fatto che il card. Angelo Bagnasco ha definito «disgustoso e molto grave», dal quotidiano di ispirazione cattolica e da chi lo firma, Dino Boffo, è venuta una lezione di stile professionale.
Il 29 agosto, due comunicati brevi e inequivocabili sono stati la risposta sobria, ferma e dignitosa di Avvenire a chi ha scelto la via dell’intimidazione per far tacere una voce delegittimandola. Sono anni che il libero e civile confronto sociale e politico del Paese è soffocato dal fango che viene gettato su attori della vita pubblica. Non è dunque una sorpresa neppure questa di fine agosto, purtroppo. Anche se, nel caso, ad essere bersaglio è il direttore di un quotidiano.
Allo sconcerto del 28 agosto, provato davanti alla prima pagina de il Giornale, ha fatto seguito l’indignazione perché a subire la violenza, oltre che un direttore e un giornale, sono stati coloro che considerano la professione giornalistica un servizio alla verità e al bene comune, un’attività intellettuale che ha precisi riferimenti etici.
Di «maestri» di un giornalismo spregiudicato e cinico ce ne sono stati diversi nella storia e ne vediamo non pochi anche oggi. Ma occorre chiedersi, anche all’interno della stessa categoria professionale di cui facciamo parte, quale contributo essi abbiano dato e potranno mai dare alla credibilità del giornalismo nel nostro Paese. Questa professione ha un’etica o, per lo meno, una deontologia: il «killeraggio» non ne può fare parte e i veri maestri hanno sempre insegnato che occorre evitare questa deriva per il bene della stessa professione.
Avvenire si muove nella linea, che è anche nostra, di offrire ai lettori il maggior numero di elementi attendibili e documentati perché, di fronte a pensieri e fatti, essi possano farsi un personale giudizio, libero e responsabile. Diversamente il giornalismo morirebbe e, di conseguenza, la stessa democrazia vedrebbe vacillare quella che dovrebbe essere una sua colonna portante. Non rimarremo dunque disattenti e inerti di fronte a questo rischio. Il nostro impegno non verrà meno e la nostra voce continuerà a levarsi, come quella di Avvenire, per il bene del Paese. Chi avverte e pratica questa responsabilità ci avrà sempre al suo fianco.