Lettere in redazione
La crisi non è passata: famiglie a rischio povertà
Nei giorni scorsi in vari supermercati di Prato si è effettuata la raccolta alimentare pro emporio Caritas a cura dei volontari ai quali, umilmente, ho cercato di dare una mano per qualche ora. Negli anni ho potuto osservare una diversa reazione delle persone. Impulsivamente sono pochi quelli che dicono «no» e sono lo stesso numero degli anni precedenti. Poi ci sono quelli che fanno finta di nulla ed anche il loro numero ed atteggiamento è invariato rispetto agli anni precedenti. Devo constatare, purtroppo, che quest’anno molti anziani si sono avvicinati per chiedere come si fa a ricevere la tessera e i beni alimentari distribuiti dall’emporio, quasi tutti con un po’ di imbarazzo e un po’ di vergogna, alcuni scusandosi perché non potevano dare nulla. Questa è la cosa che più mi ha fatto riflettere e che dovrebbe occupare i pensieri dei nostri governanti.
Carissimo Antonio, quello che lei ha avuto modo di registrare dal suo piccolo «osservatorio» non fa altro che confermare il momento difficile che stiamo vivendo. Non c’è da farsi illusioni: la crisi economica non è passata. Forse qualche mercato nel mondo sta dando dei segnali di ripresa. Ma le famiglie, qui da noi, sono in sofferenza. Ci sono dei fenomeni nuovi come il rischio di impoverimento da parte di chi credeva di avere un lavoro sicuro e che ha acceso mutui per la casa o finanziamenti per le spese domestiche e che ora non riesce più a mantenere l’impegno. Ma c’è anche chi rischia di cadere nella povertà alla prima spesa imprevista, magari per motivi di salute. Ci sono poi problemi reali di lavoro: si dice che in circa la metà dei nuclei familiari, tenendo conto dei giovani in cerca di prima occupazione, c’è una persona disoccupata. Per di più un terzo delle famiglie non riesce a mettere da parte niente e intacca i propri risparmi. Da questo si può capire perché in tanti bussano alla Caritas. Ma c’è anche chi, per dignità, nasconde il proprio stato di disagio. E come faccia a tirare avanti non si sa. Ha ragione, Antonio, i nostri governanti dovrebbero pensare a questo. Allora, forse, ci offrirebbero qualche spettacolo indecoroso in meno (penso ad esempio a quello che ci è capitato di vedere nei giorni scorsi nell’Aula di Montecitorio). Ancora una volta, come per i profughi, dovremmo chiederci cosa sarebbe l’Italia senza quella Chiesa (con le sue organizzazioni, la Caritas in primo luogo) di cui si pensa tanto male e si fa di tutto per ridurre alla marginalità.