Toscana
La crisi minaccia anche chi aiuta i poveri
Tante famiglie bussano alle porte della Caritas e delle parrocchie per chiedere un sostegno. La «domanda» cresce ma le risorse a disposizione, sia economiche che umane, spesso non bastano. Un grido d’allarme lo lancia Natale Bazzanti ex presidente e, attualmente, membro del consiglio direttivo del Banco Alimentare, la grande realtà di volontariato che raccoglie e ridistribuisce prodotti agli enti caritativi toscani convenzionati, attualmente circa 600 per oltre 80 mila assistiti. Anche dal Volontariato vincenziano viene un appello: servono forze giovani.
Se la crisi rischia di travolgere anche il Banco Alimentare della Toscana, è proprio un brutto segno. Eppure è così. Un allarme forse inatteso, quello lanciato nei giorni scorsi sul TGT e poi ripreso da alcuni quotidiani, ma in realtà logica conseguenza del momento che stiamo attraversando. Tanto logica quanto assurda e paradossale, perché va a colpire proprio chi da anni si sta muovendo per aiutare quel numero sempre crescente di persone non ce la fanno nemmeno a mettere insieme il pranzo con la cena.
A chiarirci la situazione è Natale Bazzanti, ex presidente e, attualmente, membro del consiglio direttivo incaricato del reperimento dei fondi necessari a far andare avanti la baracca, o per meglio dire il grande capannone di Calenzano con annessi e connessi. Perché, lo ricordiamo ancora una volta, il Banco non è solo la Colletta Alimentare, ovvero l’appuntamento di fine novembre con la «spesa della solidarietà» per cui è universalmente conosciuto, ma una realtà impegnata per tutto l’anno nella raccolta e nella redistribuzione dei prodotti agli enti caritativi toscani convenzionati, attualmente circa 600 per oltre 80 mila assistiti. Nel 2011 i chili di prodotti recuperati e redistribuiti sono stati complessivamente 3 milioni e 400 mila, di cui 710 mila provenienti dalla Colletta, che ha inciso quindi solo per il 20% o poco più. Cifre che rendono bene l’idea del lavoro quotidiano che serve e che viene svolto da una settantina di volontari e cinque dipendenti assunti a tempo indeterminato, il minimo indispensabile.
«Il Banco Alimentare spiega Bazzanti vive di progetti che presenta a vari soggetti e di eventuali donazioni di amici. La crisi attuale influenza però i principali canali di finanziamento, in primis enti locali e fondazioni bancarie». A cominciare da quella del Monte dei Paschi di Siena, per le note vicende del gruppo. «Ad aiutarci ultimamente precisa il responsabile raccolta fondi sono state la Fondazione Cassa di Risparmi di Livorno, la Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia e l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze. A loro vanno i nostri più sinceri ringraziamenti, ma questi contributi non sono purtroppo sufficienti a far fronte alle esigenze di bilancio». Che, nel 2011, si è chiuso in modo particolarmente negativo, con un deficit di 134 mila euro su un complesso di spese pari a 300 mila. «Dato che per il 2012 le prospettive non sono certo più rosee, vista appunto la situazione dei canali di finanziamento usuali spiega Bazzanti ci siamo chiesti se potevamo in qualche modo abbattere questa cifra, ma non è proprio possibile. Gli affitti incidono per 110-120 mila euro, di cui 80 mila per il magazzino di Calenzano e gli altri per magazzini temporanei comunque necessari per lo stoccaggio della gran quantità di prodotti. Altri 120 mila servono per i cinque dipendenti, davvero il minimo indispensabile grazie all’apporto dei volontari, in gran parte pensionati che dedicano a quest’opera il proprio tempo. Il resto se ne va per utenze e altre spese di gestione nonché per i mezzi di trasporto, tra bollo, assicurazione, manutenzione e carburante».
Resta quindi un’unica via, l’aumento delle entrate: «Cerchiamo di sensibilizzare altri soggetti aggiunge l’ex presidente anche nella stessa industria agroalimentare, che ci aiuta, è vero, con i prodotti, ma a cui bene o male facciamo un servizio, dato che molti di questi, mal confezionati o prossimi alla scadenza, altrimenti finirebbero in discarica, con i relativi costi di smaltimento. E poi abbiamo chiesto un aiuto particolare agli stessi enti convenzionati, con una lettera di un paio di mesi fa del presidente Leonardo Carrai, per un piccolo contributo a sostegno delle spese della logistica, ovviamente da parte chi può. Qualche risposta c’è stata, speriamo ne seguano altre».
Nelle dinamiche di bilancio c’è inoltre da tener conto del fatto che, in questi ultimi anni, l’attività del Banco non è cresciuta solo dal punto di vista quantitativo, ma anche qualitativo. Sono stati attuati cioè progetti particolari come Siticibo, per il recupero dei pasti preparati ma non serviti, grazie a contributi di sostegno specifici che però solitamente, dopo il primo anno, sono venuti meno mentre il servizio è andato comunque avanti. «Sarà difficile che ne possano partire altri ammette Bazzanti ma intanto quello che abbiamo avviato lo vogliamo proseguire. Lo stesso allarme per il rischio chiusura di ogni attività è tutt’altro che infondato, ma non vogliamo assolutamente arrivarci, non ce lo possiamo permettere viste le situazioni e la realtà sempre più grave con cui quotidianamente veniamo a contatto. Chiediamo solo a chi può di darci una mano».
E pensare che solo pochi mesi fa anche il Banco Alimentare della Toscana, assieme agli altri d’Italia e alle analoghe esperienze europee, accolse con soddisfazione la decisione dell’Unione europea di mantenere l’erogazione, per il 2012 e il 2013, dei prodotti alimentari Agea, che almeno per la nostra regione rappresentano il 56-58% del totale raccolto e redistribuito. Il taglio immediato avrebbe rappresentato un dramma; ora resta l’interrogativo per il 2014 e oltre, ma intanto ci si sta dando da fare per incrementare la raccolta dall’industria agroalimentare e dalla grande distribuzione organizzata per far fronte in tempo utile a un’eventuale sospensione. Se i problemi di bilancio sono in questo momento i più urgenti, d’altra parte, quindi, non sono certo i soli. «Vi auguro di non stare mai tranquilli», diceva del resto don Luigi Giussani, uno dei fondatori del Banco in Italia. Un augurio pienamente avverato.
Vincenziani toscani ad una svolta: cambiare per non estinguersi. È il messaggio centrale lanciato da Lina Bellandi Bisori, presidente dei Gruppi di Volontariato Vincenziano della Toscana, durante l’annuale convegno regionale, che quest’anno si è svolto a Pisa, lo scorso sabato 24 marzo, ospitato all’Auditorium Giuseppe Toniolo dell’Opera Primaziale Pisana, in piazza dell’Arcivescovado. «La difficoltà di rinnovamento per l’avanzare dell’età delle volontarie, la mancanza di una progettualità più aderente alle nuove povertà, sempre più impellenti anche per l’acuirsi dell’attuale crisi economica che fa lievitare le richieste d’aiuto, mentre calano le risorse. Sono queste le principali sfide da affrontare: occorre coinvolgere i giovani, per rinverdire il carisma vincenziano, e la comunità cristiana per allargare e rafforzare le attività caritative e di solidarietà. Se non ci rinnoviamo siamo destinati a morire».
Sincera e dettagliata la relazione della presidente, che ha offerto alla folta platea uno scenario con luci e ombre. Tra le prime, le innumerevoli iniziative realizzate nel corso del 2011 (convegni, laboratori, corsi di aggiornamento per promuovere sia la «cultura della solidarietà» sia la crescita dei volontari, che devono essere sempre più preparati, capaci e motivati) e i tanti servizi assistenziali prodigati a migliaia di persone e famiglie in difficoltà, operando in «rete» con parrocchie, associazioni, istituzioni locali. Come le positive esperienze della «Banca del latte» (con il Centro di aiuto alla vita) a Grosseto, «Adottiamo una mamma» (con Movimento Vita) a Empoli, «Pappe e non solo» e «Mamma tutor» a Lucca con il comune di Capannori. E ancora, «L’Emporio della solidarietà» a Prato con Caritas, Comune, Provincia, Ente Cassa di Risparmio: oltre 1 milione di euro è il valore di mercato della merce recuperata da supermercati, produttori e donatori e redistribuita a centri di ascolto vincenziani, Caritas e servizi sociali comunali.
Non sono mancati i progetti educativi per giovani in difficoltà a Volterra, i corsi di lingua e cultura italiana (boom a Prato con oltre 550 iscritti), le borse-lavoro per minori promosse dai Gruppi toscani con il Dipartimento della giustizia minorile, il servizio esclusivo nella casa circondariale di Prato (oltre 700 reclusi) curato dal nuovo gruppo vincenziano locale. Aggiungendo l’impegno verso l’estero: adozioni a distanza di bambini eritrei, sostenute dai gruppi con le Figlie della Carità, raccolta e invio di medicinali e materiale sanitario nei paesi più poveri del terzo mondo e nell’Est Europa.
Tra le ombre: la perdita della sede storica del volontariato vincenziano di Firenze (in via S. Caterina d’Alessandria, dove è rimasta una stanza per la sezione regionale), la tiepida collaborazione con alcune parrocchie, come ad Arezzo e a Livorno dove non è stato possibile aprire sedi per i gruppi, nonostante vi siano volontarie attive. «I poveri aumentano ha rilevato la presidente Bellandi cerchiamo di fare sempre di più per loro, ma certo occorre rinnovare i nostri gruppi con iniezione di nuove energie e progettare nuovi servizi per rispondere ai bisogni emergenti». Il convegno, dedicato al tema «Diritti, giustizia, carità», è stato anche occasione di formazione grazie all’intervento di Virginia Messerini, docente di Diritto pubblico all’Università di Pisa, su «I diritti dell’uomo nel terzo millennio», e di confronto con la testimonianza di padre Gherardo Armani, assistente spirituale dei Gruppi di volontariato vincenziano di Torino, che ha ricordato il «cuore» del carisma vincenziano: al centro la persona, ancor prima del suo bisogno.
Nelle diocesi toscane
Lorenzo Canali
Chiara Domenici
Renato Bruschi
Nel 2011 il supermercato solidale pratese ha distribuito merce per un valore di un milione e 300 mila euro. Si tratta di alimenti e prodotti per la casa acquisiti grazie a donazioni, accordi con la grande distribuzione e frutto della raccolta cittadina che ogni anno viene organizzata i primi di marzo. Non solo, grazie alle «tessere neonato», sugli scaffali dell’Emporio si possono trovare i necessari e costosi prodotti per l’infanzia, destinati alle mamme in difficoltà seguite dal Centro di Aiuto alla Vita.
Giacomo Cocchi
Le richieste sempre in crescita riguardano viveri (il 24% delle richieste) e vestiario (il 10% delle richieste). La raccolta di questo materiale avviene per lo più nelle comunità parrocchiali per doni volontari e, più raramente, tramite accordi con alcuni distributori e singole parrocchie. Insieme queste due richieste, viveri e vestiario, quindi fanno il 34% delle domande che i volontari ascoltano quotidianamente. Altra fetta, a causa della crisi e del progressivo impoverimento, sono le richieste di lavoro che toccano il 40% delle domande d’aiuto.
Oltre a queste strutture nella diocesi di Lucca ci sono anche due Mense per i poveri, che quotidianamente riescono a fornire almeno un pasto a varie decine di indigenti. Una mensa è a Lucca, in pieno Centro Storico ed è curata oltre che da vari volontari delle parrocchie di Lucca e circondario, dalle Figlie della Carità di S. Vincenzo de’ Paoli. L’altra mensa è presso la città di Viareggio, nei locali della Chiesa di S. Antonio, retta dai Francescani. Nel periodo estivo però la mensa si sposta nei locali della parrocchia di S. Paolino a Viareggio. Anche in questo caso i volontari sono espressione delle parrocchie della città di Viareggio.
Lor.M.
Andrea Bernardini