Cultura & Società
La contagiosa serenità di Antonio Ciccone, padre e artista
di Rossella Tarchi
Con Antonio Ciccone, ci conosciamo ormai da più di vent’anni, ma ogni qualvolta salgo le scale del suo studio, nel cuore di Firenze, in San Frediano, mi assale la stessa emozione. Entrare in quella stanza strapiena di quadri, schizzi, colori, rinnova in me un senso di meraviglia per quel luogo dove nasce e si forma un’opera d’arte. È Antonio ad aprirmi la porta, sorridente come sempre. Ha la capacità rara di infondere serenità e leggerezza. Con lui Tiana, sua figlia, che ormai da tempo lo aiuta nelle cose più pratiche ed organizzative. Iniziamo così la nostra chiacchierata, con semplicità, come davvero vecchi amici che non si vedono da tempo e che hanno cose, tante cose da raccontarsi.
«Adoro Firenze dice Antonio fin dal primo giorno che sono stato trasportato qui». Era il 1954 quando partì da San Giovanni Rotondo per venire nella «culla» del Rinascimento, ma già nella sua terra natìa la gente aveva cominciato a conoscerlo e ad apprezzarlo quando, precursore degli odierni writers, non perdeva occasione di disegnare sui muri, o di improvvisarsi «madonnaro». «È nato con il pennello in mano», dicevano i suoi compaesani.
A Firenze, ha conosciuto sua moglie, quando insieme frequentavano lo studio della professoressa Simi. Con Linda, figlia di un diplomatico, ha costruito una famiglia internazionale. A Tiana, si sono aggiunti altri sei figli adottivi e di etnie diverse: Pablo, coreano, Dario, afro-americano, irlandese e tedesco, Lisa, di discendenza afro-americana e portoricana, Alix, afro-americana e vietnamita, Geremia e Penny Pia, afro-americani.
Ed è a Firenze, dopo un avvio «classico» alle Scuole della Simi e di Annigoni, che inizierà il suo personalissimo cammino artistico che lo porterà ad essere uno dei più grandi artisti figurativi del nostro paese, le cui opere si trovano in musei e collezioni private di tutto il mondo e che già nel 1962 aveva in John F. Kennedy un appassionato estimatore.
Centinaia sono le mostre di Ciccone, l’ultima si è tenuta proprio nella sua Florentia, nella «Casa di Dante». Spring Song un ciclo grafico dedicato alla figura femminile, l’ennesima sfida dell’artista di fondere il suo soggetto con la luce tramite un sapiente utilizzo del carboncino. «È un sunto di vita spiega Tiana un percorso elaborato insieme non solo come padre e figlia, ma anche artisticamente e spiritualmente».
Ciccone ama eseguire i ritratti «in serie», ricordiamo ad esempio The Lydia Series, 26 disegni a carboncino che lo hanno occupato per oltre dieci anni, perché questo modus operandi gli permette di captare e cogliere i molteplici mondi interiori dei suoi personaggi, trattenere sul foglio le infinite sfaccettature della figura, fino a creare un’unità visiva fra i vari disegni, una sorta di armonico fluire della vita. E altrettanto ama immergere i suoi ritratti nella luce, essenza stessa della vita. «Quando disegno o dipingo mi spiega Antonio non vedo le ombre, tutto si riflette di conseguenza, anche la parte scura delle cose è tutta in funzione della luce. È attraverso la luce che esprimo il mio amore per la vita».
Spring Song è nata nel 2009 contemporaneamente all’esecuzione degli affreschi eseguiti da Ciccone ad Assisi, nella Cappella delle Reliquie della Basilica di S. Francesco, e dedicati ad alcuni episodi della vita del Santo. E nel suo studio campeggia, imponente, il cartone preparatorio di uno dei due soggetti raffigurati nelle lunette della Cappella: Il colloquio con il Crocifisso. L’altro è La nascita della fraternità. È la sua ultima fatica pittorica. Nelle due lunette assisiate, dove il colore caldo dell’arancio pervade tutta la composizione inondandola di una luce spirituale, è esplicitato tutto l’amore per quel Creatore instancabile che continua a rivelare la creazione.
Nel Colloquio con il Crocifisso, la figura del Cristo è presenza tangibile, fisica, vista di scorcio, dove la croce stessa è via che conduce all’Altissimo. Le mani aperte sono arrese al compito divino e le braccia trovano nel legno della croce un loro naturale prolungamento a indicare, in un abbraccio universale, l’amore verso tutto il creato.
Ma questa sua fatica è anche testimonianza del suo profondo legame con l’Ordine Francescano. Nel Colloquio, a destra, si riconosce la figura di Padre Pio, seduto. «Ho voluto includere Padre Pio nel mio affresco perché è stato un grande innamorato dell’assisiate lo chiamava il serafico S. Francesco e perché fa parte dell’ordine Francescano, uno dei più trasparenti che ho conosciuto. In più, anche lui come S. Francesco aveva le stigmate». Padre Pio è una figura al quale Ciccone è fortemente legato. Fu lui, nella sua Puglia, il primo ad intuire le naturali capacità e la caparbietà di questo giovane del Gargano che voleva essere pittore.
Ci si sente invitati a partecipare all’evento dalla gatta Luce, raffigurata a sinistra, e al contempo emotivamente coinvolti dalla figura di Francesco, rappresentato mentre sta per cadere sotto la folgorazione della sua visione e accoglie nel suo corpo il comando ripetuto per tre volte dal Cristo di costruire la sua Chiesa. «L’idea di una risurrezione o riorganizzazione della Chiesa sorride Antonio doveva sembrargli sì, un bel colpo! Ma lui, esile nella sua struttura, arreso al Cristo con le mani protese in alto, accetta quell’idea».
Per Antonio ogni opera è anche un modo di sentire la presenza discreta della sua famiglia: la Maddalena, a destra, ha le sembianze della moglie Linda. Ma è al contempo un modo per mettersi in gioco ed essere egli stesso presenza che parla attraverso i gesti. Raffigurandosi a sinistra, davanti al suo cavalletto con in braccio un bambino, ha voluto sottolineare l’importanza e la necessità di proteggere le future generazioni; la mano alzata è un fermo no a tutte le guerre. Si respira serenità e luce nelle opere di Antonio Ciccone, il suo mondo pittorico è un tutt’uno inscindibile fra l’essere uomo fra gli uomini, padre e artista.
«Il bello che mio padre esprime mi dice Tiana, salutandomi è la necessità del bello che ognuno di noi ha dentro di sé, nutrimento vitale, che dà gioia, affetto, bontà. E di questo nutrimento vive la mia famiglia».
In Toscana sono visibili al pubblico il cartone per l’affresco della Resurrezione di S. Giovanni Rotondo, nell’Oratorio della Beata Vergine Maria a Castagno d’Andrea; il bellissimo affresco La Natività, eseguito nel 1987 a Ponte Buggianese (Pistoia); San Ludovico di Francia e San Francesco, su tela nella chiesa dei Cappuccini a Montughi (Firenze) del 1964; la Crocifissione nella Badia Fiorentina (1964).
Cospicui sono i cicli grafici dedicati al ritratto: Variazioni per Gaia, Augustus St. Gaudens, John Porter, The Moira Series, Omaggio a Padre Pio, Omaggio a Pietro Annigoni, Amintore Fanfani, The Lydia Series, e The Avery Series. Altre serie includono: Toro Maremmano, Cavalli a Coolmore, Italia ’90, Marga & Keith, Gatti, L’uovo ritrovato, Atlete, Concerto, Capturing Energy, Diana, Nello studio, Il senso della misura, Omaggio a Brunelleschi, Botticelli, Cellini, Michelangelo, In silenzio, Body Conscious, e From Another Place.
Il paesaggio del Gargano e quello di Long Island sono il tema principale delle sue opere dedicate alla natura realizzate in olio e acrilico. Numerose anche le pubblicazioni sull’artista e le sue opere. Attualmente Antonio Ciccone vive e lavora a Firenze. Ora è di nuovo impegnato in una nuova mostra, una collettiva, Gattart Fiora Leone, che ha per soggetto i gatti e che si aprirà il 17 febbraio in via dei Fossi a Firenze, all’Antichità via de’ Fossi.