Lettere in redazione
La Comunione ai divorziati tra confessori di «manica larga» e di «manica stretta»
Mio figlio è sposato civilmente e considerato peccatore e va bene. Ma che dire allora di un famoso e potente personaggio che oltre ad avere già divorziato due volte, accoglie nelle sue abitazioni ragazze non certo per recitare con loro il Rosario, ma per scopi abbastanza turpi, che bestemmia durante una cena e che malgrado ciò ha la faccia tosta di mostrarsi in pubblico come un cristiano devoto? Non è anche lui peccatore come mio figlio?
Di più, non penso che Berlusconi abbia l’ipotetico confessore di cui ho parlato, perché se lo avesse, certo non sarebbe stato da lui consigliato di fare quello che fin qui ha fatto e continua a fare. Avrei voluto da lei, caro Padre, una risposta diversa che non fosse certo l’assoluzione per mio figlio, ma una condanna decisa e ferma di chi spavaldamente si prende gioco delle leggi e delle disposizioni della Chiesa. Non è stato proprio Gesù a dirci che nel nostro comportamento i sì e i no debbono essere decisi ed inequivocabili?
Mi scusi se mi sono permessa di ribattere davanti alle sue obiezioni ed alle citazioni della Dottrina che del resto conosco e se ho espresso il convincimento che nella Chiesa siamo tutti uguali e che nessuno, nemmeno l’uomo più potente del mondo, può protendere sconti, né permettersi di scandalizzare gli altri.
Ci è apparsa l’attualità del cap. 23 del Vangelo di Matteo dove Gesù mette in luce il comportamento dei «teologi» di allora che «Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro »; e li rimprovera: «…voi che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello ».
Il moscerino degli ultimi e il cammello dei potenti. Non ci saranno anche questi tra i motivi per cui la gente, e specialmente i giovani, non ci ascoltano più? Precisiamo che non siamo coinvolti nel problema neppure indirettamente; siamo sposati da quarantacinque anni e cerchiamo di vivere la fede con umiltà.
L’articolo del Canone citato mi pare molto chiaro, il capo del Governo è notoriamente divorziato e risposato, perciò non poteva essere ammesso alla comunione per nessun motivo.
La signora Ottolini non dovrebbe vedere nelle parole della Chiesa una mancanza di rispetto e di comprensione verso i divorziati e risposati civilmente, ma soltanto un aiuto per vivere bene il matrimonio.
Di conseguenza la Santa Eucaristia, per l’importanza fondamentale che occupa nella formazione della coscienza e della condotta cristiana, non può essere considerata un «tesserino» che uno (fosse anche di alto grado) può mettere all’occhiello per fare bella figura davanti al popolo.
Non c’è dubbio che la rubrica «Risponde il teologo» sia una delle più seguite tra quelle del nostro giornale. Di questo siamo grati alla Facoltà teologica dell’Italia centrale con la quale è da tempo in atto una proficua collaborazione. E che sia una rubrica seguita lo dimostrano le lettere che normalmente arrivano (sia per porre quesiti che per commentare le risposte) e che si moltiplicano nel caso di argomenti di particolare interesse come questo della Comunione ai divorziati e in particolare dell’accostarsi al Sacramento, pubblicamente in tv, da parte del Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Sull’argomento i «nostri» teologi sono intervenuti più volte sollecitati dai lettori. L’ultima in ordine di tempo è stata una risposta del padre Francesco Romano, nel n. 9 del 6 marzo scorso, sollecitata da una lettrice di Grosseto. A quella risposta hanno replicato in molti, compresa la stessa lettrice di Grosseto, con pareri diversi, rappresentati dalle lettere qui pubblicate e sulle quali abbiamo chiesto una replica allo stesso teologo. Ma per non correre il rischio di snaturare quella rubrica così seguita, abbiamo spostato il dibattito in questa pagina, che ci sembra più consona.
La Chiesa con il suo insegnamento autentico informa le coscienze di tutti, indistintamente, alla verità, e si sforza di orientarle al bene. Ogni direttore spirituale e confessore ha questo arduo compito da mettere in pratica, ma la coscienza di ciascuno rimane alla fine il tribunale supremo dove egli userà la propria libertà nel modo migliore o peggiore per decidere come spendere la sua vita, incluso se accostarsi o meno alla comunione.
Fatta sempre salva la dovuta distinzione tra peccato e peccatore, e al di là di ogni riferimento personale, soltanto Dio può giudicare ogni uomo perché lui soltanto è in grado di scrutare perfettamente il suo cuore oltre le apparenze. Anche per questo la precedente risposta, nella rubrica «Risponde il teologo» su questo argomento, sottolineava che in certi casi sarebbe più prudente non provocare il giudizio altrui, volendo significare con questo che una persona, anche notoriamente o presumibilmente peccatrice incallita, nel momento in cui si ravvede per grazia di Dio, è auspicabile che non si accosti alla comunione a bella mostra, per evitare la mormorazione o lo scandalo da parte dei più deboli, ma solo per questo motivo.
Poste queste ulteriori precisazioni, è evidente che la domanda se esistano «confessori di manica larga» e «sacerdoti di manica strettissima», sia da recepire solo nella sua formulazione retorica, trattandosi semplicemente di una definizione provocatoria, come la stessa lettrice ha tenuto a precisare, per passare dalla premessa da lei posta alle ineludibili deduzioni sul noto personaggio, ormai messo al centro dell’interesse come metro di confronto con la situazione del proprio figlio.
Compito della rubrica, che non a caso si intitola «Risponde il teologo», è di aiutare a comprendere l’insegnamento della Chiesa, ricorrendo anche a esempi concreti o a fatti di attualità, per facilitarne meglio la comprensione, ma senza uscire dal solco della sua vera finalità.