Prato

La Cisl «Se va via il Tfr, Prato perde 100 milioni di euro»

di Filippo Ciardi

Che ne sarà del Trattamento di fine rapporto dei lavoratori di Prato da gennaio 2006? È questo l’interrogativo che pone la segretaria della Cisl pratese, Gabriella Melighetti, preoccupata per i possibili esiti della riforma previdenziale in corso a livello nazionale, riguardante anche il Tfr che, dall’anno prossimo, i dipendenti pratesi potranno destinare, con una scelta diretta, a fondi di previdenza complementari. «Questi cambiamenti – sostiene Melighetti – investiranno anche la salute del nostro distretto, perché dalle casse delle imprese pratesi potrebbero sparire 100 milioni di euro all’anno di liquidità, se i lavoratori sceglieranno, in base alle nuove norme, di non lasciare più alle aziende la gestione diretta del Tfr». Il possibile problema non è da sottovalutare tra quelli che influenzeranno la ripresa dell’economia locale. Anche a Prato infatti, in base ad una riforma nazionale ancora in corso e i cui tempi ed esiti sono ancora incerti, i lavoratori avranno il prossimo anno un periodo di tempo di alcuni mesi nel quale decidere se continuare a far gestire alle imprese il Tfr che sarà dovuto in base ai loro stipendi (la riforma non investe la quota già maturata), oppure se farlo confluire in fondi pensione privati.

«Il rischio – prosegue la segretaria della Cisl – è che molti lavoratori dirottino le quote annuali sui fondi speculativi che investono principalmente nelle grandi imprese, sottraendo ricchezza alla nostra città e alla nostra regione. Per ovviare a questa possibile fuga di liquidità e far sì che i soldi dei lavoratori siano investiti in attività locali, perché allora non istituire un fondo di distretto o almeno regionale, con l’accordo di tutte le parti sociali? I primi esperimenti di fondi di questo tipo hanno avuto infatti un successo inaspettato». L’appello che Melighetti lancia dalle pagine del nostro settimanale agli altri attori dell’economia di distretto e regionale è indubbiamente da tenere in considerazione. Come ci racconta, infatti, «ci sono già esempi di fondi regionali eccellenti. Il Fondo multicomparto Solidarietà Veneto, costituito dalla Cisl e dagli industriali locali, in tempi molto brevi ha raggiunto 20.000 aderenti tra lavoratori di varie categorie e sostiene di avere i costi di gestione tra i più bassi del mondo e di essere uno dei migliori dieci a livello nazionale in quanto a rendimenti».

La posta in gioco quindi è molto importante, come complesso è l’argomento in discussione. Ma la riforma, così come prevista da Maroni e dalla concertazione con le parti sociali, ha incontrato molte resistenze, già all’interno dello stesso Consiglio dei Ministri, per cui il suo futuro è estremamente incerto. «Lo scontro – racconta la segretaria della Cisl – è avvenuto sul favore riservato ai fondi pensione chiusi costituiti con l’accordo dei sindacati e delle aziende, rispetto ai fondi aperti e alle polizze individuali proposti dalle assicurazioni, che vorrebbero svincolarsi dai maggiori controlli proposti per i primi». La riforma è infatti vista con favore dai sindacati, e così anche dalla Cisl pratese, perché potrebbe essere di impulso allo sviluppo dei fondi pensione complementari negoziali. In particolare, si tratta di quelli nati mediante la concertazione e in certi casi promossi direttamente da accordi tra le parti datoriali e sindacali, per settore lavorativo o secondo un criterio territoriale, come quello che lo stesso sindacato propone ora di seguire anche in Toscana. Sembra infatti che la gestione del Tfr mediante i fondi complementari alla lunga sia più conveniente per il lavoratore e soprattutto il fatto che i fondi si costituiscano come associazioni riconosciute di diritto privato i cui soci sono gli stessi lavoratori e le imprese, rende questi soggetti partecipi della gestione della loro ricchezza.

«Noi insistiamo – conclude Melighetti – sulla necessità che tutti i fondi a cui affluiscono le quote del Tfr insieme agli altri contributi dei datori di lavoro e del dipendente debbano essere tutti assoggettati alle stesse norme e allo stesso ente di controllo, la Covip (Commissione di vigilanza sui fondi pensione). Questo ne dovrebbe assicurare una finalità integrativa della previdenza obbligatoria, in favore degli anziani di domani più che degli interessi speculativi della lobby delle assicurazioni, i cui fondi sono meno trasparenti, con costi di gestione più alti e con scarso coinvolgimento del lavoratore nella gestione dei propri soldi».