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La Cisl contro il caro-tariffe.

«I redditi da lavoro dipendente e da pensioni, con particolare riferimento alle fasce sociali più deboli, sono oggetto di una riduzione del potere di acquisto, a seguito della contrazione del rapporto tra il reddito di lavoro dipendente e di pensione e il costo della vita, costo sensibilmente aumentato nel corso degli anni». E’ quello che scrive Lorenzo Sichei, segretario provinciale della Cisl e responsabile del dipartimento fisco e tariffe. La sua è una riflessione contro il caro-tariffe che applicano gli enti locali. «E’ sempre più indispensabile agire sul territorio laddove i servizi vengono erogati, per quanto riguarda l’organizzazione dei servizi stessi e il fronte dei prezzi e delle tariffe – spiega Sichei – Agli enti locali, si chiede di andare verso una gestione associata dei servizi presenti nel territorio al fine di garantire servizi più corrispondenti alle esigenze del territorio e a costi minori». Altro capitolo spinoso è quello della tassazione locale. «Occorre verificare – afferma il segretario della Cisl provinciale – le condizioni di imposizione fiscali presenti nel territorio che troppo spesso sono veri e propri salassi per le famiglie. Occorre una politica fiscale e tariffaria che tenga presente la composizione del nucleo familiare- Per questo è importante che si tenga di conto dell’indicatore Isee tutte le volte che il cittadino viene chiamato a contribuire per un servizio pubblico». Dalla Cisl parte un invito ai comuni che si apprestano a mettere a punto i bilanci. «Agli enti locali, nell’approssimarsi dei bilanci per il 2008, chiediamo di non agire sull’aumento delle addizionali Irpef – sostiene Sichei – ma di razionalizzare i servizi, associare la loro gestione fra i vari enti, individuare risparmi che possano liberare risorse per alleggerire la pressione fiscale. A tal fine è auspicabile una vera e propria concertazione territoriale, in modo da salvaguardare il più possibile i redditi da lavoro dipendente e da pensioni e dare risposte concrete alle famiglie meno abbienti, anche attraverso l’ampliamento della fascia di esenzione».