Cinquecento fedeli sabato pomeriggio hanno gremito la Cattedrale di Pisa, affrontando il vento gelido pur di «esserci», per pregare uniti ai fratelli più sfortunati. Una testimonianza di quanto, nella nostra diocesi, sia molto sentita e partecipata la «Giornata mondiale del malato», per il ventesimo anno celebrata in tutta la Chiesa l’11 febbraio, giorno dedicato alla memoria liturgica della Madonna di Lourdes, nella ricorrenza della sua prima apparizione nella cittadina francese, avvenuta nel 1858. E quasi pareva di essere lì, davanti alla statua della Madonna che sovrasta la grotta, a fianco dei malati sulle carrozzine spinte dai volontari dell’Unitalsi con le inconfondibili «divise», tra le fiammelle dei flambeaux e i canti mariani, la recita del rosario e l’adorazione del Santissimo. Presenze, atmosfere e ritualità riversate nella celebrazione eucaristica solenne presieduta dall’arcivescovo di Pisa Giovanni Paolo Benotto.All’ingresso i fedeli sono stati accolti dai volontari dell’Unitalsi (Unione nazionale italiana trasporto ammalati a Lourdes e santuari internazionali, sottosezione di Pisa che ha organizzato e coordinato l’evento). Gli unitalsiani hanno distribuito i flambeaux, i cartoncini che ricordavano il tema della Giornata del Malato 2012, «Alzati e va, la tua fede ti ha salvato!» (dal Vangelo di Luca) e il «santino» con la preghiera, raffigurante «La guarigione del lebbroso». Davanti all’altare hanno preso posto i malati e gli anziani in carrozzella, una quindicina (meno degli altri anni, causa il freddo intenso di questi giorni), protetti dalle coperte azzurre dell’Unitalsi sulle ginocchia, in rappresentanza di istituti residenziali, ospedali, case famiglia e case di riposo cittadine e della provincia. Nei transetti sedevano i rappresentanti delle autorità civili e militari (tra i quali, rappresentanti dei comuni di Pisa, Buti, Calci, Vecchiano, della provincia di Pisa, ufficiali dei Carabinieri) e delle associazioni che hanno affiancato e collaborato attivamente con l’Unitalsi per la preparazione dell’evento: la consulta diocesana delle aggregazioni laicali, Misericordia, Croce rossa, Pubblica assistenza, Apici, gli scout dell’Agesci, Ordine di Malta, Cavalieri del S. Sepolcro, San Vincenzo de’ Paoli, Associazione volontari ospedalieri, Acos, Cappellanie ospedaliere, Cilla, Assofly, Movimento apostolico cechi, Carabinieri in congedo. I volontari si sono prodigati in numerosi servizi per rendere «speciale» questa giornata: trasporto degli ammalati, accoglienza e sistemazione dei partecipanti nei vari settori della cattedrale, servizi liturgici (letture, offertorio, questua, distribuzione eucaristica, processioni).Mentre la cattedrale si andava riempiendo, si recitava insieme il rosario guardando alla candida statua della Madonna, posta al lato dell’altare. Monsignor Stefano D’Atri, proposto del Duomo di Pietrasanta, ha guidato la partecipazione dei fedeli durante tutta la celebrazione, animata dal coro della cattedrale diretto dal maestro Riccardo Donati. Alcune immagini colte al volo: il seminarista Pasquale Marino, reduce da un intervento alla gamba di appena due giorni prima, è arrivato con le stampelle ed è stato salutato fraternamente dai compagni («questa è la mia giornata, non potevo certo mancare», ha confidato al cronista per poi immergersi nel raccoglimento e nella preghiera). I volontari che assistevano affettuosamente i malati, offrendo loro un bicchier d’acqua e un sorriso, rimboccando le coperte, mentre monsignor D’Atri girava tra le carrozzelle rivolgendo a ciascuno un saluto e una parola di conforto. Durante la celebrazione eucaristica, all’elevazione del pane e del vino sull’altare, un ufficiale carabiniere si è messo sull’attenti e così è rimasto fino al termine del rito. Una giovane volontaria si aggirava alla ricerca di un angolo visuale adatto per posizionare il computer portatile, dotato di telecamera, affinché un amico costretto in ospedale potesse «partecipare» pur a distanza.La Messa solenne si è aperta con la processione introitale con l’arcivescovo, i concelebranti (una trentina tra presbiteri, diaconi e seminaristi), i rappresentanti delle associazioni con gli stendardi. Dopo le letture (Isaia, lettera di San Giacomo Apostolo e Vangelo di Luca 17,19), l’omelia dell’Arcivescovo, incentrata sui temi della misericordia e della guarigione. «La malattia e la sofferenza – ha detto – cozzano con l’anelito alla gioia, alla serenità, alla pienezza di vita, che è anche integrità e salute, di corpo e di spirito. Un desiderio che corrisponde a quel progetto che l’amore di Dio ha sempre avuto per l’uomo, dispiegato per lui sin dalla creazione. Ma nel disegno di bene voluto da Dio, si intromette l’esperienza del peccato che rovina tutto, si mette di traverso sulla strada del Signore e fa inciampare l’uomo che crede di diventare immortale come Dio; come insinua il serpente ad Eva e ad Adamo, inducendoli a disobbedire alla legge del Creatore per seguire l’istinto». Un inganno: «Così, nei secoli e nelle generazioni, l’uomo sperimenta fragilità, sofferenza, malattia e morte; ma – ha sottolineato l’Arcivescovo – egli non va verso la distruzione, bensì verso la pienezza di vita testimoniata da Cristo risorto». Lui purifica i lebbrosi, invitati poi a presentarsi ai sacerdoti del tempio per farsi accertare l’avvenuta guarigione ed essere riammessi nella comunità, da cui erano stati banditi perché malati. Lui si interessa dell’uomo nella sua interezza: come il samaritano, l’unico che torna indietro per ringraziare Cristo guaritore, salvato dalla sua fede. «Il Signore – ha continuato Benotto – guarisce le piaghe del corpo e dell’anima (queste, a volte, le più infette), ossia tutto il nostro essere in corpo, anima e spirito. E se anche il corpo non guarisce, la guarigione dello spirito permette pienezza di vita e gioia interiore». Dunque, cura spirituale per tendere ad una guarigione integrale dell’uomo. Cura da conseguire grazie alla preghiera e al sacramento dell’unzione degli infermi che guarisce l’anima; ma anche all’offerta della sofferenza da unire a quella del Cristo piagato che ha patito per noi, e da cui trarre forza e aiuto, sperimentando il suo amore misericordioso. Ha anche rilevato monsignor Giovanni Benotto, «non sono i sani a dare dignità al malato, ogni persona ha dignità da sé». Poi l’Arcivescovo ha dedicato una preghiera a tutti i malati, agli operatori sanitari, ai volontari, a quanti si mettono a servizio degli altri, uniti in una sola famiglia, legati da amore fraterno da affiancare all’amore potente di Dio.Al termine della celebrazione eucaristica, monsingor Luciano Leonardi, vicario episcopale per la pastorale sanitaria, ha ringraziato le autorità presenti, le associazioni, i volontari e soprattutto i malati cui ha augurato fiducia e speranza. «Oggi non è solo una bella festa – da detto – ma l’inizio di un cammino di preghiera, con l’invito alle parrocchie a promuovere più e meglio la pastorale sanitaria nel territorio». Rivolgendo infine anche un appello accorato: c’è bisogno di volontari e di ministri straordinari dell’eucaristia da affiancare alle cappellanie, per visitare e sostenere malati e anziani soli.La celebrazione è proseguita con il momento di adorazione eucaristica davanti all’altare, poi l’Arcivescovo ha portato il Santissimo in processione attraversando ogni settore della cattedrale, accompagnato da rappresentati di Unitalsi, gli ordini cavallereschi di Malta e del Santo Sepolcro. Ha quindi impartito la solenne benedizione eucaristica, come a Lourdes: spente le luci, la cattedrale era illuminata solo dalle fiaccole, e tutti hanno cantato insieme l’inno alla Madonna. Non solo un momento suggestivo, ma di vera vicinanza ai fratelli malati.A celebrazione terminata, Maria Teresa Caputo, medico cardiologo dell’azienda ospedaliera pisana, dal 2010 presidente dell’Unitalsi pisana (di cui è assistente ecclesiastico don Francesco Bachi, vicerettore del seminario arcivescovile) può tirare un sospiro di sollievo, circondata dai componenti del consiglio: Miranda Casigliani vicepresidente, Giovanni Trombetta segretario, Roberto Marcheschi tesoriere e dai consiglieri Angela Di Pasquale e Enio Ghelardoni. «La nostra sezione conta un centinaio di volontari – spiega la presidente Caputo. Il loro impegno non si limita al servizio durante i pellegrinaggi (Fatima, Terra Santa, Loreto, Lourdes e Polonia) ma si estende alla vicinanza quotidiana ai malati, agli anziani soli e ai disabili che vivono nella nostra casa Cassiopea (assistiti da tre operatori socio-sanitari, un educatore professionale e due collaboratrici): organizzando per loro momenti di preghiera, ma anche attività ricreative e culturali, in allegria e fraternità, operando di concerto e in condivisione con la consulta delle aggregazioni laicali». Uniti si è più forti, e il numero dei volontari cresce ogni anno.