Firenze

La Chiesa nella pandemia: testimoni di misericordia verso l’umanità ferita. Lettera del cardinale Betori ai sacerdoti

Un periodo di tensioni, in cui non è stato facile «trovare la strada maestra della responsabilità». Chi si è lamentato con i vescovi per aver accettato le disposizioni dello Stato, chi viceversa ha accusato la Chiesa di scarsa attenzione verso la salute della gente. In tutto questo, resta la consapevolezza di essersi lasciati guidare dalla volontà di servire il popolo: «Devo esprimervi la mia gratitudine – scrive quindi l’arcivescovo di Firenze – per come avete vissuto questi giorni in spirito di comunione, anche quando le richieste da parte mia e dei miei collaboratori si sono fatte puntuali, accrescendo il vostro lavoro». Generosità e prudenza, adesso devono guidare anche «nelle scelte che facciamo circa le attività estive con i ragazzi, come pure per la ripresa di manifestazioni della devozione popolare quali le processioni».Accanto alle questioni, la lettera pone anche quelle sociali e culturali: «Un aspetto del cambiamento in atto lo abbiamo toccato con mano nella crescita della povertà a cui si è cercato di dare risposte nuove e più estese. Vi ringrazio per l’impegno profuso sul fronte caritativo in questi mesi. Prepariamoci a interventi altrettanto se non più rilevanti nell’immediato futuro».Accanto a questo, c’è anche una preoccupante crisi culturale: «dovremo fare i conti con uomini e donne che, privati dei loro riferimenti comportamentali abituali, potrebbero anche andare totalmente alla deriva, se non saranno aiutati a riportarsi alle radici ultime dell’umano, che vengono a riemergere a causa del ritorno sociale della morte e della riscoperta della necessità della cura dell’altro». Questo, concludeBetori, «cambia totalmente l’orizzonte dell’annuncio della fede, fino a ieri chiamato a confrontarsi con la hybris dell’uomo che pensava di non aver bisogno di Dio e degli altri; la nostra parola e testimonianza ora dovrà invece assumere il volto mite della misericordia verso l’umanità ferita».