Italia

La Chiesa e l’Expo 2015: dietro il padiglione l’impegno a combattere la fame

«Oggi in Italia oltre 4 milioni di persone (di cui il 70% cittadini italiani) sono sotto la soglia della povertà alimentare e il numero degli indigenti alimentari è in continuo aumento. Queste persone vengono sostenute nei loro bisogni primari da quasi 15mila strutture caritative territoriali che attraverso i pacchi alimentari, le mense o altre forme d’intervento più innovative offrono aiuto a chi ne ha bisogno». Monsignor Domenico Pompili, sottosegretario della Cei, è partito da questo dato – oggi in sala stampa vaticana, nella conferenza di presentazione del Padiglione della Santa Sede a Expo 2015 – per illustrare «quello che le Chiese che sono in Italia già fanno per garantire alimentazione a chi ne è privo».

«La partecipazione della Cei ad Expo 2015 accanto alla Santa Sede e alla diocesi ambrosiana – ha sottolineato – esprime un impegno che va oltre il tempo della prossima Esposizione universale di Milano». Il Padiglione della Santa Sede all’Expo è promosso, realizzato e gestito in collaborazione dal Pontificio Consiglio della cultura (espressione della Santa Sede), dalla Conferenza episcopale italiana, dalla diocesi di Milano, con il contributo del Pontificio Consiglio «Cor Unum». L’Università Cattolica del Sacro Cuore e l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù sono i partner scientifici.

La «rete» della Chiesa italiana. La Caritas di Savona – ha reso noto Pompili facendo alcuni esempi «sul campo» – propone corsi di cucina e gestione della spesa, quella di Caltagirone organizza giornate di sensibilizzazione e raccolta di generi alimentari davanti ai supermarket, come pure altre esperienze in varie diocesi relative all’avvio di orti solidali. La Caritas di Vercelli s’impegna a recuperare i pasti in disavanzo dalle strutture Asl per distribuirli poi agli ospiti dei dormitori. Ad Avezzano, attraverso il progetto «Lo spreco utile», i prodotti prossimi alla scadenza della catena Coop vengono devoluti alle famiglie più svantaggiate o utilizzati nella mensa socio-assistenziale locale. Nella diocesi di Rieti, ogni giorno si raccolgono i prodotti avanzati da pizzerie e panifici del centro cittadino per distribuirle ai poveri. Ad Arezzo vengono organizzate raccolte di prodotti alimentari in scadenza presso alcune catene di supermercati, a Catanzaro la Caritas paga l’affitto per il capannone utilizzato dalla Fondazione Banco Alimentare per conservare e distribuire il cibo raccolto.

Le risposte dei Centri di ascolto. Le richieste, da parte di italiani e stranieri ai Centri di ascolto Caritas, si riferiscono soprattutto a beni e servizi materiali, e «da sole rappresentano il 73% del totale«: percentuale, quella relativa al 2014, «in crescita» rispetto al 2013, in cui già il 50% degli interventi era rivolto a questo genere di bisogno. «Circa due terzi degli interventi inerenti beni e servizi primari avevano riguardato l’ambito alimentare», ha reso noto il portavoce della Cei. Considerato, inoltre, il ritardato avvio del Programma europeo relativo alla fornitura di beni essenziali agli indigenti (Feamd), Caritas italiana – grazie al sostegno della Cei che ad essa destina una parte significativa dei fondi dell’8×1000 – ha attivato nel 2013 un canale di finanziamento ulteriore relativo al rimborso di spese per l’acquisto di beni alimentari in favore di persone e famiglie. Rispetto a quest’ultimo filone, sono arrivate a Caritas italiana solo tra giugno e dicembre 2013 più di 150 richieste di rimborso (pari al 70% delle Caritas diocesane) per circa 6 milioni di euro.

1.148 iniziative «anticrisi» nelle diocesi. «In Italia l’azione ecclesiale contro la fame si esplica anche attraverso e nell’ambito delle 1.148 iniziative anticrisi avviate nelle diocesi», ha ricordato il sottosegretario della Cei. Dal 2010 ad oggi le iniziative diocesane risultano pressoché raddoppiate (+99,0%): «Poiché alcuni costi sono difficilmente comprimibili – le bollette, l’affitto, le rate di un debito o di un mutuo – per far quadrare le spese si taglia laddove, pur con sofferenza, si può tagliare: istruzione, salute e, appunto, cibo».

Il Padiglione della Santa Sede all’Expo «è in dirittura d’arrivo». Ad assicurarlo, rispondendo alle domande dei giornalisti, è stato il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della cultura e commissario generale della Santa Sede per Expo 2015, intervistato in anteprima dal Sir quasi due mesi fa (clicca qui). «Il significato della presenza della Santa Sede all’Expo – ha detto il cardinale rifedendosi al tema, ‘Non di solo pane’ – vuole essere anche simbolico: non si tratta soltanto di un padiglione accanto ad altri padiglioni di altri Stati, ma di una presenza d’eccezione: non per la grandezza del padiglione – lo spazio interno è di circa 300 metri quadri – ma perché la Santa Sede non promuove nessuna iniziativa o prodotto di tipo commerciale».

Quanto ai costi, il card. Ravasi ha reso noto che ammontano in totale a 3 milioni di euro. «Un grande spettacolo», la sera del 18 maggio, una festa speciale per il Corpus Domini a giugno e la celebrazione della Giornata del creato per le vie della città, a settembre: queste, in sintesi, le iniziative organizzate per Expo dalla Chiesa ambrosiana. Ad illustrarle è stato monsignor Luca Bressan, vicario per la cultura dell’arcidiocesi di Milano. L’Ospedale pediatrico Bambino Gesù – ha annunciato la presidente, Mariella Enoc – è presente con un portale dedicato al rapporto tra cibo, gusto, salute e malattia e una serie di convegni per raccontare «Il pasto che educa e che cura, dalla parte dei bambini». Con «ExpoLab», l’Università Cattolica del Sacro Cuore promuove progetti scientifici e iniziative culturali sulle tematiche di Expo: circa 200 i docenti coinvolti.