Vita Chiesa
La Chiesa e le coppie irregolari
«È vero, si nota spesso una notevole disinformazione e talvolta anche ignoranza» conferma mons. Marco Pierazzi, parroco della diocesi di Fiesole, esperto di diritto canonico e giudice al Tribunale ecclesiastico regionale. «Credo – prosegue – che questo accada perché le nostre convinzioni le formiamo superficialmente secondo ciò che è riportato da qualche giornale, rivista o dibattito televisivo. Se pretendiamo di riferire o contestare le idee e le disposizioni della Chiesa è necessario almeno provare a conoscerle». Vediamo, allora, di conoscere meglio queste disposizioni.
Quali sono i casi in cui le persone non sono ammesse ai sacramenti?
«Il documento più recente che riafferma l’insegnamento e l’atteggiamento della Chiesa sulla pastorale familiare in Italia è il Direttorio del 1993. Solo i divorziati risposati – coloro che dopo un matrimonio religioso ricorrono al divorzio e poi celebrano un matrimonio civile – non possono essere ammessi ai sacramenti. Questo divieto nasce dalla convinzione che la nuova unione è in contrasto con l’insegnamento del Vangelo che esige, per i battezzati, un matrimonio unico e indissolubile. Non sono ammessi ai sacramenti neanche i conviventi e coloro che hanno celebrato il matrimonio con il solo rito civile. Qualche tempo fa queste scelte denotavano avversione nei confronti della Chiesa e del suo insegnamento. Oggi, forse, sono più spesso determinate dalla superficialità con la quale vengono vissute le relazioni affettive e dalla paura di dover fare scelte definitive; spesso, queste scelte, sono viste come una prova in vista di un eventuale matrimonio. Non c’è dubbio però che tutto ciò contrasta con quell’amore eterno e fedele del Signore Gesù, – modello di ogni amore umano – che richiede il dono totale di sé all’altro».
Le persone separate, o divorziate, se non danno vita a una nuova unione possono quindi fare la comunione?
«Normalmente le persone separate e divorziate che non hanno instaurato una nuova relazione affettiva stabile possono ricevere i sacramenti come tutti gli altri fedeli. Ci possono essere alcuni casi molto particolari anche fra i divorziati risposati valutandoli attentamente e tenendo conto dell’età, della condizione di salute, delle necessità dei figli, dell’atteggiamento verso il nuovo partner e stando bene attenti a evitare lo scandalo fra i fedeli, evitando cioè l’impressione di fare preferenze fra le persone».
Si può dire che chi vive in situazioni irregolari è «fuori» dalla Chiesa?
«Assolutamente no! Nella Chiesa veniamo incorporati con il Battesimo e quindi l’unico modo per esserne fuori è rinnegare volontariamente questo dono ricevuto. Non si deve dimenticare poi che i sacramenti non sono l’unico mezzo di comunione con la Chiesa e l’unica garanzia della fede nel Signore Gesù. Queste persone – come tutti i fedeli – sono invitare a continuare a nutrire la loro fede attraverso la preghiera quotidiana, la lettura della Parola di Dio, e a manifestarla impegnandosi nell’educazione dei figli e rendendosi disponibili per opere di carità e di servizio nella Chiesa e nella società».
Chi non può fare la comunione, quando muore riceve comunque un funerale cristiano?
«Anche in questo caso non ci sono dubbi perché il funerale cristiano è prima di tutto un ringraziamento per il dono della vita e del Battesimo e una preghiera alla misericordia di Dio per il defunto; è inoltre – da parte dei presenti – una professione di fede nel Signore Risorto oltre che una richiesta di consolazione per tutti i familiari. Si tratterà di preparare bene la celebrazione avendo rispetto del ricordo e dei sentimenti di tutti i fedeli. Chiaramente non potranno essere celebrate le esequie cristiane di chi le avesse espressamente rifiutate attraverso qualche manifestazione certa della sua volontà».
Insieme alle indicazioni normative, la Chiesa offre anche indicazioni pastorali per l’accoglienza e l’accompagnamento per le coppie irregolari?
«Il Direttorio del 1993 è una sintesi teologica, giuridica e pastorale della concezione cristiana delle nozze: è un riferimento interessante per capire come accompagnare la crescita e la maturazione affettiva dei giovani e le scelte dei fidanzati come pure aiutare gli sposi ad impostare la propria vita di coppia. All’interno di questo progetto globale, il documento definisce l’atteggiamento della Chiesa e il comportamento dei cristiani nei confronti delle famiglie in situazioni difficili e particolari. In questi ultimi anni si sono moltiplicate associazioni ed esperienze che promuovono la preghiera, l’incontro, la collaborazione ed anche itinerari di fede per coloro che si trovano in queste situazioni».
Quale può essere in questo senso il ruolo delle famiglie e dei laici cristiani?
«La comunità cristiana si deve mostrare accogliente, rispettosa e misericordiosa evitando il rischio di giudicare scelte e comportamenti di chi ha sperimentato il fallimento di una scelta precedente. Al tempo stesso deve essere evitato il rischio del relativismo quasi che ogni soluzione – per un cristiano – sia indifferente ed equivalente; per questo devono essere presentate sempre con chiarezza le esigenze del Vangelo, della fede e le disposizioni della Chiesa. Certamente per tutti i fedeli, poi, c’è il dovere della prevenzione: dobbiamo sentirci impegnati a vivere con fedeltà e amore il nostro battesimo e la nostra specifica vocazione nella Chiesa e nella società per incoraggiare tutti a superare, – con l’aiuto dei fratelli e della Grazia di Dio – le difficoltà e gli ostacoli che inevitabilmente possono nascere nel cammino della vita».
La scelta, fortemente voluta dal vescovo di Pistoia, Simone Scatizzi, è quanto mai attuale. È nata una vera pastorale, animata da quattro coppie adeguatamente formate per poter affrontare le tematiche più disparate legate alle famiglie allargate, a quanti vivono il divorzio e non vogliono per questo rinunciare a rimanere nella Chiesa. Il primo incontro avvenne nel maggio 2002, a villa Rospigliosi, al quale presero parte circa sessanta persone. «Da allora il numero dei partecipanti si è attestato attorno alla cinquantina – spiega Franca Sardi che insieme al marito Guido è una delle animatrici della pastorale per le coppie irregolari – Così ci proponiamo per conoscere e capire le esigenze di questi fratelli, che spesso si trovano in difficoltà per mancanza di chiarezza nel caso in cui si volessero riaccostare o accostare all’attività della Chiesa».
«In genere iniziamo con una breve introduzione del vescovo, poi i partecipanti vengono suddivisi in quattro gruppi. Nei piccoli gruppi ciascuno può esprimere meglio la propria situazione personale, affrontare tematiche che poi vengono riportate nel dibattito finale. A questo punto sta al vescovo dare approfondimenti e indicazioni adeguate perché le esigenze della vita si possano conciliare con quelle del Vangelo». Ogni serata ha un suo tema specifico: la prossima è prevista per il 19 marzo e chi desidera partecipare lo può fare telefonando qualche giorno prima allo 0573-400216 (Franca e Guido Sardi). Intanto, la sensibilizzazione su questa realtà, prosegue anche in forma più capillare. «Insieme al gruppo abbiamo iniziato a prendere contatti con le parrocchie della Diocesi perchè l’apertura a questi fratelli in difficoltà possa diventare un atteggiamento comune nella Chiesa pistoiese».