I mille anni di storia de «La chiesa di Sant’Agata in Fratta» raccontati dal nostro amico e collaboratore Ivan Landi. Il libro, pubblicato dall’editore Calosci di Cortona, verrà presentato alla biblioteca di Camucia sabato 24 aprile, alle 17, con gli interventi di Sergio Angori e di Giulio Briganti.La chiesa di Sant’Agata non ha particolari pregi artistici o architettonici. Perché allora un libro? «Perché ogni pietra che la compone scrive Sabrina Ponticelli nella presentazione trasuda un forte radicamento alla tradizione contadina, al lavoro dei campi, a sapori e odori genuini, a persone operose, instancabili e profondamente generose». Il libro nasce, quindi, dall’attaccamento dell’autore ai luoghi della sua infanzia che lo ha portato a «ripercorrere il cammino evolutivo di una piccola comunità descrivendone il luogo sicuramente più carismatico e significativo, la sua chiesa».Tutto ha origine quasi per caso, dal restauro, avvenuto nell’agosto 1998, di una prima edicola dedicata ai Sette Dolori della Madonna sulla strada provinciale che collega Cortona a Foiano; quindi dal restauro di una seconda edicola, quella di Pontalto, andata distrutta per cause fortuite. Nelle vicinanze di queste edicole, spiega l’autore, fu edificata intorno al mille una chiesetta povera e semplicissima, priva di campanile e senza finestre, in perfetta sintonia con l’ambiente e il tenore di vita che si teneva in quel tempo. Il luogo era ed è nominato «La Fratta», toponimo che ha dato luogo a varie interpretazioni: «Fracta comitum», cioè Fratta dei Conti sembra l’ipotesi più valida. Della chiesetta, dedicata alla martire siracusana Sant’Agata, si fa cenno in vari registri delle visite pastorali, conservati nell’archivio della diocesi di Cortona, un patrimonio storico di inestimabile valore che ci offre uno spaccato della realtà sociale e religiosa cortonese di oltre sette secoli. La prima visita pastorale risale al 1325, anno in cui fu eretta la diocesi di Cortona per volontà di Giovanni XXII. Lo scrivano, annota Landi, non ha molto da descrivere se non che la chiesetta è senza finestre, umida, con scarsissimi paramenti sacri e pochissimi oggetti indispensabili. La situazione presentata non è certo migliore nelle visite pastorali dei secoli seguenti. È necessario arrivare alla visita del 1579 per sapere dal breve verbale redatto dal segretario che il vescovo trova che è tutto in ordine. Ma già nel 1586 il vescovo ascolta le lagnanze della popolazione che non può frequentare la chiesa perché invasa dalle acque per tre o quattro mesi ogni anno. Arriviamo così alla metà del 1700 che segna il definitivo abbandono e la scomparsa della chiesetta. Abbiamo fatto un grosso passo in avanti, annota Landi, senza trovare alcuno scritto e questo purtroppo ci rende manchevoli proprio nel periodo cruciale nel quale la chiesa «fu trasferita», se così di può dire, nella zona dove si trova attualmente.Incomincia così la seconda fase della vita della chiesa di Sant’Agata. Da questi anni tutte le notizie fanno riferimento alla costruzione della nuova chiesa, non lontana dal luogo dove era stata edificata la prima, ma in luogo più sano e praticabile. La costruzione della nuova chiesa si può far risalire all’anno 1759: la data è confermata da vari autori che hanno studiato e valutato lo stile e visionato il tipo di muratura e l’usura dei materiali.C’è da pensare, sostiene l’autore, che con carri tirati da buoi o da altri animali, con mezzi rudimentali di trasporto, gli abitanti della Fratta abbiano trasportato dalla vecchia chiesetta abbandonata le pietre più imponenti, le pietre angolari, che, dopo settecento anni, continuassero a far vivere, come un’ininterrotta testimonianza di fede, la chiesetta primitiva, inserendola nella storia della nuova costruzione, quella che possiamo osservare ai nostri giorni. Il resto è storia che molti degli anziani della Fratta hanno vissuto e che possono raccontare.A questo punto Landi si sofferma a delineare alcune figure degli ultimi parroci, da don David Calbini, caratteristico e irripetibile sacerdote di campagna ma dotato di un grande amore per la sua comunità della Fratta, fino all’attuale rettore della parrocchia, don Fulgenzio Lazzeri, sacerdote generoso e disponibile verso tutti, specialmente verso i più bisognosi e i più deboli, presente e operoso pastore alla Fratta dal 2 febbraio 1960.L’opera si raccomanda anche per le belle foto di Santi Cosci e di Rino Mancioppi, oltre che per altre interessanti notizie sulla composizione e sulla funzione del Consiglio pastorale parrocchiale e del Circolo culturale-ricreativo «Burcinella». «Non va dimenticato conclude l’autore che la Fratta oggi risponde alle esigenze di un moderno paese, ospitando un ospedale di primo livello».di Benito Chiarabolli