Arezzo - Cortona - Sansepolcro

La Chiesa di Arezzo si apre alla speranza.

Speranza che viene dalla contemplazione di Cristo, che vede nell’altro un’icona di Dio, che si traduce in una politica che non è ideologia, che necessita di un’identità forte, che esige silenzio e non celebrazioni in cui prevale il protagonismo, che va di pari passo con una paternità spirituale a cui tutti sono chiamati, che ha bisogno di pudore, che nasce dalla famiglia in cui si sperimenta la vita di coppia, che valorizza la relazione come antidoto all’individualismo.Se l’obiettivo dell’assemblea diocesana di sabato scorso era quello di declinare la speranza nel quotidiano, don Bruno Fasani lo ha fatto nel migliore dei modi. Giornalista e direttore del settimanale «Verona Fedele», ha guidato l’edizione 2006 dell’assemblea che è stata dedicata al Convegno ecclesiale di Verona. «Abitati dalla speranza, per annunciare Cristo, salvezza dell’uomo» è stato il tema mutuato dal grande appuntamento di ottobre della Chiesa italiana che ha fatto da filo conduttore all’incontro nella basilica di San Domenico ad Arezzo cui hanno partecipato più di cinquecento persone fra sacerdoti, religiosi, religiose, delegati delle parrocchie, rappresentanti dei movimenti, delle associazioni e dei gruppi ecclesiali.Il Vescovo, monsignor Gualtiero Bassetti, lo ha definito un momento di «confronto per costruire il volto della Chiesa che si china sull’uomo ferito di oggi» e che «più che giudicare preferisce indossare il grembiule del servizio secondo la pedagogia del Buon Samaritano». L’appuntamento dello scorso fine settimana è stato una delle tappe di avvicinamento a Verona. L’altra era stata l’evento nazionale sulla cittadinanza ospitato nell’aretino su indicazione della Cei. «E’ ancora viva l’eco delle “Piazze di maggio” – ha ricordato il Vescovo – che hanno coinvolto più di 10mila persone e che hanno permesso di cogliere i semi di speranza presenti nella società». Con l’assemblea l’attenzione si è spostata sul vissuto ecclesiale.Un vissuto che deve fare i conti con lo sconforto dell’uomo contemporaneo, ha esordito don Fasani. Ecco perché c’è bisogno di annunciare la speranza. Un compito che spetta al cristiano. Per due ragioni. La prima è che «il cristiano ha fiducia in Cristo», ha detto il sacerdote. Ma davanti al Signore «occorre tornare ad essere contemplativi». «Oggi la partecipazione alla Messa è vista come un dazio, perché manca lo stupore che deriva dalla contemplazione». La seconda ragione è legata alla responsabilità. «L’amore evangelico non è un’evasione di matrice buddista, ma una forza centrifuga», ha spiegato don Fasani. E il cristiano deve farsi apostolo. Guardando alla «creatura come immagine di Dio». «Oggi – ha sostenuto il sacerdote-giornalista – si assiste ad una perdita della fede che non ha grandi modifiche esistenziali, ma avrà effetti sul lungo periodo». Infatti, secondo il sacerdote, «la soppressione di Dio si tradurrà nella soppressione di una visione dell’uomo». E, ha avvertito don Fasani, «per comprendere l’amore di Dio si deve valutare l’amore per l’uomo».La centralità dell’uomo non può essere dimenticata dalla politica. «Serve una politica più attenta alle fragilità». Ma occorre anche un’educazione morale. «La morale viene prima della politica – ha precisato il relatore – E quando la politica decide la morale, diventa ideologia».Altro tema toccato è stato quello dell’identità. «Ormai si stanno annullando le differenze», ha detto don Fasani. Un cambiamento che sembra favorire l’incontro. Nulla di più ingannevole. «Il confronto avviene conservando le proprie peculiarità e il pluralismo è dialogo delle differenze». Da qui l’importanza della tradizione che «è fissazione dell’identità». «Purtroppo il cristiano di oggi ha pudore a farsi il segno della croce in pubblico – ha notato il direttore di “Verona Fedele” – Ma il coraggio dell’identità semina speranza». Poi lo sguardo si è spostato sulla celebrazione. «Va riscoperto il silenzio», ha affermato don Fasani. E va detto basta a un «certo protagonismo liturgico». Il che non vuol dire ridurre il ruolo del laicato. Anzi. «La paternità spirituale non è propria di chi ha un abito talare, ma di chi ha la forza di generare la fede».Infine, una carrellata su affettività e famiglia. «Va recuperato il senso del pudore – ha detto il sacerdote – Non siamo solo fisicità anche se oggi domina un neo-platonismo che esalta il corpo». Pudore che è anche pudore spirituale. «I mass media trasmettono l’idea che esistano soltanto opinioni e non più verità. E la credibilità dell’opinione è data dalla simpatia che il personaggio sa generare». Da sottolineare anche che oggi si sta affermato una concezione privatistica della famiglia. «Si può fare ciò che si vuole fare le mura domestiche». Un’idea che va di pari passo con un individualismo familiare che si traduce nel diritto alla felicità soggettiva. Invece, ha spiegato don Fasani, va riscoperta la relazione. «Relazione di coppia che è il miracolo della famiglia», ha sottolineato il sacerdote. E «relazione da trasmettere ai figli che sono come un pugno chiuso che devono trasformarsi in una mano aperta ai fratelli e al mondo».di Giacomo Gambassi