Vescovi Toscani

La Cet in difesa della famiglia

La Commissione regionale Famiglia e Vita della Conferenza Episcopale Toscana ha approvato un documento in difesa della famiglia fondata sul matrimonio, che non va confusa con altre forme di convivenza. Pubblichiamo il testo integrale della nota.

In riferimento alla situazione della famiglia, la Commissione regionale Famiglia e Vita della Conferenza Episcopale Toscana fa alcune considerazioni e presenta alcune istanze.

1. La famiglia in Toscana è ancora abbastanza stabile, anche se stanno aumentando lentamente e costantemente fragilità e debolezza strutturali. Infatti diminuisce il numero dei figli, aumenta l’instabilità coniugale, diminuisce il tasso di nuzialità. Queste tendenze dipendono non solo dall’andamento dell’economia familiare, quanto prevalentemente dalla cultura e dalla mentalità corrente.

2. Nella nostra Regione la tenuta della famiglia è determinata da valori umani e cristiani ancora forti in alcuni strati della nostra popolazione. Essi sono: matrimonio e famiglia, tappe importanti e riorganizzatrici della vita; coniugalità abbastanza armonizzata con la genitorialità: «vera» famiglia si diventa col matrimonio, genitori con la nascita del figlio; la famiglia come risorsa principale per costruirsi la propria identità e luogo fondamentale per trovare riconoscimento e realizzazione piena di se stessi; la famiglia, primo sostegno affettivo, è ambito naturale dove si educa e si sperimentano il dono, la solidarietà, le responsabilità; la casa, bene sociale indispensabile per formare la comunità familiare.

3. Le parrocchie delle diocesi toscane cercano di valorizzare la famiglia fondata sul matrimonio/sacramento sui tre pilastri del Progetto di Dio sulla famiglia: l’indissolubilità – cioè costituirsi famiglia «per sempre» con un legame senza condizioni e senza limiti di tempo; l’apertura alla fecondità – cioè servire la vita, aver figli, educarli e amarli, al tempo stesso apertura alle necessità di altre persone; il coinvolgimento totale dei coniugi nella fedeltà reciproca. Il Progetto di Dio sul matrimonio e sulla famiglia viene proposto ed è conosciuto dai fedeli che frequentano la Chiesa.

4. Conoscere un progetto non significa automaticamente accettarlo e viverlo. Occorre un supplemento di impegno da parte dei fedeli assidui alla Chiesa, perché il Progetto di Dio sul matrimonio e sulla famiglia venga vissuto con gioia, testimoniato con entusiasmo e insegnato con l’esempio alle nuove generazioni. L’ambiente socio-culturale odierno non favorisce l’accoglimento dei valori antropologici e cristiani dell’amore come dono e progettualità che coinvolge volontà e razionalità oltre ad emozioni /sentimenti. Non favorisce l’accoglimento della sessualità come espressione/linguaggio dell’amore. Vengono trascurati e spesso banalizzati, i cardini indispensabili della vita matrimoniale e familiare: la stabilità, la fedeltà e la generatività.

5. La Chiesa auspica che tutte le agenzie educative e le istituzioni civili – nel rispetto dei diritti e dei ritmi maturativi di ogni singola persona – promuovano e tutelino la famiglia fondata sul matrimonio, chiede che non venga istituzionalizzata la provvisorietà dell’esperienza affettiva e delle libere unioni, come avverrebbe col riconoscimento giuridico delle convivenze, impropriamente definite «famiglie di fatto». La Chiesa considera la famiglia nuova definitiva «entità» e non una «fase» del ciclo di vita individuale, in cui un certo numero di persone si trovano – per un periodo di tempo – a «stare insieme».

Nel Catechismo della Chiesa cattolica viene dichiarato: «Un uomo e una donna uniti in matrimonio, formano insieme con i loro figli una famiglia. Questa istituzione precede qualsiasi riconoscimento da parte delle pubbliche autorità, si impone da sé» (n.2202). Nell’ordinamento giuridico italiano la convivenza non ha alcuna rilevanza giuridica, come rapporto in sé considerato. La Costituzione della Repubblica Italiana, all’art. 29, primo comma, sancisce: «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio».

La stessa Corte Costituzionale in numerose pronunce ha ritenuto «inscindibile» l’espressione usata dal legislatore costituente, cosicché la locuzione «famiglia come società naturale» non può essere separata da quella successiva «fondata sul matrimonio». La conseguenza è che, nell’ordinamento giuridico italiano, solo con l’atto di matrimonio può costituirsi una famiglia «legittima», appunto, in virtù della conformità al dettato costituzionale.In considerazione della mancanza dell’atto di matrimonio nella «famiglia di fatto», così come impropriamente definita, meglio dire convivenza, non è possibile applicare in via analogica la disciplina dettata per la famiglia legittima, che è fondamento e fattore di stabilità per l’intera società.

In definitiva, peraltro, quel che viene in rilievo, in una convivenza, è l’autonomia delle parti, diretta espressione della libera volontà della coppia di non legarsi attraverso il vincolo matrimoniale, sia religioso che civile o soltanto civile.

6. La Commissione regionale Famiglia e Vita auspica che dalla Regione Toscana venga valorizzato il dettato costituzionale che riconosce e tutela la famiglia, escludendo il riconoscimento di qualsiasi forma di «vita insieme». Tuttavia ciò non significa che non debbano trovare piena tutela gli interessi essenziali della singola persona.La Commissione fa proprie le preoccupazioni dell’Episcopato italiano espresse autorevolmente dal Segretario generale della Cei Mons. Giuseppe Betori, su questi temi delicatissimi che vanno a toccare natura, fondamento e ruolo della famiglia: «Eventuali soluzioni legislative volte ad affermare e a promuovere una equiparazione fra la famiglia legittima e le diverse forme di convivenza, ovvero il riconoscimento e la tutela di queste ultime, risultano infondate e non possono essere condivise. Occorre riaffermare che si tratta di situazioni non assimilabili, radicalmente diverse rispetto alla famiglia fondata sul matrimonio. Per questo non può che destare gravi preoccupazioni e fondate riserve il tentativo di introdurre surrettiziamente – attraverso alcuni statuti regionali – forme di indebita equiparazione». (Intervista su «Avvenire», 31/7/04, p. 9).Commissione regionale Famiglia e vitadella Conferenza episcopale toscana