La Bibbia, tesoro per i catechisti.L’Anno paolino, che la Chiesa celebra e vive in questo 2009, è un’occasione importante per focalizzare l’attenzione sul grande tesoro, che è per noi cristiani e in particolare per i catechisti, la Parola di Dio. Saulo, da acerrimo nemico e persecutore dei seguaci di Gesù Cristo quale era, divenne l’apostolo delle genti, colui che portò la Parola di Dio ai pagani, proprio grazie all’incontro con Gesù Risorto e alla sua parola.Così il servizio della catechesi si fonda e allo stesso tempo si nutre costantemente della Parola. Molte sono le domande che oggi con sempre maggiore urgenza il catechista si pone sui metodi e le forme più idonee per portare l’annuncio, ma certamente ogni catechista sa che il servizio a cui è chiamato nasce e trova il suo essere solo nell’incontro personale che ognuno ha avuto e continua ad avere con la parola di Dio. È dall’esperienza di Chiesa, intesa proprio come comunità di coloro che credono nel Verbo fatto carne, che nasce e si fortifica la fede.In questo contesto è chiaro che la conoscenza delle Sacre Scritture è una caratteristica imprescindibile del catechista. Il Sinodo dei vescovi ha bene evidenziato come la Parola di Dio sia destinata ad essere portata per le strade del mondo, è là che va ad incontrare uomini e donne che aspettano l’annuncio di salvezza, ed è sulle strade dei nostri giovani, ragazzi e bambini con le loro famiglie, che i catechisti sono chiamati a farsi compagni di strada e ad annunciare.Molti incontri che l’Ufficio catechistico diocesano, diretto da don Francesco Sensini, ha tenuto nella varie parrocchie, vicariati e zone pastorali, in questo anno, hanno avuto come tema la Bibbia e la sua narrazione. In particolare sono due i corsi che hanno suscitato maggior interesse. Il primo ha avuto come titolo «La Bibbia, libro della catechesi e della vita cristiana»: l’altro ha avuto come filo conduttore il tema «Raccontami una storia: la narrazione come metodo per comunicare la fede».Nel corso sulla Bibbia si è cercato di trovare risposte ad alcune domande ricorrente fra i catechisti. In particolare si è concentrato l’attenzione sui problemi che incontriamo quando leggiamo la Bibbia personalmente o in gruppo, sul modo con cui la la Parola di Dio può influenzare significativamente il cammino di fede, sul volto di Dio che è possibile cogliere dalla Bibbia e sulle difficoltà di linguaggio e di comprensione di certi passi della Bibbia.Il corso sulla narrazione ha riportato ognuno alla consapevolezza di quanto sia bello ed efficace trasmettere la fede attraverso il racconto delle opere meravigliose di Dio. L’esperienza che è stata portata avanti dall’Ufficio catechistico diocesano è stata particolarmente positiva e coinvolgente, non solo dal punto di vista della formazione, ma anche – ed è particolarmente importante sottolinearlo – dal punto di vista relazionale. Con il susseguirsi degli incontri, infatti, si è venuta creando una relazione di comunione e di condivisione tra tutti i partecipanti. A poco a poco, sono emerse le problematiche, le difficoltà e anche le gioie che i catechisti incontrano nel loro servizio. Le piccole e grandi esperienze, le conoscenze, le capacità di ognuno hanno fatto da collante e da substrato per fare insieme dei grandi passi in avanti nella formazione. Ogni gruppo è stato, per chi ha tenuto gli incontri, occasione di una vera e profonda esperienza di Chiesa, grazie alla testimonianza di servizio, di dedizione e di amore che ha visto nei catechisti, dai più giovani ai più anziani.Ringraziamo della loro collaborazione e disponibilità a mettersi in gioco tutti i parroci, i catechisti e le catechiste di Saione, del vicariato di Battifolle, Ponticino, Marciano, Bibbiena Propositura, Cortona, Ponte a Poppi, Rivaio, San Marco, Pieve al Toppo, Anghiari ed infine le insegnanti di religione della Valdichiana. di Isa CiniNarrare la Scrittura: una nuova via per evangelizzareQuello della narrazione è un tema molto promettente per la catechesi. Non si tratta solo di una strategia per catturare l’attenzione: attraverso la narrazione, infatti, si può evocare un evento che coinvolge chi narra e chi ascolta, sviluppando una sorta di contemporaneità. Essa permette di sentirsi parte di una storia, proprio come accade a Israele, nel momento in cui i padri raccontano ai figli il memoriale della Pasqua.Raccontare è l’antidoto al dimenticare e all’irreligiosità. Chi racconta rende viva la memoria e ritrova i percorsi della fede; ascoltare, ricordare e amare sono tre azioni collegate nell’esperienza biblica: amare significa, infatti, ritornare con sorpresa ad una storia ricordata che non lascia indifferenti, ma interroga, scuote, interpella. Da qui la possibilità di una catechesi che non si limita a trasmettere verità, ma diviene capace di intercettare le domande più profonde della vita e la risposta della fede. Ma quale ruolo riveste la narrazione nella catechesi? L’annuncio e il cammino di fede che ne segue si servono di numerosi linguaggi. Occorre conoscerli ed imparare ad utilizzarli con quella sapienza che tiene conto degli interlocutori e della proposta in atto. Nel passato si è privilegiata un’esposizione dottrinale, mediante un linguaggio assertivo, nella consapevolezza di una fede ricevuta e trasmessa. Il linguaggio narrativo tiene maggiormente conto della storia di Dio con gli uomini, della sua infinita pazienza, dà modo a chi ascolta di situarsi in un evento che non travolge l’umanità, ma l’accompagna e la promuove. In quest’ottica, è necessario un ripensamento degli stessi testi di catechismo, che valorizzi maggiormente lo stile narrativo, quale modalità ordinaria per trasmettere la fede. La catechesi è servizio alla Parola, è possibilità di pronunciare l’unica Parola di salvezza con parole umane. E le parole umane sono soggette alle regole della comunicazione. Le osservava anche Gesù – lui che è la Parola – quando sceglieva lo stile o il luogo più idonei per annunciare il Regno. Non dobbiamo aver paura di appropriarci di quelle attenzioni che ci aiutano ad esercitare meglio e a rendere più efficace il servizio che ci è affidato. Non si tratta di trasformare l’incontro di catechesi in uno show.Alla formazione del catechista appartiene anche un «saper fare» che non esaurisce la sua missione, ma che neppure può essere trascurato. La testimonianza passa attraverso la persuasione di essere parte della storia annunciata, atteggiamento che non necessariamente appartiene ad un attore: raccontiamo qualcosa che ha segnato profondamente la nostra vita e, poiché si tratta di una cosa molto importante, ci adoperiamo per narrarla nel modo migliore, valorizzando al massimo tutta la ricchezza espressiva che il racconto può comunicare. di Silvia Mancini«Grazie per il corso di formazione che ci ha valorizzati». Al termine del corso «Raccontami una storia», cogliamo l’occasione per ringraziare le catechiste dell’Ufficio catechistico diocesano, che con la loro preparazione e competenza nella materia trattata, il loro convinto entusiasmo sapientemente trasmesso, hanno saputo creare un ambiente accogliente e rispettoso delle diverse fasce culturali dei partecipanti, diversificati per età ed esperienza di vita vissuta.Crediamo che nessuno si sia sentito «sui banchi di scuola», e questo è un aspetto molto importante, diremo indispensabile, per rendere aperte le persone e per «portare frutto».Grazie all’amica danzatrice (ha ballato per noi la musica del Magnificat) che ci ha regalato un momento di riflessione, senza dimenticare il contributo tecnico di don Danilo, ma soprattutto grazie all’amicizia dei partecipanti.Mariella e Gian Carlo della parrocchia di San Marco«Io, protagonista lungo la via di Gerico della parabola del buon Samaritano».Salve ragazzi. O meglio Shalom ragazzi. Oggi vorrei raccontarvi ciò che ho potuto vedere proprio con i miei occhi.Ho la vostra età, vivo su una bellissima collina con vista su Gerusalemme e sul tempio di Dio. Mio padre come ogni mattina mi sveglia di buon ora per accompagnare il gregge al pascolo. Cammino silenzioso, ho ancora sonno, e il tintinnio dei campanelli appesi al collo dei capri mi suonano una dolce «ninna nanna». Devo svegliarmi, devo lavorare, devo aiutare mio padre.Anche il sole si sveglia, sta per sorgere. Eccolo, si alza, che meraviglia! È stupendo! Il suo calore i suoi colori, la sua luce che rende tutto chiaro e da gioia, da vita. Grazie Dio che lo hai creato e donato. La sua luce ora illumina tutta la valle. Guardo giù lontano e vedo un uomo solo che scende da Gerusalemme sulla strada ancora deserta verso Gerico. Va con passo frettoloso; forse è un mercante in ritardo? Ha molti bagagli con sé. Ma ma ora cosa succede? E quelli sbucati all’improvviso da nascondigli, chi sono? Stanno aggredendo quell’uomo! Sono lontano ma vedo bene che lo stanno picchiando e derubando. Ora scappano e lo lasciano a terra! Forse è ferito o forse è morto? Se lo chiamo, non potrà sentirmi. Spero passi subito qualcuno per aiutarlo.Ecco, ecco sta arrivando qualcuno. Sì, ora lo vedo meglio è un sacerdote, porta i vestiti sacri come quelli che offrono sacrifici sull’altare del tempio di Dio. Ma che fa gli passa accanto e non si cura di lui? No! Non è possibile che non lo abbia visto, forse non si vuole sporcare con il sangue di quell’uomo! Meno male vedo in lontananza che sta arrivando un’altra persona. Ah sì, è un levita lo riconosco è vestito di bianco come i guardiani del Tempio. Ma che fa? Anche lui passa e non si cura dell’uomo? No! No! E poi no! Non si può abbandonare una persona nel bisogno, questo significa non avere amore per il prossimo, Dio ci ha insegnato un’altra cosa. Ma forse quell’uomo è un fantasma? Non ha corpo? Non si vede? O Forse ancora dormo e sto sognando!Ora chiamo mio Padre per chiedergli se ho le traveggole! Ma, un momento, vedo ancora un’altra persona in arrivo. Ah sì, lo riconosco è un samaritano. Oh no! Non c’è speranza! I samaritani sono considerati fuori dalla legge di Dio e non si fermerà! Eccolo lo vedo bene si avvicina all’uomo, si china su di lui? Ma allora si vede non è un fantasma. È vivo! Lo sta aiutando ad alzarsi! Lo carica sul suo carro! Se ne va! Lo porta con sé!Ma come ha fatto a fermarsi, eppure è un samaritano! Guardo in alto: Dio sia benedetto in cielo e in terra. Le mani dei buoni sono le tue mani, aiutaci a vedere il nostro prossimo con l’amore del cuore più che con la vista dei soli occhi.I catechisti della parrocchia di San Marco alla Sella di Arezzo«Quel giorno che a me, Simon Pietro, è cambiata la vita all’improvviso». Sono un uomo semplice e non ho mai desiderato essere al centro dell’attenzione. Invece in questo momento Andrea, Giacomo, Giovanni e gli altri amici mi stanno guardando. Aspettano da me una risposta, proprio da me che non sono mai stato bravo con le parole: per prendere i pesci bisogna imparare a stare in silenzio.Io, abituato a stare in mezzo al mare, ora mi trovo chiuso tra quattro mura, costretto a nascondermi, con la paura di essere trovato e incapace di proteggere i miei amici. Non riesco a trovare in me niente che mi possa aiutare: una parola, un ricordo. Non riesco nemmeno a dare speranza ai miei compagni. Mi dispiace da morire che tutto quello che abbiamo vissuto debba finire in questo modo. Ci guardiamo e, all’improvviso, questa stanza buia è squarciata da un lampo di luce e una raffica di vento spalanca le porte: tutto ora è chiaro e ogni paura svanisce. I loro occhi mi parlano: «Perché sei ancora qui? Cosa aspetti? Non senti che c’è bisogno di te?». Io sono Pietro, e in quel giorno è iniziata per me una nuova vita, piena di coraggio, di fede.I catechisti della parrocchia di Ponte a Poppi«Sulla barca a fianco del signore che ha placato il mare e il vento». Verso sera, nei pressi di un lago, dopo una lunga giornata di predicazione Gesù disse ai suoi discepoli: «Prendiamo una barca e attraversiamo il lago; andiamo ad annunciare la Parola di Dio anche al villaggio che si trova dall’altra parte».Così detto presero una barca e iniziarono ad attraversare il lago. C’erano anche altre barche lì vicino a loro. In una di queste si trovava insieme a suo papà, che di mestiere faceva il pescatore, Saul un bambino di otto anni.Saul stava osservando con attenzione tutta la scena ed era stato attratto dalla presenza di Gesù, l’uomo dei miracoli, così diceva suo papà. Mentre Saul non perdeva di vista Gesù, nel lago si sollevò una gran tempesta di vento che gettava grandi quantità di acqua sulle barche.Saul era terrorizzato e a gran voce iniziò ad urlare: «Papà, papà, ho tanta paura. Dì a Gesù di fermare il vento». Ma Gesù nel frattempo si era addormentato e non era minimamente turbato dal gran frastuono che era intorno a lui.I discepoli allora lo svegliarono e impauriti dissero: «Gesù ma non ti importa che moriamo tutti quanti?». Gesù allora si alzò in piedi sulla barca, sgridò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Saul finalmente tirò un gran sospiro di sollievo perché il vento cessò di soffiare e nel lago tornò la consueta tranquillità.Dopo tutta la gran confusione creatasi con la tempesta, la barca di Gesù e quella di Saul si erano avvicinate molto. Allora Saul poté udire la voce di Gesù che diceva ai suoi discepoli: «Perché avete avuto così tanta paura? Ancora non vi fidate di me? Non avete ancora fede?». Saul ebbe un momento di perplessità: anche lui come i discepoli non aveva avuto fiducia di Gesù! E pensare che suo padre gli aveva raccontato tante cose belle su di lui! I discepoli da parte loro erano pieni di timore perché ancora non capivano chi fosse quell’uomo a cui il mare e il vento avevano obbedito.«Cari ragazzi, è Gesù Cristo il vero desiderio della vostra vita».C’è qualcosa che suona strano nel titolo di questa festa. E lo stesso dubbio è sorto tra gli oltre centocinquanta ragazzi che, zaini in spalla e tanta voglia di stare assieme, hanno sfidato persino le intemperie pur di partecipare alla terza Festa diocesana dei ragazzi, l’incontro annuale fortemente voluto dall’Ufficio catechistico diocesano e dall’Azione cattolica dei ragazzi per concludere al meglio le attività pastorali con i più piccoli.Insomma, torniamo un attimo all’inizio: se cercate il titolo della festa in un qualunque dizionario, la vostra ricerca sarà inutile. Il motivo è semplice, magari meno banale di quel che sembri: desiderare è qualcosa di difficile. Lo hanno capito tutti i partecipanti fin dalle attività del mattino, ragionando bene insieme a educatori e catechisti sui valori, sugli atteggiamenti e sulla forza di condivisione dei desideri: perché probabilmente è facile sfregare una lampada ed ottenere qualcosa di speciale, ma fare il primo passo verso il prossimo è ben altro.Eppure i ragazzi sono andati oltre: sono bastati una semplice bancarella per la raccolta fondi da destinare ai terremotati in Abruzzo, un giocone basato sugli stessi desideri dei ragazzi e tanta, tantissima passione per il prossimo e tutti quanti si sono messi sulla lunghezza d’onda del momento più importante della festa, ovvero l’incontro con il nostro vescovo.Monsignor Gualtiero Bassetti, legato a questa giornata che nasce dalle passate Feste dei cresimandi e Feste degli incontri, ha inquadrato ciò che i ragazzi, in qualche modo, avevano già intravisto nei loro desideri: ciascuno di noi tende a qualcosa di più, al vero desiderio, a Gesù Cristo, incarnato nel mistero dell’Eucaristia, celebrata come momento finale ed insieme spinta fondamentale nella S.Messa.Ecco perché tutto torna davvero con «TEsidero»: le nostre volontà sincere e i nostri ideali profondi non sono altro che emanazione del volto di Gesù, lo stesso che, innalzato sulla croce, ci ha mostrato la via, la verità e la vita. E, credeteci, in un mondo che spesso annebbia l’essenziale è davvero un tesoro prezioso.Giovanni RossI