Arte & Mostre
La «Battaglia di Cascina» svela particolari inediti
Dopo l’enorme eco suscitata dall’esposizione al Museo Horne di Firenze del «Crocifisso in legno di tiglio», che con una proposta attributiva dei più importanti studiosi è stato associato a un possibile lavoro di Michelangelo giovane, la «Battaglia di Cascina» disvela la sua storia: 500 anni dopo. Si tratta di nuove letture di preziosi documenti conservati al Museo della Fondazione Horne grazie alla lungimirante acquisizione di Herbert P. Horne nel lontano 1909. I documenti sono relativi ai Cartoni della «Battaglia di Cascina».
Le opere furono commissionate entrambe a Leonardo. Ma Soderini si rese ben presto conto che il genio di Vinci, impegnato anche nel progetto per la deviazione delle acque dell’Arno, non aveva tempo per realizzare entrambe le opere. E Soderini commissionò allora a Michelangelo la «Battaglia di Cascina».
Perché fu scelta proprio la Sala dei Tintori? Sicuramente perché si trattava di un ambiente immenso (circa 24 metri x 10, come ha potuto stabilire l’architetto Ulisse Tramonti, che ha individuato nell’antico edificio, poi completamente ristrutturato, l’area che occupava la grande sala) e poi era poco frequentato, come si addiceva alla riservatezza di Michelangelo.
Nel marzo 1505 Michelangelo fu chiamato a Roma da Giulio II: si può affermare che avesse quasi terminato i Cartoni, ma la «Battaglia di Cascina» rimase allo stato di cartone e non fu mai realizzata ad affresco.
Leonardo cominciò a lavorare alla realizzazione della Battaglia di Anghiari sulla parete della sala di Palazzo Vecchio sperimentando una tecnica nuova, che determinò da subito il deterioramento del dipinto.
I Cartoni, ammirati e copiati, furono consumati dalla curiosità generale e dall’uso dei copisti, e delle due Battaglie sono rimasti alcuni disegni e poche copie eseguite da artisti del tempo.
«Mentre che stettero in pie’ furono la Scuola del Mondo», afferma Benvenuto Cellini. I due cartoni, colossali, furono per anni al centro dell’attenzione: le dimensioni, il significato civico, la novità della forma espressiva, la qualità straordinaria del disegno, la potenza delle figure colpirono l’immaginazione dei tanti artisti che accorrevano ad ammirarli.
Fra essi Vasari ricorda Aristotele da San Gallo, Ridolfo del Ghirlandaio, Francesco Granacci, Baccio Bandinelli, Alonso Berruguete e ancora Andrea del Sarto, il Franciabigio, Iacopo Sansovino, il Rosso, Maturino, il Tribolo, Iacopo da Pontormo e Perin del Vaga. I nuovi documenti e la individuazione della localizzazione della sala permettono una lettura che fa luce su una vicenda a tutt’oggi incerta e confusa e che porta a una rilevantissima conoscenza storico-artistica del grande genio fiorentino.