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La Aquarius torna a salvare vite: «Nessuno sarà riportato in Libia». Un diario di bordo contro le fake news
La nave Aquarius ha ripreso il largo verso il Mediterraneo centrale per salvare vite umane. Dopo l’episodio di giugno con il blocco dei porti italiani e lo sbarco a Valencia, in Spagna, dei 630 migranti salvati, la nave della Ong Sos Mediterranée, con il supporto a bordo di Medici senza frontiere, ha lasciato il 1° agosto il porto di Marsiglia per recarsi di nuovo nella zona Sar (Search & rescue), ossia le acque internazionali dove avvengono più di frequente i naufragi.
L’Aquarius torna dopo un mese perché in questo periodo l’equipaggio, circa 40 persone, ha consultato esperti di diritto del mare per adeguare il proprio operato al mutato scenario politico ed essere sicura di poter prestare soccorsi «in nome della priorità inderogabile di salvare vite umane in mare». Con un punto fermo: non riporterà i migranti salvati in Libia, un posto non sicuro dove subiscono torture e trattamenti disumani.
A sostegno della sua azione c’è una lettera aperta firmata da oltre 500 personalità di tutta Europa, in rappresentanza della società civile europea. In Italia tra i firmatari ci sono don Luigi Ciotti, lo scrittore Erri De Luca, i sindaci di Palermo e Napoli, Leoluca Orlando e Luigi De Magistris.
L’altra novità, per contrastare fake news e informazioni fuorvianti, è un diario di bordo online sul sito www.onboard-aquarius.org, che sarà aggiornato in presa diretta durante i salvataggi. I soccorritori hanno anche intenzione di andare a raccontare nelle scuole, nelle piazze, ovunque saranno invitati, cosa accade in mare.
Per far fronte all’accresciuta complessità delle operazioni di soccorso, la Aquarius ha subìto aggiustamenti anche sul fronte tecnico. È stata equipaggiata con un nuovo Rhib (lancia di salvataggio) per consentirle di soccorre in modo più efficiente un numero maggiore di persone. E per fronteggiare potenziali blocchi o periodi di tempo prolungati in mare è stata potenziata l’autonomia dei viveri. La nave è stata anche dotata di celle frigorifere per rispettare la dignità delle persone decedute.
Dall’inizio della sua azione, nel febbraio 2016, la Aquarius ha impedito che 29.318 tra donne, uomini e bambini (2.979 dei quali nel 2018) annegassero in mare. Ma dall’inizio del 2018 ad oggi nella rotta marittima più pericolosa del mondo ci sono stati 1.100 morti, di cui i due terzi nell’ultimo mese, a causa dei tanti impedimenti posti alle Ong.
Sos Mediterranée, «non ci allontaneremo da imbarcazioni in difficoltà». «Laddove ci venissero date istruzioni di allontanarsi da imbarcazioni in difficoltà o ritardare l’intervento, sbarcare in Libia o trasbordare i migranti su imbarcazioni della guardia costiera libica l’Aquarius non lo farà – ha ribadito Nicola Stalla, coordinatore Sar (Search & rescue) di Sos Mediterranée, durante una conferenza stampa a Roma -, perché è in contravvenzione con le convenzioni e i diritti delle persone soccorse. Ma opererà secondo il diritto internazionale per prestare soccorsi senza ritardi». Anche perché «ogni Stato costiero, dopo le 12 miglia di sua competenza, non ha sovranità e non può impedire o limitare la navigazione». «Soccorrere le persone è un diritto e un dovere di ogni cittadino europeo – ha rimarcato Alessandro Porro, soccorritore di Sos Mediterranée -. In questo periodo abbiamo ricevuto un grande sostegno dalla società civile europea, che ci ha incoraggiato ad andare avanti. Ora la sfida è riuscire a comunicare a 500 milioni di cittadini europei che il soccorso in mare è prezioso». «Per chi vive a terra – ha detto – è difficile comprendere cosa accade in mare. Siamo molto preoccupati per l’erosione dei diritti nei confronti dei più vulnerabili, che può trasformarsi in un abbassamento dei diritti per tutti. Noi vogliamo continuare ad essere gli occhi e le orecchie della società civile».
Per proseguire in questa azione di sensibilizzazione e promuovere consapevolezza, i soccorritori di Sos Mediterranée hanno deciso di andare «nelle scuole, nelle piazze, ovunque ci chiameranno, per restituire verità. Va interrotto il meccanismo di paura contro gli aiuti in mare».
Msf, «non ci interessano i giochi politici». «Siamo d’accordo sul chiedere che la solidarietà e l’accoglienza dei migranti sia condivisa da tutti i Paesi europei. Ma questo per noi viene dopo. Non ci interessano i giochi politici, torniamo in mare perché c’è un bisogno umanitario di salvare vite umane». Così Claudia Lodesani, presidente di Medici senza frontiere Italia, ha spiegato l’imperativo umanitario che per loro viene prima di ogni altro considerazione politica. Lodesani ha svelato che Msf ha chiesto ad inizio giugno, «come da prassi con tutti i governi dove operiamo, un incontro con il ministro dell’interno Matteo Salvini che però non ci è stato accordato. Abbiamo però incontrato il presidente della Camera dei deputati Roberto Fico».
Lodesani ha ribadito che «la Libia non è un porto sicuro perché le condizioni nei centri sono disumane» e ha raccontato le condizioni dei pazienti che curano: «Ci sono persone torturate perfino con graffette e chiodi, sono tutti denutriti, disidrati e con ustioni». Invece, «dall’inizio dell’anno ad oggi oltre 10mila persone sono state riportate in Libia». Msf chiede all’Europa, prima di tutto, «vie legali e sicure d’ingresso» ma anche «un intervento europeo nella zona Sar (Search & Rescue), perché le navi che ci sono ora nel Mediterraneo non sono sufficienti a dare una risposta adeguata al bisogno umanitario attuale».