Gli italiani residenti all’estero sono poco più degli immigrati in Italia. È quanto emerge dalla lettura del Rapporto Italiani nel Mondo 2009 della Fondazione Migrantes, presentato a Roma questa mattina. Secondo il Rapporto, infatti, i cittadini italiani residenti all’estero ad aprile 2009 sono 3.915.767, mentre gli stranieri in Italia ammontano a 3.891.295. Il numero degli italiani nel mondo non è stabile e cresce sia per la partenza di nuove persone dall’Italia (in misura ridotta) sia, in misura più consistente, per crescita interna delle collettività (figli di italiani o persone che acquistano la cittadinanza per discendenza italiana, spiegano i ricercatori della Migrantes: contrariamente a quanto spesso si pensa, non si tratta di una realtà in diminuzione. Degli italiani all’estero il 47,6% sono donne. L’emigrazione italiana è in prevalenza euro-americana: più della metà in Europa (55,8) e più di un terzo in America (38,8%). Non si possono, però, trascurare le collettività insediate negli altri continenti, non solo l’Oceania (3,2%), ma anche l’Africa (1,3%) e l’Asia con lo 0,8%. Il Paese con più italiani è la Germania (616.407) seguita da Argentina (593.520) e Svizzera (520.713). Secondo i dati forniti dal Rapporto il 54,8% degli italiani all’estero è di origine meridionale (oltre 1 milione e 400 mila sono del Sud e quasi 800 mila delle Isole); il 30,1% proviene dalle regioni settentrionali (quasi 600 mila dal Nord-Est e 580 mila dal Nord-Ovest); il 15% (588.717) è, infine, originario delle regioni centrali. Il peso delle regioni del Centro-Sud è maggiore in Europa (62,1%) e in Oceania (65%). In Asia e in Africa, invece, la metà degli italiani proviene dalle regioni del Nord. La prima regione per numero di emigrati è la Sicilia (646.993), seguita da Campania (411.512), Lazio (346.067), Calabria (343.010), Puglia (309.964) e Lombardia (291.476). La provincia con più italiani all’estero è quella di Roma (263.210), seguita da Agrigento (138.517), Cosenza (138.152), Salerno (108.588) e Napoli (104.495). Il Rapporto di oltre 500 pagine realizzato con il contributo di circa 60 autori coordinati da Delfina Licata pubblica anche una ricerca promossa dalla Fondazione Migrantes, insieme a un gruppo di Patronati sui nuovi e vecchi emigrati. Gli intervistati, sia in Europa che nel Nord America, hanno raggiunto un livello di vita soddisfacente e sono abbastanza soddisfatti del proprio lavoro, rivelano i ricercatori. Il modello più diffuso di famiglia è quello di un nucleo con due figli. Le difficoltà iniziali di inserimento, ora superate, sono riconducibili alla lingua, alla mancanza di informazioni e alla ricerca del posto di lavoro.Per un terzo degli intervistati, il miglioramento del tenore di vita è intervenuto subito, per gli altri successivamente, cavandosela quasi sempre da soli: 1 su 5 degli intervistati non ha fatto progressi o si trova in situazione di disagio. Nei confronti dei consolati si dichiara soddisfatto la metà degli intervistati e circa un quinto ammette di non essersi ancora iscritto all’Aire. Dal sondaggio emerge che gli italiani residenti all’estero leggono più la stampa italiana rispetto a quella locale. La stragrande maggioranza si dichiara religiosa, ma diminuisce la percentuale di quelli che frequentano la chiesa locale. I nostri connazionaliu possono contare su 126 Comitati degli italiani all’estero operanti a livello territoriale in 38 Paesi, 500 Comitati sparsi nel mondo per la promozione della lingua e della cultura italiana, con più di 6 mila corsi organizzati specialmente in Europa e ancor di più in America Latina dalla Società Dante Alighieri che quest’anno compie 120 anni di vita. Secondo l’indagine Italiano 2000, la lingua prevalente tra gli italiani è quella del paese ospitante (73,6%), senza però che sia dimenticato l’italiano (50,5%) e tanto meno il proprio dialetto (58,2%). Un ruolo rilevante è quello dei media: la comunità italofona radiotelevisiva è molto ampia e include diversi paesi che fanno leva sull’italicità, intesa come legame culturale-linguistico non basato sulla cittadinanza. Inoltre, nel mondo sono state censite oltre duecento 50 radio e circa 50 televisioni che trasmettono programmi in italiano, mentre sono 472 i giornali in lingua italiana all’estero. Alcuni anche in Africa.Dal punto di vista culturale sono curiose le forme miste di italiano, dialetto e lingua locale. Il talian, ad esempio, o italiano del Brasile, viene ancora parlato da un milione di persone, non solo di origine veneta, e viene considerato parte integrante del patrimonio storico e culturale dello Stato di Rio Grande do Sul. Invece il cocoliche, ora in disuso ma prima prevalente nel teatro popolare, era una commistione tra lo spagnolo e i vari dialetti italiani, più utilizzati rispetto alla lingua italiana a Buenos Aires, città in cui circa il 40% degli abitanti è di origine italiana. Per i ricercatori della Migrantes diversi aspetti, che si riscontrano attualmente nella presenza straniera in Italia, già si ritrovano nell’emigrazione italiana e così anche in molte delle richieste presentate dagli immigrati, riecheggiano quelle avanzate nel passato dai nostri emigrati. L’atteggiamento negativo che tanto afflisse gli italiani all’estero spiegano – specialmente quando venivano considerati un popolo di criminali, trova un riflesso in quei processi che tendono a fare degli stranieri in Italia un capro espiatorio. Secondo la Migrantes l’emigrazione merita di essere studiata con attenzione, non solo per ricordare la storia degli italiani all’estero ed entrare con loro in maggiore sintonia, ma anche per abituarci a convivere fruttuosamente con gli stranieri insediatisi in Italia.Un secolo e mezzo di esodo è un periodo lungo, quasi una miniera inesauribile, che ci sprona ad andare avanti per evitare che il nostro passato di migranti venga dimenticato. Un popolo senza memoria è come un albero senza radici. E’ quanto ha detto questa mattina, mons. Piergiorgio Saviola, Direttore della Fondazione Migrantes, presentando a Roma la quarta edizione del Rapporto Italiani nel Mondo. Continueremo a insistere affinché questo pericolo ha aggiunto – venga evitato, facendo sì che la storia umile di milioni di persone che il bisogno ha portato a lasciare la loro terra continui a essere uno spunto di riflessione per noi e specialmente per i giovani. Sperimentiamo ha detto ancora mons. Saviola – tutti di vivere in un contesto societario caratterizzato da contrapposizione sul piano culturale, politico e anche religioso. Ciò nonostante, l’impegno per coltivare la memoria del nostro passato migratorio e l’attenzione ai 4 milioni di connazionali sparsi nel mondo esprimono una dimensione unitaria che invitano tutti alla condivisione. Per questo il Rapporto non è solo un impegno della Migrantes perché l’emigrazione fa parte del patrimonio della società italiana: c’è tanto da recuperare per togliere dal tema emigrazione italiana quelle incrostazioni di polvere prodotte dall’oblio, o quanto meno per superare una maniera di parlarne che non fa breccia.