Contano solo i risultati. Le parole della politica perdono il legame con le origini: il federalismo? È di destra; l’uguaglianza resiste a sinistra. Sono alcuni dei dati che emergono dall’indagine esplorativa sui sentimenti degli italiani nei confronti della politica, realizzata nel mese di luglio dall’Iref, l’Istituto di ricerca delle Acli, su un campione di 1500 individui rappresentativi della popolazione italiana per sesso, età e ripartizione geografica. L’occasione per anticipare alcuni dati (l’indagine complessiva sarà presentata domani) è l’apertura, stamattina, dell’appuntamento nazionale di studi dell’Associazione a Perugia, da oggi fino al 13 settembre dedicato alla crisi dei contenitori tradizionali della politica e al futuro della democrazia. Destra e sinistra dopo le ideologie. Democrazia rappresentativa e democrazia d’opinione è il titolo del convegno giunto alla sua 41° edizione. La ricerca è stata effettuata su un campione di 1500 individui rappresentativi della popolazione italiana per sesso, età e ripartizione geografica. Ma quali sono i sentimenti predominanti nei confronti della politica? Al primo posto negli umori degli italiani c’è la rabbia nei confronti della casta (32%), seguono lo sconforto (29%) e persino il disgusto (25%). Ma il quadro non è del tutto nero.E’ alta la percentuale di chi nutre ancora speranza nei confronti della politica (30%). Una speranza non accompagnata da altrettanta fiducia (15%), ma che è il segno, secondo le Acli, di un’aspettativa alta nei confronti di chi oggi governa il Paese. Passando dai sentimenti ai comportamenti, il 18% degli intervistati dichiara di non interessarsi di politica, mentre 6 italiani su 10 dichiarano di tenersi informati sulle vicende politiche. E dove si parla di politica? Soprattutto in famiglia (38%) oppure al lavoro (15%). Le parole tradizionali della politica lavoro, libertà, pace perdono la loro connotazione originaria. Non sono cioè per la maggior parte degli italiani né di destra né di sinistra. I consueti vocabolari e armamentari retorici appaiono sempre più insufficienti. La parola più marcata ideologicamente è federalismo, che è di destra per il 55% degli italiani. A destra anche la sicurezza (40%), l’identità (32%), la famiglia (31%) e la legalità (29%). Dall’altra parte, uguaglianza (38%), solidarietà (33%) e partecipazione (31%) rimangono le parole che caratterizzano di più la sinistra. La semplificazione del quadro politico seguita alle ultime elezioni è stata salutare per il 40% degli intervistati, mentre per il 30% si è trattato di un impoverimento del pluralismo politico.La pregiudiziale ideologica non funziona più al momento del voto. È un altro dei dati dell’indagine dell’Iref: solo il 17% degli intervistati non voterebbe mai un politico perché di destra, il 15% direbbe no se fosse di sinistra. 6 italiani su 10 voterebbero indistintamente a destra o sinistra se il politico fosse capace di risolvere i problemi del Paese e onesto. Gli stessi contenitori politici tengono sempre meno: il 32% degli intervistati non si sente rappresentato da nessuna tra le definizioni politiche vigenti. Le convinzioni ideologiche non contano ormai nulla per più di un italiano su due (56%), perché contano solamente i risultati ottenuti dai governi. Eppure non è solo al pragmatismo che guardano gli italiani. Tra il post-ideologico e l’antipolitica, la partita dei valori rimane aperta al momento del voto. Gli italiani infatti dichiarano di scegliere in base alle proprie convinzioni personali “i valori in cui credo” per il 38%. Il 30% valuta il programma politico più efficace e concreto, mentre solo il 10% dichiara di subire il fascino dei leader carismatici e comunicativi. E quali sono questi valori in cui credono gli italiani? Al primo posto la famiglia (81%), quindi il lavoro sicuro (33%), l’amicizia (15%), la fede religiosa (15%), l’autonomia e la libertà individuale (11%).Come si possono leggere questi dati? Nel secondo paragrafo della ricerca, dedicato a quel che resta delle ideologie, si sottolinea che la maggioranza relativa degli italiani si colloca variamente al centro (46,6%), con posizioni decisamente più sfumate. Se gli italiani si concentrano in massa (poco meno della metà degli intervistati) nella posizione mediana del continuum politico, è segno che per gran parte dell’elettorato la destra e la sinistra non sono più dei contenitori simbolici appropriati, anche perché un gruppo consistente di cittadini (un terzo) rifiuta di collocarsi (un risultato di per sé significativo). Questo orientamento, per certi versi neutrale, trova una conferma nel dato sulla possibilità di votare un politico di destra o di sinistra: L’atteggiamento della delega in bianco, sintetizzato nell’affermazione lo voterei in ogni caso, è residuale (politico di destra 8,9%, politico di sinistra 7,4%), forse perché per entrambi gli schieramenti, non si vede all’orizzonte un progetto politico nuovo. In realtà, il tessuto del paese è cambiato: Non si può capire dove tira il vento della politica se non si tiene conto del clima d’opinione e dell’articolazione sociale della nostra società. E’ da qui, sottolinea l’indagine, che bisogna partire per cogliere il senso profondo della destra e della sinistra nell’Italia d’oggi.Sir