Italia
Italia: bilancio demografico nazionale 2014. Nascite ancora più giù
Si tratta, purtroppo, di una crescita zero, quella dell’anno passato, con un numero di residenti rimasto stabile. Il movimento naturale della popolazione, cioè i nati meno i morti, è stato negativo di quasi 100mila unità. Le nascite continuano a diminuire, sono nati circa 12mila bambini in meno rispetto al 2013, e continuano a diminuire anche i nati stranieri (-2.638 rispetto al 2013), anche se in percentuale sono una parte rilevante del totale: il 14,9% dei nati. Nel complesso, nel quinquennio 2009-2013, le nascite sono state 75mila in meno. La concomitanza tra la crisi economica e la diminuzione delle nascite, che interessa soprattutto le fasce giovanili di popolazione ed è comune a tutti i Paesi europei, scrive l‘Istat, «fa presumere una relazione di causa-effetto tra i due fenomeni, anche se non è possibile stabilirne con certezza il legame causale». Lo stesso si può dire per il calo dei matrimonio degli ultimi cinque anni.
Da alcuni anni l‘immigrazione dall’estero sta rallentando, tanto che nel 2014 contiene a malapena la perdita di popolazione dovuta al saldo naturale negativo. Gli iscritti in anagrafe provenienti da Paesi stranieri sono stati circa 280mila, il 90% stranieri. Gli italiani rientrati dopo un periodo di emigrazione all’estero poco meno di 30mila. Sono invece circa 136mila le persone che lasciano l’Italia, e quasi 90mila di loro italiani. Rispetto agli anni precedenti diminuiscono gli immigrati e aumentano gli emigrati. Le regioni italiane maggiormente interessate dal movimento migratorio – sia verso l‘estero sia tra le regioni – sono quelle settentrionali e centrali. Le nazionalità presenti in Italia sono circa 200, e oltre il 50% (più di 2,6 milioni di persone) sono di Paesi europei. I più numerosi sono i rumeni, con 1.131.839 residenti (22,6%), seguiti da albanesi (9,8%, cioè 490.483 residenti), marocchini (449.058, 9%), cinesi (265.820, 5,3%), ucraini (226.060, 4,5%). Le acquisizioni di cittadinanza aumentano: i nuovi italiani sono infatti circa 130mila (+29%). Le cause sono varie: acquisizione e riconoscimento di cittadinanza per matrimonio, naturalizzazione, trasmissione automatica al minore convivente da parte del genitore straniero diventato italiano, per scelta da parte dei 18enni nati in Italia e residenti dalla nascita, per ius sanguinis.
La popolazione continua a invecchiare, arrivando a un’età media di 44,4 anni, per quanto con alcune differenze a livello regionale. Nelle regioni del Centro-Nord si superano in media i 45 anni, mentre in quelle del Mezzogiorno il valore è poco più di 43. La regione con l’età più elevata è la Liguria, con 48,3 anni, seguita da Friuli-Venezia Giulia, Toscana, Piemonte, Umbria, tutte con valori superiori ai 46 anni. Al di sotto della media nazionale Trentino-Alto Adige (42,9 anni), Lazio (44,1), Sicilia (42,9 anni) e Campania (41,5). Contemporaneamente all’elevarsi dell’età media si riduce la popolazione sotto i 15 anni, che risulta il 13,8%. Anche la popolazione in età attiva (15-64 anni), scrive l’Istat, si contrae ancora. Era il 65% nel 2011 ed è scesa al 64,5% nel 2014. Tra gli anziani, aumentano i cosiddetti «grandi vecchi» (80 anni e più), che arrivano al 6,5% della popolazione. Gli ultracentenari alla fine dello scorso dicembre erano 19mila, con una netta prevalenza di donne (16mila contro i tremila uomini). Sono 800 addirittura le persone che hanno superato i 105 anni di età (un centinaio uomini); oltre i 110 anni sono 18, tutte donne. La Liguria è regione con il maggiore squilibrio tra giovani e anziani, con il 28% di popolazione anziana e l’11,5% di giovani sotto i 14 anni. La Campania invece è la regione con la più bassa percentuale di anziani (17,6%).