Italia

Istat, nel 2018 195.778 matrimoni (+2,3%), ma ci si sposa sempre più tardi

In Italia negli ultimi dieci anni, i matrimoni tra celibi e nubili sono passati da oltre 210mila nel 2008 a quasi 157mila nel 2018. Nel 2017 si è registrato il minimo relativo delle prime nozze (152.500), in parte recuperate nel 2018. Infatti, tra il 2017 e il 2018, la crescita registrata nel totale dei matrimoni è dipesa quasi esclusivamente dall’aumento dei primi matrimoni che, con 4.370 eventi in più, hanno raggiunto 156.870 celebrazioni. Sono alcuni dei dati del report «Matrimoni e unioni civili» diffuso oggi dall’Istat e relativo all’anno 2018.

«Nella maggior parte dei primi matrimoni – spiega l’Istat – entrambi gli sposi sono cittadini italiani (l’86%) e sono proprio le nozze di questa tipologia a essere in forte flessione rispetto al 2008: da 185.749 prime nozze a 134.249 nel 2018 (con una riduzione di 51mila e 500 unità)». Anche in questo caso, come già osservato per i primi matrimoni nel complesso, dopo un 2017 particolarmente inviso ai nubendi, si registra nel 2018 una ripresa dei primi matrimoni di sposi entrambi italiani di quasi 3mila unità, circa due terzi dell’aumento dei primi matrimoni registrato nell’ultimo anno.

Al netto di queste oscillazioni congiunturali il dato di rilievo è che negli ultimi quattro anni la diminuzione della primo-nuzialità si è attenuata. Considerando i tassi di primo-nuzialità, i livelli osservati nel 2018 superano quelli del 2014 (+10,6% per gli uomini e +16,4 per le donne), un risultato importante se si tiene conto che sono sempre meno numerosi i giovani in età da matrimonio.

In Italia, il rinvio delle prime nozze verso età più mature è sempre più accentuato. Attualmente gli uomini che si sposano per la prima volta tra i 16 e i 49 anni hanno in media 33,7 anni, le donne 31,5 (rispettivamente 1,6 e 2,1 anni in più rispetto al 2008). 

«La contrazione delle nascite – che dalla metà degli anni Settanta ha interessato il nostro Paese – ha determinato il fenomeno del ‘degiovanimento’, ovvero una netta riduzione della popolazione tra 16 e 34 anni: al 1° gennaio 2018 sono quasi 12 milioni, un milione e 200mila in meno rispetto al 2008». Questa contrazione ha contribuito alla diminuzione dei matrimoni dei giovani tra i 16 e 34 anni. Infatti, mentre nel 2018 l’incidenza delle prime nozze dei giovani è del 59,7% tra gli sposi e del 72,5% tra le spose, nel 2008 era di circa 10 punti percentuali in più.

Relativamente al tasso di primo-nuzialità, nel 2018 sono stati celebrati 432 primi matrimoni per 1.000 uomini e 480 per 1.000 donne

Stando ai dati diffusi, sempre più spesso il matrimonio viene celebrato a suggello di relazioni da tempo costituite. Nel 2018 i matrimoni in cui almeno uno sposo ha 65 anni o più costituiscono ancora una quota residuale del totale dei matrimoni: 3,4% quando è lo sposo ad avere più di 64 anni, 0,9% quando è la sposa. Tuttavia tale proporzione è più che raddoppiata rispetto al 2008 sia per gli uomini sia per le donne (erano rispettivamente 1,4% e 0,4%).

In Italia, la diminuzione dei primi matrimoni è da mettere in relazione in parte con la progressiva diffusione delle libere unioni. Queste, dal 1997-1998 al 2017-2018, sono più che quadruplicate passando da circa 329mila a 1 milione 368mila. L’incremento è dipeso prevalentemente dalla crescita delle libere unioni di celibi e nubili, passate da 122mila a 830mila circa. «Questa modalità del fare famiglia – spiega l’Istat – è sempre più diffusa anche nel caso di famiglie con figli; l’incidenza di bambini nati fuori del matrimonio è in continuo aumento: nel 2017 quasi un nato su tre ha i genitori non coniugati».

«Un altro tratto distintivo dell’evoluzione della nuzialità – segnala il report – è la crescita sostenuta delle nozze celebrate con il rito civile, passate dal 2,3% del 1970, al 36,7% del 2008 fino al 50,1% del 2018 (98.182 matrimoni celebrati con rito civile, circa 8mila in più rispetto al 2008). Al Nord la quota è del 63,9% mentre al Sud è meno della metà (30,4%)».

Sono celebrate prevalentemente con rito civile le seconde nozze e successive (94,6%) e i matrimoni con almeno uno sposo straniero (89,5%). Nell’ultimo decennio sono aumentate, sia la quota di matrimoni successivi al primo (dal 13,8% sul totale dei matrimoni celebrati nel 2008 al 19,9% del 2018) sia la quota di matrimoni dove almeno uno degli sposi è straniero (dal 15% del 2008 al 17,3% del 2018). L’aumento del rito civile, quindi, è in parte spiegabile con l’aumento delle tipologie di matrimonio che vi fanno tipicamente ricorso. Tuttavia, la scelta di celebrare il matrimonio con il rito civile si sta affermando rapidamente anche nei primi matrimoni (dal 27,9% del 2008 al 39,1% del 2018).

Nel 2018 sono state celebrate 33.933 nozze con almeno uno sposo straniero, il 17,3% del totale dei matrimoni, una proporzione in leggero aumento rispetto all’anno precedente. «La quota dei matrimoni con almeno uno sposo straniero – spiega l’Istat – è notoriamente più elevata nelle aree in cui è più stabile e radicato l’insediamento delle comunità straniere, cioè al Nord e al Centro. In questa parte del Paese quasi un matrimonio su quattro ha almeno uno sposo straniero, mentre al Sud e nelle Isole si registrano proporzioni inferiori al 10%».

Stando ai dati diffusi, i matrimoni misti (in cui uno sposo è italiano e l’altro straniero) ammontano a oltre 24mila nel 2018 (70,5%) e rappresentano la parte più consistente dei matrimoni con almeno uno sposo straniero. Nelle coppie miste, la tipologia più frequente è quella in cui lo sposo è italiano e la sposa è straniera (17.789 nel 2018, il 9,1% del totale). Le donne italiane che hanno scelto un partner straniero sono state 6.127 nel 2018, il 3,1% del totale delle spose.

I casi in cui entrambi gli sposi sono stranieri sono stati 10.017 (il 5,2% dei matrimoni totali) e si riducono di molto se si considerano solo quelli in cui almeno uno dei due sposi è residente in Italia (5.451 nozze in totale). Il nostro Paese esercita, infatti, un’attrazione per numerosi cittadini provenienti soprattutto da Paesi a sviluppo avanzato, che lo scelgono come luogo di celebrazione delle nozze.

Gli uomini italiani che nel 2018 hanno sposato una cittadina straniera hanno nel 18,6% dei casi una moglie rumena, nel 12,7% un’ucraina, nel 6,7% una brasiliana e nel 6,1% una russa. Le donne italiane che hanno sposato un cittadino straniero, invece, hanno scelto più spesso uomini con cittadinanza marocchina (15,0%), albanese (10,0%) e tunisina (5,2%). Complessivamente, in questa tipologia di coppia, più di tre sposi stranieri su 10 sono cittadini di un Paese africano.

Nel 2018 sono state costituite 2.808 unioni civili (tra coppie dello stesso sesso) presso gli Uffici di Stato civile dei comuni italiani. Le 2.808 costituitesi nel 2018 vanno a sommarsi a quelle già costituite nel corso del secondo semestre 2016 (2.336), anno di entrata in vigore della legge n. 76/2016, e dell’anno 2017 (4.376). «Come nelle attese – nota l’Istat –, dopo il picco avutosi subito dopo l’entrata in vigore della nuova legge il fenomeno si sta ora stabilizzando».

Si conferma anche nel 2018 la prevalenza di coppie di uomini (1.802 unioni, il 64,2% del totale), anche se in progressivo ridimensionamento (73,6% nel 2016, 67,7% nel 2017).

Il 37,2% delle unioni civili è stato costituito nel Nord-ovest, seguito dal Centro (27,2%). In testa si posiziona la Lombardia con il 25%, a seguire Lazio (15,1%), Emilia-Romagna (10,0%) e Toscana (9,4%). Dal report emerge con particolare evidenza il ruolo attrattivo di alcune metropoli. Nel 2018, infatti, nelle grandi città si è concentrato il 32,7% delle unioni civili avvenute in Italia: in cima alla graduatoria si trovano Roma (290 unioni, 10,3%) e Milano (257 unioni, 9,2%); la quota di unioni civili di coppie di uomini risulta particolarmente elevata a Milano (pari al 75,5%) rispetto a Roma (66,9%).

Considerando l’incidenza delle unioni civili sul totale della popolazione residente, nel 2018 si sono costituite a Milano 18,7 unioni civili per 100mila abitanti, a Roma 10,1.