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Israele: “diritto alla difesa non giustifica 30mila morti”
L'intervento del card. Pietro Parolin, segretario di Stato Vaticano, a margine del bilaterale Italia-Santa Sede conclusisi a Palazzo Borroneo in occasione del 95° anniversario dei Patti Lateranensi e del 40mo dell’Accordo di revisione del 1984.
“Con il presidente della Repubblica e anche con il ministro degli Esteri si è fatta una panoramica un po’ su tutti gli scenari di crisi che attualmente sconvolgono il mondo, e c’è una coincidenza di preoccupazioni da parte dell’Italia e della Santa Sede”.
Lo ha detto il card. Pietro Parolin, segretario di Stato Vaticano, a margine del bilaterale Italua-Santa Sede conclusisi a Palazzo Borroneo in occasione del 95° anniversario dei Patti Lateranensi e del 40mo dell’Accordo di revisione del 1984.
“È molto più difficile trovare soluzioni a queste problematiche, però si sta tentando di dare un contributo che possa essere positivo e avviare percorsi di pace”, ha riferito il cardinale: “Io credo che è una voce generale quella che non si può continuare così”, la risposta ad una domanda dei giornalisti sull’offensiva israeliana a Rafa: “Bisogna trovare altre strade per risolvere il problema di Gaza, il problema della Palestina. La Santa Sede l’ha detto fin dall’inizio: da una parte, una condanna netta e senza riserve di quanto avvenuto il 7 ottobre, e qui lo ribadisco; una condanna netta e senza riserve di ogni tipo di antisemitismo, e qui lo ribadisco, ma nello stesso tempo anche una richiesta perché il diritto alla difesa di Israele, che è stato invocato per giustificare questa operazione, sia proporzionato. E certamente con 30 mila morti non lo è”.
“Bisogna avere il coraggio di andare avanti e non perdere la speranza”, ha concluso Parolin interpellato in merito ad una soluzione alla guerra: “Diceva Sant’Agostino che la speranza poggia sullo sdegno e sul coraggio. Credo che tutti siamo sdegnati per quanto sta succedendo, per questa carneficina, ma dobbiamo avere il coraggio di andare avanti e di non perdere la speranza perché, se perdiamo la speranza, incrociamo le braccia. Invece bisogna lottare fino in fondo e cercare di dare fin dove possibile il nostro apporto, il nostro contributo”.