Vita Chiesa

Islam: non dimentichiamo la reciprocità

DI DON FRANCESCO SENSINIQuali reazioni provocherebbe la notizia che il papa, Benedetto XVI, vuole convocare tutti i sindaci e i prefetti delle più grandi città italiane per parlare della difesa della vita e della pace?

Lascio alla vostra immaginazione e fantasia le meno educate e civili. «Ingerenza» sarebbe la parola più urlata. Lo stato italiano non coincide con la Chiesa, la legge non coincide con la religione. Segno di questa «separazione» è la legge che consente l’aborto. Una legge in evidente contrasto con un valore religioso fondante la Chiesa. Abortire per lo stato è una realtà legittima (non certo obbligatoria). Per la chiesa è sempre un grave peccato. Vi immaginate un parlamento che fonda le proprie leggi basandosi sulla Bibbia? Ecco, nell’Islam avviene proprio questo: non c’è separazione tra stato e «chiesa», tra legge e religione, la legge è il Corano.

In Italia la legge punisce un uomo che abbia due mogli. Nei paesi islamici la legge consente di averne di più. La presenza di islamici in Italia non crea alcun conflitto con la legge. Ma nella ipotesi di una maggioranza islamica in Italia la legge cambierebbe. La presenza degli islamici in Italia non è una presenza solo religiosa ma culturale, civile e politica.

Per questo, il 25 settembre scorso, il papa ha convocato gli ambasciatori dei paesi islamici. Uomini, apparentemente, politici. Così ha commentato il fatto Massimo Introvigne: «Questo evento ha ricordato la strettissima unità nell’Islam tra politica e religione. Volendo dialogare con i protestanti, il papa avrebbe invitato dei vescovi e dei pastori, non gli ambasciatori della Danimarca o della Gran Bretagna. Invece per parlare con l’Islam ha convocato gli ambasciatori dei paesi a maggioranza islamica, ricordando agli ingenui con una pedagogia visiva che le vere guide delle comunità islamiche sono i governanti, non i predicatori o i docenti universitari. È vero, c’erano anche i rappresentanti della Consulta per l’Islam italiano, ma anche la posizione di questi ultimi è politica, perché sono stati scelti dal governo italiano e non dai musulmani italiani».

Nel suo discorso, poi, è risuonata una parola di Giovanni Paolo II, che spesso, sotto una falsa patina di tolleranza, viene rimossa: reciprocità. «Il rispetto e il dialogo richiedono la reciprocità in tutti i campi, soprattutto per quanto concerne le libertà fondamentali e più particolarmente la libertà religiosa» (ai giovani in Marocco 1985). Sento già la prima applicazione di questo principio: noi cattolici costruiremo nel nostro paese una moschea quando voi islamici costruirete, nel vostro paese, una chiesa.

Detto così vi sembra un ricatto? Trovate voi le parole e le applicazioni più giuste ma che non tradiscano o indeboliscano questo principio indispensabile per il dialogo: reciprocità.

Il Papa all’Islam: indispensabile il dialogo