Opinioni & Commenti

Islam, le condizioni per una convivenza serena

di Alberto MigoneIl via ai lavori del Centro islamico di Colle Val d’Elsa e la proposta di costruire a Firenze una moschea hanno aperto un vivace dibattito fra le forze politiche che ha coinvolto, come del resto è giusto, l’opinione pubblica, schierata su posizioni contrapposte.

Il momento, bisogna riconoscerlo, non è favorevole: il terrorismo di matrice islamica, che mostra sempre più il suo volto orribile, spingerebbe a un totale rifiuto per tutto ciò che può assomigliare ad una accondiscendenza al «nemico». Eppure, quando i tempi sono difficili e le sfide per tanti aspetti epocali, i «sì» entusiasti e i «no» preconcetti non servono. Serve invece un supplemento di lucidità, quell’atteggiamento interiore che vuol prima di tutto capire per individuare la via migliore, la strategia vincente, per realizzare, per quanto è oggi possibile, quell’integrazione che una società multietnica – e quindi multiculturale – postula, che sia rispettosa della diversità e ferma nell’esigere il rispetto dei fondamenti che caratterizzano la nostra civiltà.

Il problema della costruzione di una moschea si iscrive quindi in un disegno più ampio che presuppone, tra l’altro, di aver chiara l’idea che cos’è e cosa rappresenta per un musulmano. «Essa è il luogo dove la comunità si raduna per esaminare tutto ciò che la riguarda: questioni sociali, culturali, politiche come anche per pregare. Voler limitare la moschea a un luogo di preghiera è fare violenza alla tradizione musulmana». È quindi una realtà polivalente: occasione di incontro e come tale positivo, se permette di farsi conoscere, di avere scambi con la realtà – linguistica, culturale, religiosa – del paese che ospita, condizioni queste necessarie per una convivenza serena. Può però anche trasformarsi in un luogo chiuso, volto solo a mantenere e proteggere un’identità che non vuole contaminarsi. Questa ambivalenza, meglio, questa complessità, postula la fatica del discernere e del valutare che è richiesta soprattutto a chi ha responsabilità pubbliche.

In futuro le nostre città saranno segnate da minareti, che con la loro presenza diranno, magari orgogliosamente: «Ora ci siamo noi?» Niente di male, se i nostri tanti campanili sapranno rispondere senza iattanza: «Noi ci siamo da sempre, aperti e disponibili, come del resto è avvenuto più volte nella nostra storia, all’incontro e all’accoglienza». Questo presuppone però un’identità forte, un’appartenenza sentita, il gusto del confronto che arricchisce. Ma è qui che siamo deboli e la debolezza genera sempre chiusura o spirito di resa, atteggiamenti che non costruiscono mai.

Firenze, una moschea «aperta» per favorire l’integrazione

CARDINI: È una splendida idea e ci renderà più sicuri

BLASI: Sì, ma nel rispetto delle nostre leggi

Colle, tra un anno la prima moschea toscana

Moschea a Firenze. Sei favorevole o contrario? Vai al sondaggio