Italia
Islam in Italia, mons. Battaglia (Cei): «Costruzione di un umanesimo nuovo»
Nel delineare i tratti dell’Islam italiano e anche i nodi ancora da sciogliere, mons. Battaglia fa subito notare come il nostro Paese «presenta un islam plurale con una grande varietà di provenienze. Questo crea una certa difficoltà nell’individuare interlocutori realmente rappresentativi per il dialogo anche con le istituzioni che necessariamente si ritrova frammentario». A differenza poi dell’islam europeo «certamente più radicato e composto da persone di religione islamica inserite e con piena cittadinanza, in Italia è presente un’immigrazione islamica abbastanza recente e questo fa sì che l’islam italiano è caratterizzato da un’immigrazione povera, anche a livello dei responsabili religiosi e degli immam». Molte solo le questioni aperte che attendono una soluzione: tra queste, dice mons. Battaglia, c’è «il tema della cittadinanza» che ancora non è stato riconosciuto.
«I giovani musulmani che vivono nel nostro Paese sono in mezzo al guado, non ancora italiani e non più interamente di origine islamica come i loro genitori perché nati e cresciuti qui». Ed aggiunge: «Anche in Italia si va consolidando una presenza islamica e si va strutturando anche con la creazione di centri. E qui si apre un altro nodo italiano che è la mancanza di riconoscimento di queste realtà: i centri islamici hanno trovato la forma più semplice per avere un minimo di riconoscimento che è quello di farsi riconoscere come associazioni culturali ma non ancora come centri di culto». Al fondo di queste questioni c’è ancora «l’impatto» che l’11 settembre 2001 ha avuto su questi temi, formando un’opinione pubblica «contraria a questi riconoscimenti ed un malinteso senso della protezione dell’identità culturale nazionale».
Mons. Battaglia fa notare come «in nome di un pensiero laicizzato e secolarizzato del mondo», spesso «si respinge una visione spirituale della vita così come quella esplicitamente portata avanti non solo dall’islam ma da tutte le religioni». Sta qui il contributo che le religioni possono dare anche all’Italia: «C’è in gioco l’umanismo del terzo millennio dove la sfida è che tutti insieme troviamo una visione alta, che contempli per esempio il rispetto della vita non solo dal suo concepimento alla morte naturale ma anche in tutte le sue fasi, dalla fragilità della malattia alla disabilità alla vecchiaia. Un umanismo a cui le religioni possono dare il loro contributo».