Lettere in redazione
Irlanda, le polemiche sugli istituti religiosi
In questi giorni, i media hanno dato grande risalto al caso di una fossa comune, contenente i resti di corpi di bambini, scoperta nei pressi di una ex casa di accoglienza, gestita da un gruppo di Suore in Irlanda. Dai certificati di morte emessi dalla Religiose risulterebbe che i bambini sarebbero morti per epidemie, causate anche da malnutrizione. Come figlio di padre irlandese ho sentito spesso parlare della povertà largamente diffusa nell’Irlanda del secolo scorso. C’era poco da mangiare per tutti e molte famiglie erano costrette ad immigrare negli Usa. Questo era anche una conseguenza della dominazione inglese.
Com’era da aspettarsi, a qualcuno piace, assai furbescamente, suggerire che, responsabili di tante morti, fossero le solite Suore. Invece delle oggettive e terribili condizioni di indigenza in cui versava particolarmente l’Irlanda in quel periodo. Nei mesi scorsi sono stati evidenziati i metodi educativi piuttosto rigidi riscontrati in altre strutture cattoliche di quel paese, ma non va dimenticato che anche nella vicina Inghilterra protestante, le punizioni corporali sono state abolite dalla scuola pubblica solo da qualche decennio.
Ha fatto molto scalpore in Irlanda il ritrovamento di una fossa comune con i resti di circa 800 bambini presso una casa gestita dalle suore del Bon Secours a Tuam, in Irlanda, dove sono state accolte tra il 1925 e il 1961 le madri non sposate e i loro figli considerati illegittimi. Sono notizie che sicuramente danno fiato a chi vuol dipingere la Chiesa irlandese come responsabile di tutte le nefandezze possibili e immaginabili, dagli abusi sessuali su minori a maltrattamenti e violenze negli orfanotrofi. Ed ha ragione il nostro lettore nel mettere in guardia da facili giudizi antistorici stilati con il metro di oggi.
Ma non dobbiamo correre neanche il rischio opposto, quello di relativizzare tutto. «Sono scioccato, inorridito e rattristato nell’apprendere quanti bambini sono deceduti e questo indica un periodo di grande sofferenza e di dolore per i più piccoli e le loro madri», ha giustamente dichiarato mons. Michael Neary, arcivescovo di Tuam. E l’intera conferenza episcopale irlandese ha accolto «con favore» l’annuncio del governo d’istituire una Commissione d’inchiesta sulle case di accoglienza per ragazze madri.
«Il racconto straziante che continua a emergere sulla vita e sulla morte di madri e bambini nelle case – affermano i vescovi – ha sconvolto il popolo d’Irlanda. È inquietante che i residenti di queste case abbiano sofferto sproporzionatamente alti livelli di mortalità e malnutrizione, malattie e miseria». Per questo i vescovi hanno deciso di rivolgere una dichiarazione scritta alla popolazione in cui esprimono pubblicamente un vero e proprio «mea culpa»: «Purtroppo – vi si legge – ci viene ricordato di un tempo in cui le madri non sposate erano spesso giudicate, stigmatizzate e rifiutate dalla società, compresa la Chiesa. Questa cultura d’isolamento e ostracismo sociale era dura e spietata mentre il Vangelo ci chiama a trattare tutti, in particolare i bambini e le persone più vulnerabili, con dignità, amore, compassione e misericordia. Dobbiamo garantire che tutti i bambini e le loro madri si sentano sempre voluti, accolti e amati». Per facilitare l’inchiesta del governo, i vescovi hanno invitato «tutti coloro che hanno avuto responsabilità nella costituzione, esecuzione o vigilanza nelle case o agenzie di adozione di presentare ogni documento o informazione che possa essere di aiuto». Da parte loro assicurano che continueranno a «lavorare a livello locale per garantire che i siti di sepoltura siano opportunamente contrassegnati in modo che il defunto e le loro famiglie siano riconosciute con dignità e mai essere dimenticati».
Claudio Turrini