Cultura & Società

Iris Origo, la benefattrice della Val d’Orcia

DI LORELLA PELLISTante iniziative (mostre, incontri, presentazioni di libri) per ricordare il centenario della nascita (1902-1988) di una signora di grande sensibilità e duttilità, scrittrice, storica, organizzatrice di imprese educative e sociali, senza dubbio una delle figure tra le più interessanti nel panorama della cultura italiana ed europea del ‘900. E proprio dedicato interamente a Iris Origo è stato il convegno che il 22 novembre, a Chianciano Terme, ha chiuso i festeggiamenti e le celebrazioni. Nella giornata di studio sono stati analizzati diversi filoni collegati alla Origo: la biografia, analizzata nella molteplicità delle sue prospettive nel suo legame profondo con la terra e le persone della Toscana; l’attività creativa il cui apice è stato raggiunto con le memorie narrate in Guerra in Val d’Orcia nel 1968; la produzione biografica, che ha dato vita ad una serie di saggi; le interpretazioni di letteratura e poesia.

Ma chi era Iris Origo? Iris Cutting, figlia unica, divise la sua infanzia nella casa dei nonni americani a New York e nella residenza estiva di Westbrook, e in quella dei nonni anglo-irlandesi in Gran Bretagna, e trascorse la sua giovinezza nella villa materna a Fiesole, che fu acquistata dalla madre dopo la morte del marito – il padre di Iris morì di tubercolosi nel 1910. Brillante scrittrice e studiosa di storia italiana – in particolare quella medievale – durante tutto l’arco della sua vita pubblicò numerosi libri. Si sposò nel 1924 con un italiano, il marchese Antonio Origo, uomo appassionato della vita dei campi al punto tale da intraprendere coraggiose imprese agricole per riscattare quelle terre povere e incolte abitate da contadini miserabili. Conobbe Antonio quando aveva diciotto anni. «Fu in un tempestoso pomeriggio d’ottobre del 1923, quarantasette anni fa – scriveva Iris nell’autobiografia Immagini e Ombre, nel 1970 – che vedemmo per la prima volta la Val d’Orcia e quella che sarebbe diventata la nostra casa. […]. Sapevamo bene che cosa andavamo cercando: un luogo che esigesse abbastanza lavoro da riempirci la vita, ma anche, speravamo, un luogo di una certa bellezza».

Una volta stabilitisi in Val d’Orcia, gli Origo iniziarono a riportare quelle terre, appena acquistate, a nuova vita. In quindici anni di duro lavoro costruirono cinquanta fattorie, ognuna di 40 ettari, tutte raggruppate intorno alla fattoria centrale, in cui vivevano Iris e Antonio e dove venivano prese le decisioni sui tipi di raccolto e sulle tecniche di coltivazione per quelle terre così ostiche.

Con l’arrivo della seconda guerra mondiale molte cose cambiarono. Per gli Origo iniziò un periodo intenso. Nel gennaio del ’43, in seguito all’evacuazione di diversi bambini da alcune città italiane, come Genova e Torino, per sottrarli ai bombardamenti, gli Origo ne accolsero più di venti nella loro casa a La Foce. Alcuni di loro erano orfani; altri erano stati mandati dai genitori in quella Val d’Orcia che evidentemente era sembrato loro un luogo sicuro. Uno degli edifici della scuola fu trasformato per ospitarli. «Abbiamo potuto restituire ai loro genitori, sani e salvi, tutti i bambini sfollati che ci sono stati affidati», scriveva Iris in Guerra in Val d’Orcia. Diario 1943-1944 (Editrice Le Balze, Montepulciano – Siena). «Una di loro è tornata qui brevemente come maestra: parecchi altri ci mandano ancora loro notizie e fotografie dei loro figli. In seguito i loro posti nella “Casa dei Bambini” sono stati occupati da tanti altri bambini, bisognosi anch’essi, per ragioni diverse, di un tetto o di un aiuto, e che giocano ora con i miei nipotini, come i primi giocavano con Benedetta e Donata», le due figlie degli Origo. All’inizio di giugno del ’44 le truppe tedesche furono cacciate da Roma. Durante la loro ritirata verso Nord giunsero anche in Val d’Orcia e per alcuni giorni infuriò una battaglia in prima linea. Durante la ritirata le truppe naziste distrussero i raccolti e rasero al suolo diversi edifici. In uno dei paesi vicini a La Foce, tutti gli uomini che trovarono lungo il loro percorso furono passati per le armi come rappresaglia e deterrente; in un altro furono bruciate tutte le case. Era il 22 giugno quando le truppe tedesche fecero irruzione nelle cantine de La Foce, dove erano rifugiati tutti i bambini e la famiglia Origo. Vennero cacciati tutti fuori e nella confusione generale decisero di incamminarsi verso un posto più sicuro: Montepulciano dagli amici Lulli e Margherita Bracci.

Pochi giorni dopo il fascismo scomparve nel nulla ma, per coloro che abitavano in quella vallata le cose non sarebbero mai più state le stesse. L’intera economia della zona era destinata a cambiare sicuramente in meglio. I contadini erano stanchi del vecchio sistema della mezzadria. Quando molti braccianti iniziarono a trasferirsi dalla campagna ai paesi, o alle città, l’agricoltura dovette trasformarsi e meccanizzarsi. «Ma il lavoro fatto da Iris e Antonio Origo, negli anni Venti e Trenta – come scrive Patrizia Mari in La forza tranquilla. Racconti e immagini di Chianciano Terme attraverso le sue donne, Editrice Le Balze – non sarà mai più dimenticato, come non sarà mai dimenticato il loro amore infinito per questi luoghi e queste genti che l’anno amata per quello che era: la Marchesa Origo.* * *Iris Origo ha scritto «Bernardino da Siena e il suo tempo», «Guerra in Val d’Orcia», «Leopardi», «Il mercante di Prato» (una biografia di Marco Datini che è anche un affresco della società mercantile tra Trecento e Quattrocento), «Bisogno di testimoniare» (comprendente i ritratti di Gaetano Salvemini e Ignazio Silone), «Allegra» (biografia della figlia di Byron), l’autobiografia «Immagini e ombre» e «Un’amica» (l’unico libro scritto direttamente in italiano).