Sta crescendo il numero degli iracheni che vogliono un Paese gestito dalla ragione e dalla legge piuttosto che dalla confessione e dall’etnia. C’è desiderio di uno Stato di diritto, e questo mi sembra un fatto molto positivo. In attesa di conoscere i risultati definitivi, che con molta probabilità saranno resi noti il 26 marzo, mons. Jean Benjamin Sleiman, arcivescovo di Baghdad dei latini, commenta così al Sir il voto del 7 marzo in Iraq. Lo spoglio dei voti, giunto al 95% del totale, vede, al momento, un testa a testa fra il premier uscente Nuri al Maliki e Yyad Allawi, con un leggero vantaggio del primo. Gli appelli alla laicità in vista del voto spiega il presule – sono stati recepiti anche in virtù del fatto che un certo tipo di legame tra religione e politica non ha dato frutti a livello sociale, economico e culturale. La novità del voto risiede anche nella varietà delle liste presentate. Una varietà che però, secondo mons. Sleiman, ha favorito anche la frammentazione politica dei cristiani che si sarebbe potuta evitare. Qualunque sia il risultato definitivo sancito dalle urne, aggiunge l’arcivescovo latino, il nuovo Parlamento ed il nuovo Governo dovranno fermare la strage dei cristiani, in atto specialmente a Mosul, trovando mandanti ed esecutori di questi crimini. Lo Stato deve intervenire, se non è capace, chieda ad altri di farlo. E’ inaccettabile che persone vengano uccise in questo modo. Ad auspicare un Governo laico è anche l’arcivescovo caldeo di Mosul, mons. Emil Shimoun Nona, che a margine di un’intervista al Sir sulle prossime celebrazioni di Pasqua, ha invitato le autorità della città a fornire notizie sui motivi di tanta violenza nei nostri confronti, sulle indagini sui crimini commessi contro la nostra comunità che sta perdendo fiducia verso lo Stato.Sir