Toscana

IRAQ: PROTESTE, IL 25 FEBBRAIO L’ONDA BLU IN PIAZZA TAHRIR A BAGHDAD

Dopo Tunisia, Egitto, Yemen, Libia, Iran e Bahrein la protesta sbarca anche in Iraq dove sin dallo scorso 16 dicembre, come riferisce il sito Baghdahope, “l’intellettuale iracheno Ahmad Latif ha lanciato su una pagina Facebook il manifesto con cui ha invitato tutti gli iracheni, di ogni etnia ed appartenenza religiosa, a mobilitarsi scendendo nelle piazze indossando qualcosa di blu per una “rivoluzione della speranza e della libertà” contro la “corruzione e la classe politica, l’occupazione e gli occupanti”. Una rivoluzione “non politica” ma “puramente irachena e popolare” che miri alla liberazione di tutto il paese attraverso “l’opposizione al regime” e che è, nelle parole di Latif “non sostenuta da alcuna istituzione né finanziata da attori interni o esterni” perché, come è sottolineato, chi la sostiene “rifiuta i tentativi della classe politica e dei Paesi alleati e non, vicini e lontani, arabi e non arabi di interferire negli affari interni iracheni” e “la rielezione dei politici corrotti senza alcuna eccezione, dal consiglio dei ministri a quello presidenziale, dai partiti al governo a quelli dell’opposizione” perché li considera tutti, in quanto singoli o gruppi “illegali”. Quello della Rivoluzione Blu non è però il solo movimento in Iraq che sta spingendo i cittadini a far sentire la propria voce.Secondo Baghdadhope ad esso, sempre sui social network, si sono uniti gruppi che marciano con slogan del tipo “No al silenzio” “Baghdad non sarà Kandahar” “Piattaforma per la libertà”. Alla base la presa di coscienza del peggioramento della situazione nel Paese. Quasi completamente ignorato dai media, il movimento di protesta in Iraq mira a crescere ed a dimostrare la sua forza il 25 di febbraio quando i partecipanti si troveranno in Piazza Tahrir, lo stesso nome della piazza delle proteste del Cairo, per esprimere il proprio malcontento per una situazione che a quasi 8 anni dalla guerra del 2003 è ancora terribile. Vale la pena ricordare che in molte zone dell’Iraq i cittadini devono convivere giornalmente non solo con il pericolo di attentati e violenze ma anche con la mancanza, in alcuni casi totale, di servizi basilari come acqua, elettricità, sistema fognario, scuole, ospedali e le già povere razioni di cibo garantite dallo stato che comprendono per ogni cittadino che ne abbia diritto il controvalore di dodici dollari in beni quali olio, riso, farina e zucchero, a fronte degli undicimila dollari che mensilmente guadagna un parlamentare. Altri punti della protesta sono la mancanza di opportunità lavorative specialmente per i giovani che per questo ambiscono ad emigrare, la diffusa corruzione del governo, le prigioni segrete denunciate dalle organizzazioni umanitarie. Come già avvenuto in Tunisia ed Egitto la protesta popolare ha spinto il governo iracheno a promettere qualche concessione. Così Ali al-Dabbagh, il portavoce del governo, ha dichiarato che il previsto acquisto di 18 caccia F-16 americani sarà posposto a favore di un incremento di spesa per l’acquisto delle razioni di cibo, il ministero dell’elettricità ha disposto l’elargizione gratuita dei primi mille kilowattora di elettricità erogata ed il primo ministro, Nuri al Maliki, ha proposto di tagliare della metà lo stipendio dei parlamentari ed il suo che annualmente ammonta a trecentocinquantamila dollari, di non ricandidarsi più per la carica e di provare a cambiare la costituzione perché essa non ecceda i due mandati. Promesse che non sono bastate a calmare gli animi dei cittadini esasperati. Mancano solo pochi giorni al 25 febbraio e, se la repressione aumenterà, a Piazza Tahrir a Baghdad la protesta potrebbe davvero diventare collera.