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IRAQ, KOFI ANNAN LANCIA ALLARME UMANITARIO
Il segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan ha denunciato mercoledì sera il «terrificante impatto delle armi moderne» sui civili iracheni. Con queste parole Annan ha aperto il primo incontro del Consiglio di Sicurezza dell’Onu da quando ha preso il via l’attacco delle forze armate angloamericane in Iraq. «Ci si può chiedere se questa guerra sia legittima, ci si può chiedere perché l’Iraq non abbia collaborato come chiesto dalle risoluzioni Onu. Ma la guerra adesso c’è e noi vogliamo che finisca al più presto», ha detto Annan. «Vogliamo tutti vedere questa guerra finire il prima possibile – ha aggiunto – piangiamo i morti, ma non possiamo non essere preoccupati per i vivi, in particolare i bambini».
Annan ha poi chiesto al Consiglio di raggiungere un accordo sulla risoluzione che potrebbe rimettere in moto il programma umanitario «petrolio in cambio di cibo». I membri del Consiglio non sono ancora riusciti a far ripartire il piano, bloccato da Annan alla vigilia del conflitto, che ha garantito finora la sopravvivenza del 60 per cento della popolazione irachena. Un nuovo documento è stato presentato recentemente da americani e inglesi dopo aver apportato alcune modifiche a quello precedente. Francia, Russia, Cina e Siria (i quattro Paesi che siedono nel Consiglio e che fino all’ultimo si sono opposti all’uso della forza contro il regime di Saddam Hussein) hanno bloccato il varo delle modifiche perché potrebbero essere interpretate come un’implicita benedizione ad un cambio di regime a Baghdad.
Prima di cedere la parola il segretario dell’Onu ha rivolto un appello al rispetto della sovranità dell’Iraq e della sua integrità territoriale, e, in seconda battuta, al diritto del popolo iracheno di autodeterminare il suo governo. «Il secondo principio deriva dal primo e penso che su questo ci sia un’intesa generale», ha detto Annan al Consiglio di Sicurezza. La riunione dei quindici membri dell’organo dell’Onu, aggiornata ad oggi, potrebbe durare a lungo dal momento che secondo un programma preliminare diffuso sono ben 63 gli iscritti a parlare nel corso del dibattito pubblico richiesto dai Paesi del gruppo arabo e da quelli del Movimento non allineati.