Toscana

IRAQ, IN ATTESA DELLA SOVRANITÀ TRA ATTENTATI E ESPORTAZIONI DI PETROLIO BLOCCATE

A due settimane esatte dall’atteso trasferimento di sovranità dalla Coalizione guidata dagli Stati Uniti al governo di transizione di Baghdad, previsto il prossimo 30 giugno, la situazione in Iraq resta estremamente complessa e caratterizzata da continui attentati, mentre anche la produzione di petrolio è stata di nuovo sabotata dalla guerriglia. Gli ultimi fatti di sangue sono avvenuti poche ore fa: Ghazi al-Talabani, 70 anni, capo della sicurezza dei campi petroliferi nella città settentrionale di Kirkuk, è stato assassinato questa mattina davanti alla sua abitazione, situata a fianco della sede del governo regionale. Secondo alcune fonti sarebbe stato colpito mentre si accingeva a salire a bordo di un’auto; gravemente ferita anche una delle sue guardie del corpo. Talabani, un ex-dirigente della compagnia petrolifera del nord dell’Iraq, è un cugino di secondo grado del leader curdo Jalal Talabani. A Ramadi, città sul fiume Eufrate un centinaio di chilometri a ovest della capitale, l’esplosione di un’autobomba ha investito un convoglio scortato dalla polizia in cui viaggiavano molti stranieri; l’attentato ha provocato nove morti, di cui quattro sarebbero stranieri, e una decina di feriti. Da Najaf, intanto, arrivano notizie contraddittorie sulla possibile (e più volte annunciata) tregua definitiva da parte delle milizie sciite fedeli a Moqtada al-Sadr, il leader radicale da tempo impegnato in un’azione di guerriglia contro le forze di occupazione. Stando a notizie di agenzia internazionale, pare che al-Sadr abbia emesso un comunicato in cui ordina ai suoi uomini che non sono di Najaf di “tornare a casa a svolgere il proprio lavoro”. Non è chiaro se questo segnale possa essere considerato come la fine dell’insurrezione che in due mesi ha provocato decine di vittime nella città sacra per gli scontri tra miliziani e truppe occidentali.

Intanto da Bassora, nel sud dell’Iraq, giunge stamani la conferma che la produzione di greggio è ancora sospesa, dopo il blocco dell’esportazione provocato ieri da un’azione di sabotaggio contro gli oleodotti che alimentano i terminal da cui viene esportato il petrolio iracheno. All’inizio di maggio, la rete petrolifera venne danneggiata, provocando la sospensione della produzione di circa un milione di barili al giorno destinata all’esportazione per due settimane, il tempo necessario a riparare le condutture. I Paesi produttori di petrolio dell’Opec hanno già fatto sapere di essere pronti a garantire con la propria produzione il calo di greggio proveniente dall’Iraq, anche se dai primi sopralluoghi i danni provocati questa volta sembrerebbero molto più gravi rispetto ai sabotaggi del mese scorso.

Sul fronte politico, in queste ore si è registrata la prima ‘rottura’ tra il nuovo governo di transizione e gli Stati Uniti: il presidente Usa George W. Bush, rispondendo alla richiesta del neopremier iracheno Iyad Allawi di consegnare l’ex-dittatore Saddam Hussein, custodito dagli americani dallo scorso 13 dicembre, ha gelato le aspettative: Bush ha detto che Saddam verrà consegnato agli iracheni soltanto quando saranno in grado di garantire la sua sicurezza. Secondo il ‘New York Times’ questo è solo uno dei molti punti sui quali Washington e Baghdad sono estremamente distanti, mentre si avvicina la scadenza del ‘passaggio di consegne’ di sovranità. Per giudicare l’ex-Raìs iracheno è stato creato un apposito tribunale guidato da Salem Chalabi, nipote di Ahmad Chalabi, leader del Congresso nazionale iracheno e considerato vicino agli americani; tra le incriminazioni contro Saddam e gli ex-gerarchi del suo regime vi sono crimini di guerra e genocidio.

Dal Pentagono si è intanto appreso che il generale George Casey, attuale vice-capo di Stato Maggiore dell’esercito americano, prenderà il posto del generale Ricardo Sanchez, finora comandante delle truppe statunitensi in Iraq. L’avvicendamento era già stato annunciato e sembra essere legato alle accuse formulate contro Sanchez – benché non ancora formalizzate – per le torture inflitte dai soldati Usa contro i prigionieri iracheni. Misna