Toscana

IRAQ, FINO A 15MILA I CIVILI UCCISI NELL’INVASIONE

Fino a 15 mila vittime dell’attacco anglo-americano all’Iraq. Questa è la cifra avanzata dallo studio di un istituto indipendente, il Project on defence alternatives del Commonwealth institute di Cambridge, Massachussets. Per questo, che viene definito dagli stessi autori come «il primo tentativo di fare una stima rigorosa delle vittime irachene del conflitto», sono state utilizzate diverse fonti: ospedaliere, statistiche militari ufficiali, informazioni della stampa, ma anche gli studi precedentemente elaborati dall’Iraq body count, che mantiene un conto aggiornato delle vittime, e la Campaign for innocent victims in conflicts, che è impegnata nella richiesta di risarcimenti per le vittime.

Come fa anche l’Iraq body count, lo studio dell’istituto americano fornisce delle stime minime e massime del totale delle vittime relative al periodo che va dal 19 marzo (inizio della guerra) al 20 aprile, quando le truppe Usa hanno consolidato il loro dispiegamento a Baghdad. Il totale dei morti si colloca tra 10.800 e 15.100, con un punto medio di 12.950. Il passo successivo è la distinzione tra vittime combattenti e non: i combattenti sono calcolati tra i 7.600 e 10.800 (media: 9.200), mentre i non-combattenti tra i 4.300 e i 3.200 (media: 3.750). Inoltre, se oltre 5.000, meno di un terzo, sono i caduti a Baghdad, il numero dei non-combattenti sale invece a molto più della metà (in media 2.174).

Nell’operazione Desert storm (1991) si stimano 20-26.000 morti, di cui 3.500 civili. Il numero delle vittime allora era stato molto maggiore, mentre ora, sia in termini assoluti che in proporzione, è più alto il numero dei non-combattenti uccisi. Questo dato sconfessa la tesi che le armi con guida ad alta precisione dovrebbero risparmiare i civili.

Secondo Carl Conetta, autore dello studio, in questa guerra il 68 per cento delle munizioni usate erano con guida ad alta precisione, mentre nel 1991 lo erano solo il 6,5 per cento di quelle usate. «Quello che vediamo è che non ci sono proiettili magici», sostiene Conetta. E aggiunge: «In questa guerra in particolare vediamo che il miglioramento delle capacità di attacco dal punto di vista della precisione sono state usate per colpire obiettivi più ambiziosi piuttosto che per ridurre il numero delle vittime civili».

Pesante e costantemente in crescita anche il bilancio deimilitari statunitensi uccisi: sono già 117 i soldati uccisi in azioni ostili dopo il 1° maggio, la data fissata da Bush per la «fine» della guerra, mentre durante l’invasione erano stati 115. Un bilancio pesante – ai 232 uccisi in combattimento bisogna aggiungere i 125 militari morti in incidenti (102 dopo il 1° maggio).