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Iraq, Costituzione senza i sunniti

DI DANIELE ROCCHINonostante l’opposizione sunnita, lo scorso 28 agosto i delegati sciiti e curdi hanno presentato all’assemblea nazionale irachena la versione definitiva della bozza della nuova costituzione che dovrà essere approvata dalla popolazione con un referendum entro il 15 ottobre. Il Governo, guidato da Jalal Talabani, ha lanciato una campagna informativa con la stampa del testo da diffondere a 5 milioni di famiglie. Il voto referendario sarà a maggioranza semplice, ma se in 3 delle 18 province il “no” superasse i due terzi dei voti la Carta sarebbe bocciata. Questo costringerebbe gli iracheni a tornare alle urne, entro il 15 dicembre, per eleggere i deputati di una nuova assemblea nazionale transitoria. Ne abbiamo parlato con mons. SHLEMON WARDUNI, vescovo caldeo ausiliare di Baghdad.

UNA MODERATA SODDISFAZIONE. “La perfezione è di Dio e solo di Dio”. Con queste parole il vescovo ausiliare di Baghdad, il caldeo SHLEMON WARDUNI, commenta la firma della Costituzione irachena, avvenuta il 28 agosto, nell’Assemblea nazionale. “Come cristiani ci aspettavamo un po’ di più per quello che riguarda la libertà religiosa (la costituzione prevede che la sharia, la legge coranica, sia una fonte principale di diritto, ndr) – dichiara mons. Warduni – confidiamo, perciò, nelle leggi che verranno emanate in seguito, per garantire a tutti gli stessi diritti. Siamo abbastanza tranquilli. L’approvazione è una cosa positiva, resta da verificare la sharia come fonte di diritto. Devono essere garantiti tutti quei diritti tipici dei Paesi democratici”.

Riguardo ai sunniti, che non l’hanno accettata, il vescovo auspica che “la Carta sia espressione di tutto il popolo” e quindi “per il bene dell’Iraq, un riavvicinamento sunnita”. Inoltre, secondo mons. Warduni, la struttura federale del nuovo sistema politico del Paese “non creerà zone ricche e zone povere, se al centro verrà posta la giustizia e il diritto. In tal caso tutti gli abitanti dell’Iraq avranno ciò di cui hanno bisogno. Con il petrolio iracheno può vivere bene tutto il Medio Oriente”.

Ma la ricchezza irachena non è solo il petrolio, ricorda il presule: “Chiediamo che le ricchezze del Paese siano equamente distribuite. La nostra terra è fertile e ricca di minerali. Basterebbe far fruttificare i datteri delle palme per poter vivere”. Purtroppo fino ad oggi “abbiamo avuto solo guerre e armi, e il popolo adesso è povero e stanco”. “Speriamo – conclude – che questa Carta possa servire a vivere un’esperienza democratica non solo al nostro Paese ma anche ad altri che sono in condizioni peggiori dell’Iraq”.

LA CARTA IN PILLOLE. L’istituzione di uno Stato federale i cui meccanismi di funzionamento vengono rinviati alla futura assemblea; la sharia (legge coranica) come una delle fonti principali di diritto; la ripartizione delle risorse petrolifere; l’obbligo di una laurea per il primo ministro. Sono alcuni dei punti fissati dalla Carta costituzionale irachena che al capitolo primo stabilisce che “il sistema politico è repubblicano, parlamentare e federale” (art. 2) nel quale l’Islam “è una fonte principale di diritto” pertanto “nessuna legge può essere contraria agli standard dell’Islam e nessuna legge può essere contraria agli standard democratici”. La Carta vieta, poi, “qualsiasi organizzazione che adotti una ideologia razzista, terroristica, estremista e settaria o che diffonda o giustifichi simili ideologie”, con particolare riferimento al Baath Saddamita e ai suoi simboli.

Nel testo il Governo si impegna “a lottare contro il terrorismo in tutte le sue forme e si adopera per proteggere il territorio iracheno dall’eventualità che diventi un centro anche di transito di attività terroristiche”. La Carta vieta, poi, la tortura fisica o psicologica e sancisce che “nessuno può essere detenuto o interrogato senza un mandato della magistratura”. Agli art. 36, 37 e 39 del capitolo secondo, lo Stato garantisce “la libertà di espressione con tutti i mezzi, la libertà di stampa, di pubblicità e di pubblicazione, la libertà di fondare organizzazioni e gruppi politici” e la libertà, per gli iracheni, di “di vivere secondo la religione, la setta, il credo di loro scelta. Questo dovrebbe però essere organizzato per legge”. Per quanto riguarda le risorse il testo è chiaro: “Il petrolio e il gas sono di proprietà di tutto il popolo iracheno nelle varie regioni e province” (capitolo 4, art. 109), mentre al capitolo sesto, art. 151, è prevista “una proporzione di non meno del 25 per cento dei seggi del Consiglio dei Rappresentanti (parlamento) riservato alle donne”.