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IRAQ, BOMBE SU MERCATO, OLTRE 50 I MORTI. STANNO BENE I 7 GIORNALISTI ITALIANI

Il venerdì, giornata della preghiera per i musulmani – la loro domenica – è stata segnata da un altro bombardamento di un mercato popolare di Baghdad: tra i civili, secondo Al Jazira e altre emittenti televisive arabe, le vittime sono state più di cinquanta. Ma nelle ultime 24 ore, Baghdad avrebbe perso in totale almeno 70 cittadini. Impossibile il conto degli innumerevoli feriti. Tra le vittime, molte donne, bambini e anziani. ‘Al Jazira’ ha mostrato immagini di corpi dilaniati dai bombardamenti, rilanciate poi da altre tv arabe e ritrasmesse solo in piccola parte da emittenti occidentali.

Sono stati anche diffusi bilanci ufficiali sia sul versante iracheno che su quello anglo-americano, ma è difficile essere certi delle cifre comunicate, visto che possono anche rispondere – come altre informazioni in questi giorni – a logiche di “guerra psicologica”. In ogni caso, per gli iracheni, secondo il ministro dell’informazione Mohammed Said al Sahhaf, le vittime sarebbero in tutto 346 (senza distinzioni tra civili e militari) e i feriti quasi 1500; sull’altro versante, le vittime ufficialmente annunciate sono 28 (di cui 6 in incidenti), i prigionieri 7 e altri 17 dispersi.

Mentre queste righe vengono scritte e poi lette, quelle cifre, per quel che valgono, non possono che aumentare, considerata anche la durezza del conflitto in corso, uno scontro aspro e difficile, molto diverso dal blitz di 72 ore annunciato dagli Stati Uniti solo pochi giorni fa.

In serata di venerdì è giunta la notizia che un gruppo di 10 giornalisti italiani, presto ridotto a sette, era disperso. Simultaneamente si apprendeva che anche di tre giornalisti statunitensi non si aveva notizie da tre giorni. I sette italiani, appartenenti a testate quotidiane e televisive, erano partiti dal Kuwait al mattino ed erano diretti in Iraq, verso Bassora. Pare che i “dispersi” fossero stati fermati dalla polizia irachena e in tarda serata cominciavano a circolare voci tranquillizzanti su una possibile rapida conclusione positiva della loro avventura. Stamani si è appreso che i sette giornalisti italiani fermati dalla polizia irachena e condotti in albergo a Bassora sono stati trasferiti a Baghdad. Lo ha detto all’Ansa il segretario nazionale della Fnsi Paolo Serventi Longhi. I sette inviati (Franco Battistini del Corriere della Sera, Ezio Pasero del Messaggero, Vittorio dell’Uva del Mattino, Toni Fontana dell’Unità, Leonardo Maisano del Sole 24 Ore, Lorenzo Bianchi del gruppo Riffeser, Luciano Gulli del Giornale) sono sotto interrogatorio da parte di autorità irachene. Al Jazira riferisce che i giornalisti «sono stati trattati benissimo, hanno pranzato e cenato».

Metà della popolazione di Bassora – il cui effettivo “status” di città sconfitta o ancora resistente, dopo molte voci contraddittorie, non sembra ancora chiaro e definitivo – continua a soffrire la sete.

Continuano in tutto il mondo le manifestazioni contro la guerra. Al Cairo, nel quartiere a ridosso della moschea di Al Azhar, oltre 7mila persone hanno sfilato in corteo, esibendo immagini satiriche e caricature del presidente statunitense George W. Bush. La marcia, svoltasi di venerdì che è giorno di preghiera per i musulmani, si è conclusa senza particolari disordini. Maggiore tensione è stata avvertita nella capitale iraniana Teheran, dove alcuni dimostranti hanno lanciato sassi mandando in frantumi diverse finestre dell’ambasciata britannica. In Giordania centinaia di manifestanti hanno sfilato nella città di Maan innalzando grandi ritratti di Osama bin Laden, del presidente iracheno Saddam Hussein e di quello siriano Bashar el-Assad. A Washington, invece, sono stati arrestati tredici pacifisti che si erano stesi a terra e incatenati fra loro, bloccando il traffico vicino alla Casa Bianca. Manifestazioni per la pace anche in Asia. A Karachi, la più grande città del Pakistan, molti sono scesi in piazza ed hanno intonato canti anti-statunitense fuori dalle moschee, mentre a Pasuruan, in Indonesia, diecimila persone hanno chiesto il boicottaggio dei prodotti americani. (Fonte: Misna e Ansa)