Milioni di mine sono disseminate in tutto l’Iraq. Che siano un milione, cinque o otto è impossibile da definire con certezza a causa della poca conoscenza del territorio. Lo ha affermato ieri a Roma, in occasione di una riunione di specialisti, Stephen Goose, coordinatore della campagna internazionale per l’abolizione delle mine (International Campaign to Ban Landmines – Icbl) e direttore della Sezione armamenti’ dell’organizzazione statunitense Human Rights Watch (Hrw). L’allarme, lanciato a pochi giorni di distanza dalla morte di un operatore della televisione britannica Bbc dilaniato da una mina, mira a sensibilizzare governi e opinione pubblica sugli inevitabili rallentamenti che i piani di ricostruzione del Paese subiranno a causa dei micidiali ordigni. Ci vorranno almeno dieci anni solo per bonificare le aree ad alta priorità, quelle usate dagli iracheni per riprendere le principali attività economiche ha sottolineato Goose. L’esperto ha poi fatto un parallelo con altre zone geografiche infestate e ha detto che con molta probabilità la situazione potrebbe essere paragonata a quella della Cambogia, dove il territorio è ancora in parte inagibile a distanza di 20 anni dalla caduta del regime dei Khmer Rossi. Condanne all’uso di ordigni pericolosi sono arrivate poi da Fernando Termentini, generale in ausiliaria dell’Arma del Genio dell’Esercito Italiano, che ha duramente criticato l’uso in Iraq delle bombe a frammentazione (cluster bombs). Ordigni che una volta sganciati lasciano sul territorio dal 15 al 20 per cento di materiale inesploso e quindi estremamente pericoloso. Misna