Toscana

Ipab, il futuro è pubblico o nelle mani dei Comuni?

di Simone PitossiGli Innocenti e Montedomini a Firenze. E poi una serie di case di riposo, associazioni educative e di assistenza sociale in tutta la Toscana. La domanda è: chi gestirà il loro futuro? Rimarranno pubbliche, saranno «privatizzate», o finiranno del tutto in mano ai Comuni? Queste sono solo alcune delle domande che riguardano il futuro delle Ipab toscane, le Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza. Tutto è partito dal riordino previsto dalla legge nazionale 328 del 2000 che ha portato alla proposta di legge regionale n. 294 in corso di esame da parte del Consiglio regionale. Questa proposta di legge rischia di determinare una grande svolta nell’assetto giuridico delle 99 Ipab toscane al momento attive.

Che cosa prevede la legge regionale? Alcune Ipab si trasformerebbero in Aziende pubbliche di servizi alla persona (circa 30), mentre le altre sarebbe invece costrette a trasformarsi in persone giuridiche di diritto privato. Con quale criterio? Diventerebbero Asp le Ipab più grandi e associazioni di diritto privato quelle più piccole. Così si verrebbe a creare una disparità. Infatti solo la prima ipotesi consente l’affidamento diretto dei servizi alla persona da parte dei Comuni e delle Asl. Le altre dovrebbere mettersi sul «mercato», partecipando alle gare di appalto.

Su questa proposta di legge ci sono valutazioni e intendimenti opposti. Alcuni – in particolare il Consiglio delle autonomie locali che ha bocciato la proposta di legge regionale – vorrebbero che le Ipab divenissero «braccio operativo» dei Comuni. Altri vorrebbero invece un’autonomia istituzionale rappresentata dalla possibilità, per tutte, di trasformarsi in Aziende pubbliche di servizi alla persona. Altri ancora – in particolare alcune forze politiche quali l’Udc – vorrebbero che l’appartenenza ad un regime o all’altro fosse liberamente determinata dalle singole istituzioni e non vincolata a limiti (di valore di bilancio o del patrimonio) come prevede, invece, la proposta di legge presentata dalla Giunta regionale.

Insomma, questo cambio di rotta solleva molti dubbi. Il «sentimento» di appartenenza delle Ipab al regime pubblico, il loro radicamento nel territorio e il loro legame con la comunità locale ha nel tempo garantito la loro sopravvivenza. «È necessario un giusto equilibrio – spiega il presidente dell’associazione regionale delle Ipab Romano Lenzi – tra le prerogative della regione e dei comuni e l’autonomia delle nuove Aziende pubbliche di servizi alla persona. Se le Asp nasceranno gravate di controlli burocratici, prive di autonomia imprenditoriale, che le renda anche visibili per attrarre risorse con lasciti e donazioni, è prevedibile l’aumento dei costi che ricadranno inevitabilmente sulle famiglie o sui comuni». Costante è stata infatti la capacità di attrarre donazioni, testamenti e lasciti, che hanno costituito una risorsa per il finanziamento dei servizi sociali e che probabilmente verrebbero meno nel caso di privatizzazione.

«Esigenza fondamentale – spiega Marco Carraresi, capogruppo Udc in Consiglio regionale – è quella della tutela delle autonomie fondamentali che hanno consentito al sistema delle Ipab di crescere e svilupparsi nel tempo: l’autonomia statutaria, l’autonomia organizzativa e l’autonomia gestionale. Una condizione che può essere meglio garantita proprio mantenendo le ex Ipab in un regime di carattere pubblicistico». Secondo Angelo Passaleva, assessore regionale alle politiche sociali, «la nostra proposta riafferma con chiarezza la volontà di mantenere le finalità statutarie e la volontà dei soggetti fondatori di queste istituzioni, con piena libertà di scelta da parte delle Ipab sia pure sotto controllo degli enti locali». «Il nostro intento – conclude Passaleva – è quello di attualizzare, nel modo più rispettoso per tutti gli interessi in campo, pubblici e privati, le funzioni, le risorse e le competenze di organismi che vennero definiti a fine Ottocento con la legge Crispi».

La schedaChe cosa sonoLe Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza (Ipab) sono nate all’interno del mondo cristiano per aiutare i poveri ed i bisognosi. La legge Crispi del 1890 determinò il passaggio delle Ipab dalla Chiesa allo Stato. Nel 1990 una sentenza della Corte Costituzionale consentì alle Ipab di potersi «privatizzare». Molte seguirono questa strada. Oggi sono 150 in Toscana, ma solo 99 sono attive. Cosa prevede la riformaIl mondo delle Ipab viene investito dal «riordino» previsto dalla Legge nazionale 328/2000 che ha portato alla proposta di legge regionale n. 294 in corso di esame da parte del Consiglio regionale. Secondo questa proposta le più rilevanti Ipab (circa 30) dovrebbero essere trasformate in Aziende pubbliche di Servizi alla Persona (Asp), mentre le altre si trasformarebbero in associazioni di diritto privato. 99 ipab in toscanaAl 31/7/2002 – ultimo dato disponibile – risultavano effettivamente presenti nel territorio regionale, considerando le istituzioni censite e quelle inattive, 115 Ipab. Di queste però sono realmente attive 99.

Tra le Ipab toscane ve ne sono alcune – circa 30 – di rilevante importanza, disseminate in ogni provincia toscana. Tra queste: per la provincia di Firenze l’Istituto degli Innocenti (che ha addirittura rilevanza internazionale, come sede del Centro UNICEF per l’infanzia), l’ex Pia Casa di lavoro Montedomini, l’Opera Pia Vanni di Impruneta e la Casa di Riposo Martelli di Figline Valdarno; per la provincia di Arezzo la Casa di Riposo Fossombroni di Arezzo, la Casa di Riposo Masaccio di San Giovanni Valdarno, la Casa di Riposo di Montevarchi; per la provincia di Grosseto l’Istituto Falusi di Massa Marittima; per la provincia di Massa la Casa di Riposo Ascoli di Massa; per la provincia di Pisa la Casa di Riposo Dei–Campana di San Miniato e gli Istituti di Ricoveri di Volterra; per la provincia di Siena la Casa di Riposo Campansi.

60% in tre provinceLa maggior parte delle Ipab – quasi il 60% – hanno la loro sede in sole tre provincie toscane, in particolare Arezzo, Firenze e Siena; inoltre, in tutte le provincie, la maggior parte degli enti ha la propria sede nei comuni non capoluogo. Le 99 Ipab censite si distribuiscono in 64 comuni anche di piccole e piccolissime dimensioni. 40 cda ai comuniIn 28 Ipab il Comune nomina integralmente il Consiglio di amministrazione. In altri 48 enti nomina solo una parte di esso, 12 di questi registrano comunque una maggioranza di membri nominati dal Consiglio Comunale. Si può dunque dire che sono 40 le Ipab nelle quali si riscontra una maggioranza di consiglieri eletti dal Comune. La Chiesa cattolica esprime propri rappresentanti nei Consigli di 35 Ipab. La Chiesa risulta più presente nelle Ipab scolastico/educative, mentre viceversa il Comune è equamente presente in ogni tipologia di Enti. In alcuni casi, i consiglieri sono nominati da altri enti pubblici (Regione, Province, Provveditorato agli Studi, Università, Prefettura, Ministero del lavoro, Camera di Commercio, banche). 89% in alcuni settoriL’89% delle Ipab censite – in termini assoluti 80 – risultano attive in un qualche settore quale l’assistenza, la beneficenza, la cultura, il volontariato, l’educazione, la formazione e l’erogazione di contributi economici. 1265 dipendentiComplessivamente il personale dipendente ammonta a 1265 unità. Esso è composto in prevalenza da personale dell’area socio–assistenziale, con una forte presenza di addetti all’assistenza, mentre risultano avere pesi percentuali simili le figure dell’area sanitaria, dei servizi generali e dell’area amministrativa. Le figure professionali numericamente più presenti risultano gli addetti all’assistenza, gli addetti alla cucina/lavanderia/pulizie, il personale amministrativo, gli infermieri.

L’Istituto Innocenti

Montedomini – Firenze

Uno speciale sulle Ipab (con molta documentazione legislativa)Uno speciale sulle Ipab (con molta documentazione legislativa)